(Moni Ovadia – ilfattoquotidiano.it) – Alcuni leader occidentali in questi ultimi giorni si stanno affrettando a dichiarare che riconosceranno lo Stato di Palestina. Il nostro governo, verosimilmente, sarà fra gli ultimissimi secondo un’inveterata tradizione, temporeggiare, perché non si sa mai. Da cosa dipende questa tardiva corsa al riconoscimento virtuale di uno Stato dei palestinesi?

A mio modesto parere trattasi di puro opportunismo. Vuoi mai che l’ondata di sdegno che sta montando dal basso contro il “genocidio intenzionale” – la definizione è di Amos Goldberg, professore di storia dell’Olocausto, nel dipartimento di storia ebraica, dell’Università ebraica di Gerusalemme – perpetrato dallo Stato sionista contro il popolo palestinese travolga le loro miserabili carriere politiche.

Dietro al supposto riconoscimento si riaffacciano i consueti balbettii sui “due popoli e due Stati”. E come? Con 800 mila coloni sionisti fanatici insediati in Cisgiordania e Gaza ridotta in un cumulo di macerie? E come pensano di metterla con il Sionismo, un’ideologia, colonialista, razzista, genocidaria che si fonda sull’eccezionalismo e il suprematismo ebraico. Non ci sarà nessuna soluzione, né i due Stati né altro, finché il pensiero sionista dominerà l’orizzonte politico dello Stato di Israele, che per il momento è più opportuno definire Stato sionista o Stato terrorista.

Una delle opzioni disperate che si fanno strada è quella di scaricare tutta la responsabilità per la mancanza di una soluzione su Hamas, tutta colpa di Hamas. Ma come è nata Hamas, l’ha portata la cicogna? Chi l’ha voluta? Chi l’ha finanziata, armata? Ritengo che le risposte a queste domande creerebbero problemi notevoli per primi ai sionisti. E poi, in Cisgiordania Hamas non c’era.

Riconoscere lo Stato di Palestina significa riconoscerne la terra e i confini sulla base del diritto internazionale, ma i sionisti ne hanno fatto carne di porco con la piena complicità dei loro sodali stelle e strisce ed europei che hanno garantito loro la piena impunità. Inoltre i sionisti non hanno mai stabilito i loro confini al fine di tenersi le mani libere e fottere tutta la terra dei palestinesi con la pratica dei fatti compiuti sul territorio.

E, dulcis in fundo, chi convincerebbe 800 mila coloni sionisti, privilegiati, pasciuti, armati fino ai denti, fanaticamente convinti di avere il Santo Benendetto dalla loro parte a levare le tende dalla Samaria e Giudea senza provocare una guerra civile?

Ritengo che l’unica soluzione possibile sia quella di uno Stato laico democratico per tutti gli abitanti di quella terra con gli stessi identici diritti per i suoi cittadini.

(Marco Travaglio) – Caro Moni, pubblico il tuo appassionato intervento anche se non lo condivido in alcuni punti. A parte il giudizio sul Sionismo storico, che alla fine dell’Ottocento fu l’equivalente del nostro Risorgimento per gli ebrei della diaspora perseguitati un po’ in tutt’Europa, dalla Russia zarista alla Francia, e non ha nulla a che fare con l’attuale governo di Israele (un conto è Theodor Herzl, ma anche i politici socialisti e laici che guidarono Israele per oltre trent’anni dopo la sua nascita, un conto sono Netanyahu e i suoi macellai), e a parte la tua nota avversione per l’idea stessa dello Stato ebraico, non sono sicuro che un unico Stato dal fiume Giordano al mare Mediterraneo sia un’opzione più praticabile di quella dei due Stati. Che oggi, per ovvie ragioni, è soltanto uno slogan per sciacquare coscienze e continuare a non fare nulla per salvare i palestinesi di Gaza. Se due Stati affiancati in quel piccolo lembo di terra ti sembrano troppi, come possiamo pensare che tutto l’odio accumulato e il sangue versato fra le due comunità in tanti decenni, e ancor più nell’ultimo biennio, possa stemperarsi nella loro convivenza sotto lo stesso tetto? Comunque grazie per le tue parole: il dibattito, temo, è appena agli inizi.