La linea. Chigi attacca i pm: “Da loro un disegno politico, non ci fermano”. Dossier FdI contro l’Anm: “Un’invasione di campo”

(di Valeria Pacelli e Giacomo Salvini – ilfattoquotidiano.it) – Nell’ultimo giorno prima delle ferie estive, Giorgia Meloni lascia un biglietto di buone ferie nella sala stampa di Palazzo Chigi: “Grazie di tutto e buone vacanze. Cercate di riposare che alla ripresa si corre”. Ma tutti i suoi pensieri sono rivolti alla vicenda Almasri. Tra una riunione e l’altra – il Cipess sul Ponte sullo Stretto e un faccia a faccia con l’ad Rai Giampaolo Rossi per parlare del Media Freedom Act – la premier concede l’ultima intervista estiva al Tg5. E attacca a testa bassa i magistrati di Roma e i giudici del Tribunale dei ministri che hanno archiviato la sua posizione e chiesto l’autorizzazione a procedere per il sottosegretario Alfredo Mantovano e i colleghi di governo Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. “Io vedo un disegno politico intorno ad alcune decisioni della magistratura. Particolarmente quelle che riguardano i temi dell’immigrazione come se in qualche maniera ci volesse frenare”, dice la presidente del Consiglio. Che definisce la richiesta di processo per i suoi ministri Nordio e Piantedosi e per il sottosegretario Mantovano “surreale” perché tutti “hanno agito nel rispetto della legge, per tutelare la sicurezza degli italiani. E considero ancora più surreale” il fatto che, invece, “per me si chieda l’archiviazione. Perché i miei ministri non governano a mia insaputa e io non sono Alice nel paese delle meraviglie, sono il capo del governo e non sono, diciamolo, neanche un Conte qualsiasi, che faceva finta di non sapere cosa facesse il suo ministro degli Interni”. Insomma, la tesi è quella solita del complotto dei magistrati. Tant’è che nelle ultime ore la maggioranza si è riunite per accelerare sulla riforma della separazione delle carriere.

E intanto l’ufficio studi di Fratelli d’Italia coordinato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari ieri ha inviato un dossier interno al partito sul caso Almasri in cui attaccava l’Anm per le “invasioni di campo” del suo presidente Cesare Parodi.

La strategia del governo è quella di salvare i ministri per cui è stata chiesta l’autorizzazione a procedere che, visti i numeri in parlamento, sarà negata. Si sta ponendo, anche se non vi è alcuna accusa né tanto meno iscrizioni nel registro degli indagati, pure la questione Giusi Bartolozzi, la potente capo di gabinetto del ministro della Giustizia. Non è indagata, ma nella richiesta per gli altri, la sua testimonianza (è stata sentita come persona informata sui fatti) è stata ritenuta dai giudici “inattendibile e mendace”. Bartolozzi – è il ragionamento di alcuni – rispetto ai ministri, in teoria non godrebbe di forme di immunità essendo una libera cittadina ma ieri ai vertici del governo si faceva strada l’ipotesi di uno “scudo” anche per lei. L’appiglio giuridico è il comma 2 dell’articolo 4 della legge del 1989 che disciplina i reati ministeriali in cui, per i reati in concorso, potrebbe servire l’autorizzazione del Parlamento anche per un “non parlamentare”. Un tema che il centrodestra se servirà farà emergere in giunta per le autorizzazioni, anche a costo di sollevare conflitto di attribuzioni alla Consulta. Tra l’altro, non sarebbe una decisione facile da spiegare in termini di consenso perché costituirebbe una sorta di salvacondotto per una figura non ministeriale. Sarebbe, quindi, difficilmente sostenibile la tesi di Meloni di aver condiviso la decisione di rimpatriare Almasri insieme ai suoi ministri. Una cosa però è certa: al ministero della Giustizia si stanno studiando i precedenti. E, tra le ipotesi sul tavolo, c’è anche quella di darle un seggio con Fratelli d’Italia nel 2027. Un piano “B” che servirebbe solo nel caso in cui, alla fine, la posizione di Bartolozzi si dovesse fare insostenibile.

Nella maggioranza c’è imbarazzo per la posizione della capo di gabinetto. In molti, a destra, la mal sopportano per i suoi modi da “zarina”, a partire da Forza Italia, partito da cui uscì in polemica nel 2021. “Se il ministro rileva un problema nel suo ufficio deve prendere una decisione”, dice a Omnibus il forzista Giorgio Mulè.

La giunta per le autorizzazioni intanto ieri si è riunita per la prima volta. Avrà 30 giorni per decidere e altri 30 per l’aula. Meloni non andrà in aula per rispondere, come chiede l’opposizione.