Prorogato. L’ex premier è scaduto da leader del M5S il 6 agosto

)di Luca De Carolis – ilfattoquotidiano.it) – Il leader prorogato non è mai stato così stabile: precario per le norme, padrone nei fatti di casa propria e di una porzione del campo progressista. La bella estate di Giuseppe Conte, presidente del M5S da statuto scaduto il 6 agosto e ora attivo in regime di prorogatio, è fatta di settimane in cui ha stretto alleanze alle sue condizioni e piazzato suoi candidati, mentre i vicini di casa del Pd litigavano su Elly Schlein a Palazzo Chigi come sui veti di Antonio Decaro in Puglia, e lui nella prima uscita in Veneto dopo le ferie si è potuto permettere pure di mostrarsi scocciato: “Siamo impallati da mesi, ma non per colpa nostra, noi ci siamo, ma i dem decidano cosa fare”.

Decidano loro, sostiene l’avvocato che ha concesso ma pure imposto, politico con il bilancino che anni fa chiudeva arbitrati per tanti zeri e quindi sa quanto contino le pause come le virgole. C’è una foto che racconta già praticamente tutto: quella del 18 agosto, con la vicepresidente vicaria del Movimento Paola Taverna che firma l’accordo sul programma con il candidato del Pd in Toscana, il presidente uscente Eugenio Giani. Diversi attivisti 5Stelle – soprattutto toscani – si sono arrabbiati, molti militanti del Pd l’hanno presa peggio: e forse hanno ragione loro. “Una nostra dirigente accanto a un candidato che firma una carta tutte le nostre richieste, dal reddito di cittadinanza regionale alla chiusura del rigassificatore di Piombino: ma lei se lo sarebbe immaginato un risultato così anni fa? Abbiamo imposto l’agenda” sussurra un big. L’avvocato ci teneva, e non a caso ha voluto la fidatissima Taverna a quel tavolo. Proprio lui, che con un no a Matteo Ricci nelle Marche avrebbe devastato un campo politico ancora tutto da costruire, e non a caso mezzo Pd attendeva come un gol una sua scomunica per l’ex sindaco di Pesaro convocato in Procura. Invece Conte ha tenuto calmi innanzitutto i suoi, aspettando l’interrogatorio del candidato dem prima di calare il sì a Ricci, sostenuto fortissimamente da Goffredo Bettini, suo abituale confidente. “Non siamo forcaioli, mai più altre Bibbiano”, ha spiegato in quei giorni ai suoi, con sillabe che condannano il M5S che fu – quello di Luigi Di Maio, certo – e spalancano altre porte al nuovo Movimento contiano, anche per allargare la base eletorale.

Gli avvisi di garanzia non sono più una lettera scarlatta per i codici a 5Stelle, e i mandati possono anche essere interrotti in corso per cercare poltrone più importanti, altro totem di un tempo abbattuto in un amen. Così, dopo il via libera ad Alessandra Todde – che da deputata corse e vinse le Regionali in Sardegna – ecco il capogruppo in Europa, Pasquale Tridico, presentato in Calabria (anche suo malgrado). Ma il Pd, sondaggi alla mano, lui e solo lui voleva. E figurarsi Conte, a cui in queste ore saranno arrivate certe vocine da destra, che trasudano preoccupazione. Innanzitutto, perché quando parla di reddito regionale, Tridico è credibile, e le destre che lo accusano di esserne uno dei padri fanno solo il suo gioco. E poi portando tutti al voto anticipato il presidente forzista Occhiuto ha giocato politicamente d’azzardo, in una regione dove in certe stanze non amano le forzature. “Pensi se vincessimo in Calabria con Tridico e in Campania con Roberto Fico” sognano certi 5Stelle. Sarebbero trofei, per il Conte che nei Consigli nazionali ai suoi lo ripete da mesi: “Le Regionali saranno fondamentali in vista delle Politiche”.

Nell’attesa, Ernesto Maria Ruffini, moderato e cattolico che lavora a uno dei tanti centri futuribili, ha invocato le primarie di coalizione per scegliere il candidato a Palazzo Chigi. Un altro segnale fastidioso per Schlein, ma parole che non possono essere sgradite al Conte per cui la conta potrebbe essere l’unica via per non rassegnarsi alla candidatura a premier della dem. Molto prima, l’avvocato dovrà essere rivotato presidente dei 5Stelle dagli iscritti sul web. Si aspetta il regolamento, che va vidimato dal comitato di garanzia composto da Fico, Virginia Raggi e Laura Bottici. Molti prevedevano la votazione entro la fine di agosto ma ora, dicono, dovrà essere “incastrata” tra un impegno e l’altro per le Regionali. “Comunque abbastanza a breve” giurano. Ma non c’è particolare fretta, e a naso non ci sono neppure avversari. E dopo un’estate così non può essere strano.