
(di Elena Dusi – la Repubblica) – In Italia, penisola con ottomila chilometri di coste, mancano le spiagge. A riunirle tutte, fa notare l’ultimo censimento dell’Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), si arriva a 120 chilometri quadri: meno dell’estensione di Ostia. Solo il 41% delle coste italiane è sabbioso. La profondità media di una spiaggia è di soli 35 metri, quando non ci si mettono l’erosione delle onde o le mareggiate a sbocconcellarla ulteriormente.
Se un bene già scarso viene dato in buona parte in concessione ai privati, con prezzi in generale aumento, è facile comprendere perché la vacanza con l’ombrellone abbia cessato di essere in fase con i costumi del paese.
I dati sulle spiagge in concessione sono oggetto di annosa controversia. La mappatura ufficiale del governo, datata ottobre 2023, riporta un 33%, «ma tiene conto del totale della costa italiana — fa notare il Report spiagge 2024 di Legambiente — non delle sole aree balneabili e di costa bassa». Al suo interno, cioè, sono conteggiati anche i tratti rocciosi ed edificati. Secondo il report in alcuni comuni, concentrati in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, le spiagge concesse ai balneari arrivano invece al 70%.
La start up Coste360 fa un calcolo ancora superiore: l’81%. L’Italia è preceduta solo dall’Ungheria, che ha privatizzato il 100% delle sue spiagge lacustri, con le altre mete di mare europee assai distanti: Grecia al 15%, Croazia e Portogallo al 5%, Francia e Spagna al 2%.
Poche spiagge, molto privatizzate, fitte di ombrelloni e spesso troppo care: «Ma c’è un altro fattore che tiene lontani i turisti dal mare» riflette Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente di Legambiente. «È la crisi climatica. Anche al mare ormai fa troppo caldo. Non puoi fare il bagno per l’intera giornata e fuori dall’acqua trascorrere una vacanza a 40 gradi diventa sgradevole. Si rischia di restare tutto il tempo in stanza con l’aria condizionata».
Non è un caso che al mare sia rimasta la speranza di un settembre ricco di prenotazioni per risollevare un’estate sottotono, che sta premiando invece la montagna. […]se le spiagge private piangono, quelle libere non ridono, costrette ad accontentarsi dei tratti meno appetibili delle coste. Lo confermano i dati di Goletta Verde di una settimana fa. Secondo il monitoraggio delle acque condotto da Legambiente, in Italia 220 chilometri di spiagge sono vicino alle foci dei fiumi.
Tanto è scontato che siano inquinate e non balneabili, che non vengono nemmeno monitorate dai servizi ambientali. «Il 56% delle foci monitorate da noi e risultate inquinate ha nelle vicinanze una spiaggia libera» dice Ciafani. Ecco come, nella penisola delle coste, trovare un posto dove tuffarsi diventa difficile.
Anche se statisticamente non conta nulla, dove vado al mare io ho notato una drastica diminuzione anche delle spiagge libere, forse il problema non sono solo i prezzi degli stabilimenti.
Non penso sia nemmeno il clima, che qui nell’alto Lazio non è neanche così torrido, anzi.
Forse il mare ha stancato? Le nuove generazioni preferiscono la montagna? Siamo diventati così poveri da non poterci permettere un biglietto del treno e due panini? Non saprei proprio.
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