
(Stefano Baudino – lindipendente.online) – In Italia persiste il fenomeno dell’analfabetismo funzionale, che non riesce a essere scalfito nemmeno dal progresso tecnologico ed educativo della società. È quanto emerge dal Rapporto 2025 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile pubblicato dall’ISTAT, in cui è stato dato ampio spazio al programma PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) dell’OCSE, che fornisce preziose informazioni relative alle competenze cognitive della popolazione adulta dei Paesi membri. «Il nostro Paese si colloca agli ultimi posti delle graduatorie internazionali, con rilevanti disparità territoriali che vedono le regioni del Nord Italia in netto vantaggio rispetto al Mezzogiorno», scrive l’ISTAT in riferimento all’esito dell’ultima rilevazione avvenuta nel 2023. Circa un italiano su tre presenta infatti significative difficoltà nella lettura e scrittura, così come nel calcolo e nella capacità di risoluzione dei problemi. Un trend che non registra segnali di ripresa rispetto alle rilevazioni effettuate nello scorso decennio, nonostante le grandi mutazioni dello spaccato sociale e tecnologico.
Nello specifico, il PIAAC valuta le competenze degli adulti tra i 16 e i 65 anni in tre ambiti fondamentali: la literacy (capacità di comprendere e utilizzare testi scritti), la numeracy (abilità di usare concetti matematici) e il problem solving in ambienti digitali. Il rapporto mostra che, in Italia, i punteggi medi in tutte e tre le aree sono ben al di sotto della media OCSE. Si stima infatti che quasi il 35% della popolazione possieda bassi livelli di competenza alfabetica e oltre il 36% presenti livelli insufficienti di competenza numerica. Un divario che riflette non solo carenze formative strutturali, ma anche un ritardo nell’adeguamento alle richieste di un’economia sempre più basata sulla conoscenza e sulle competenze digitali. La literacy, o competenza nella lettura, è uno degli ambiti più critici, registrando punteggi medi preoccupanti che segnalano una carenza generalizzata su questo versante. Un dato particolarmente allarmante è la stabilità (se non, almeno in determinate regioni, il lieve peggioramento) delle competenze di base nell’arco di un decennio: il confronto con il primo ciclo PIAAC del 2012 mostra infatti che le competenze medie della popolazione italiana sono rimaste sostanzialmente invariate. Anzi, mentre nelle regioni del Nord-ovest emerge un miglioramento delle competenze medie per literacy e numeracy, in alcune regioni del Mezzogiorno si registra addirittura un decremento nella literacy.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei flussi migratori – con una quota significativa di adulti con bassa scolarizzazione – hanno certamente influito. Tuttavia, anche controllando questi fattori demografici, emerge che il sistema educativo e formativo italiano fatica a colmare il gap culturale di partenza e a promuovere l’apprendimento permanente. Le disparità territoriali sono un altro tassello fondamentale del quadro. Le regioni del Nord-ovest mostrano segni di miglioramento, mentre il Sud conferma un grave ritardo. Una vera e propria frattura geografica che costituisce il riflesso di divari socioeconomici più ampi e di un accesso disuguale a servizi educativi di qualità, con ripercussioni dirette su numerosi ambiti. L’analfabetismo funzionale non è infatti un fenomeno che attiene solo alla sfera culturale, ma che ha ricadute tangibili sull’economia e sulla coesione sociale.
Il Rapporto ISTAT sottolinea come il mancato miglioramento delle competenze degli adulti rappresenti un serio ostacolo al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, in particolare il Goal 4 (“Istruzione di qualità”). Le conseguenze di questa carenza di competenze sono evidenti nel mercato del lavoro. Le persone con competenze basse sono meno competitive e hanno maggiori difficoltà a trovare impieghi stabili e ben retribuiti. Di conseguenza, il Paese perde parte del suo potenziale umano, riducendo la produttività e rendono più difficile l’adozione di innovazioni tecnologiche. Inoltre, minano la capacità dei cittadini di comprendere informazioni complesse, prendere decisioni consapevoli e partecipare attivamente alla vita democratica.
Siamo al di sotto della media OCSE e sarà sempre peggio se continueremo a diminuire i finanziamenti per la scuola pubblica.
Un sistema iniquo che penalizza la scuola pubblica a favore, come al solito, della scuola privata, cominciato con il governo Berlusconi con il ministro dell’istruzione Moratti… la stessa che voleva candidare il solito piddì.
"Mi piace"Piace a 2 people
E’ ampiamente dimostrato che con la scuola privata l’investimento produce un “titolo” non altrimenti garantito con la quella pubblica.
"Mi piace""Mi piace"
Esemplificando… un popolo di rimbambiti e magari pure laureati… il peggio di peggio!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/
"Mi piace"Piace a 2 people
Stime troppo ottimistiche
"Mi piace"Piace a 1 persona
Non male come articolo, ma ci sono un paio di osservazioni da fare.
La prima è la solita questione della scuola: continuiamo a riempire gli studenti di nozioni come se fossimo ancora nell’Ottocento, ma quando si tratta di sviluppare competenze pratiche e pensiero critico, stop, fine della corsa. Così formiamo persone che sanno a memoria la Divina Commedia ma poi non sanno leggere una bolletta o districarsi in un modulo online. Il paradosso è che, nonostante tutto questo nozionismo, molti di quelli che hanno talento e voglia di fare non trovano sbocchi adeguati nel nostro mercato del lavoro e finiscono per andarsene all’estero.
La seconda è ancora più spinosa: davvero la scarsa adozione di tecnologie dipende solo dal basso livello delle competenze dei lavoratori? O forse il problema è che il nostro mercato del lavoro è fatto di microimprese che non hanno alcuna voglia di innovare? Diciamocelo: se il ristoratore o l’artigiano non vedono vantaggi immediati, della tecnologia non gliene importa nulla. Intanto chi ha competenze vere se ne va, e il circolo vizioso continua.
"Mi piace"Piace a 3 people
Il primo analfameta funzionale è il nostro PdC che ha dimostrato ampiamente di non capire un tubo di calcoli e formule, oltre che di molte altre cose …
"Mi piace"Piace a 1 persona
Non tutto il male vien per nuocere. Da un lato ci lamentiamo, dall’altro diventiamo i perfetti sudditi di un sistema mafio-nazista – inizialmente locale, ma ora esteso all’intero continente europeo – che ci tratta come imbecilli e ci fa essenzialmente fare tutto quel che vuole. Basta un cr3t1n0 qualsiasi in TV a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato e tutti a seguirlo come robottini. La serie indiscutibile di p00ttanate con cui ci rimbambiscono sin dai tempi del CoVID, unitamente alla guerra in Ucraina (per cui Zezè è il buono, Biden è il buonissimo e Putin è il cattivo), e in Medio Oriente (per cui Bibi è il santo), non ha precedenti. E comunque un popolo-bove che s-ragiona (o forse, meglio, che non-ragiona proprio) è molto più facile dirigerlo dove la leadership vuole, perché non soltanto ci va da solo, ma non apre neanche la bocca per dire “oops”. Per capirsi, si pensi che c’è ancora chi crede che Elly Schlein sia, nonostante gli sforzi, incapace di opporsi alla Destra, quando invece è stata messa dov’è proprio per quello, e fare, all’opposizione, le stesse cose che fa il governo (poi, se si vergognano, si astengono)… Ci p1sc14no addosso e ci dicono che piove. 🌧😔
"Mi piace""Mi piace"