ZELENSKY, ‘APPREZZIAMO L’ITALIA, HA UN RUOLO MOLTO ATTIVO’

 (ANSA) – “L’Italia ha un ruolo molto attivo e penso che Giorgia Meloni e il suo team abbiano un ruolo fondamentale” Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, intervenendo in videocollegamento in apertura del Forum di Cernobbio. “Apprezziamo moltissimo che il popolo italiano supporti il nostro popolo”, ha aggiunto.

No di Meloni all’invio di truppe: “Ucraini addestrati in Italia”

“Mosca non può essere sede di colloqui”, sostiene la premier nel suo intervento. Dossier di Fazzolari su Putin: rivuole l’Urss

No di Meloni all’invio di truppe: “Ucraini addestrati in Italia”

(di Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – Al contrario di Friedrich Merz, che mette a verbale una seppur timida apertura al progetto franco-britannico di spedire truppe in Ucraina («ne discuteremo a tempo debito»), Giorgia Meloni, collegata da remoto come il cancelliere tedesco con gli altri leader a Parigi, ribadisce che no, l’Italia è «indisponibile» a mandare militari a Kiev a guerra finita. La premier è allineata con il primo ministro di Varsavia Donald Tusk (e con il presidente polacco, l’iper sovranista Karol Nawrocki, ricevuto ieri sera a Palazzo Chigi). Distante da Emmanuel Macron e Keir Starmer. Ma sceglie comunque di non sganciarsi dal blocco europeo. Dunque formalmente anche Roma farà parte dei 26 volenterosi che forniranno garanzie militari al paese di Volodymyr Zelensky dopo un cessate il fuoco. Ma il supporto al progetto anglo-francese sarà minimo. L’Italia è disponibile ad attivarsi tramite «iniziative di monitoraggio e formazione» dei soldati di Kiev, ma «al di fuori dei confini ucraini». L’attività di addestramento, spiegano fonti governative, avverrebbe peraltro in Italia, in prima battuta. In una seconda fase potrebbe spostarsi in altri paesi dell’alleanza atlantica, come Polonia o Romania. Nulla in Ucraina. Anche l’ipotesi dello sminamento pare tramontata: la stessa Meloni lo ha escluso, al termine del vertice di maggioranza dalla scorsa settimana, con Antonio Tajani e Matteo Salvini, il più ostile all’ipotesi di coinvolgere le truppe italiane nel progetto di Starmer e Macron.

Nella call dei volenterosi e poi nella telefonata con Donald Trump ristretta a un nucleo di leader europei, Meloni ha rilanciato il progetto italiano di un trattato sul modello dell’articolo 5 della Nato per scudare l’Ucraina. Raccogliendo l’adesione di Zelensky e del finlandese Alexander Stubb. Mentre Starmer, Macron e Merz nei rispettivi interventi non hanno accennato al tema. Per Meloni quel progetto, a cui non si è mostrato contrario Trump, non è tramontato, nonostante l’accelerazione di Francia e Parigi sul versante militare. Tanto che, filtra da fonti governative italiane, la prossima settimana si terrà un’altra call dei volenterosi, proprio per discutere dell’articolo 5. Non a livello di leader, ma di «Nsa», consiglieri per la sicurezza. Per l’Italia dunque ci sarà il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Fabrizio Saggio. Quanto all’accordo annunciato da Starmer sulla fornitura a Kiev di missili a lungo raggio, in grado quindi di colpire anche in Russia, la posizione italiana resta la stessa: no all’utilizzo di armi con scopi offensivi, oltre i confini ucraini.

Nella telefonata con Trump, come altri europei, Meloni ha escluso categoricamente Mosca come sede di un bilaterale con Zelensky. «Non può essere un’opzione». Lo stesso ripete il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: l’invito a Mosca di Putin «non mi pare un modo per avere un confronto diretto con Zelensky, gli incontri si fanno in zone neutrali, non credo che Zelensky debba andare in ginocchio da Putin. È giusto che ci si incontri in una città neutrale, Ginevra o in una città della Turchia».

Nelle stesse ore, l’ufficio studi di FdI, emanazione del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, ha diffuso tra i parlamentari della fiamma un dossier contro Putin. «Chi, con approccio superficiale, esalta Putin e la classe dirigente russa deve essere consapevole di appoggiare una leadership che rimpiange l’Urss, il comunismo e dittatori spietati come Stalin». Un passaggio che può sembrare anche un messaggio interno alla maggioranza, in cui è noto chi indossasse le felpe con effigi dell’autocrate di Mosca, anche dopo l’invasione della Crimea.