La relazione della Commissione in vista del nuovo Patto: “Mancano le strutture per le procedure accelerate di rimpatrio”

Gjader

(di Alessandra Ziniti – repubblica.it) – ROMA – L’Italia chiede all’Europa di anticipare l’entrata in vigore del nuovo Patto asilo e immigrazione per provare a far funzionare il protocollo Albania, ma si scopre che non è pronta. Ed è in ritardo proprio nell’approntare i centri per l’applicazione delle procedure accelerate di frontiera ai migranti che arrivano dai Paesi ritenuti sicuri.

È paradossale quello che viene fuori dalla relazione sullo stato di avanzamento dell’attuazione del Patto redatta dalla Commissione Ue a giugno scorso, prima di una serie di verifiche sull’implementazione di strutture e procedure necessarie per il funzionamento delle nuove norme europee. «L’Italia – si legge nel documento – rischia di subire ritardi nell’allestimento delle capacità e delle strutture necessarie per lo screening e la procedura di frontiera obbligatoria qualora non designasse a breve le località definitive per queste operazioni e se la pianificazione finanziaria e le relative procedure di appalto non saranno avviate e concluse in tempo». Gli Stati membri – sottolinea la Commissione – hanno tempo fino ad aprile 2026 per notificare le località designate per le procedure di frontiera.

E Gjader? L’interrogativo è presto sciolto. Bruxelles non si è mai espressa su quello che per il governo Meloni è l’esperimento-pilota per l’esternalizzazione delle procedure accelerate di frontiera. Per il semplice motivo che l’Albania è fuori dalla Ue. E il nuovo Patto prevede che tutti i Paesi, chiamati ad applicare le nuove procedure, debbano realizzare centri per lo screening e per l’eventuale trattenimento dei migranti proprio nelle zone di frontiera, o al massimo in territori limitrofi, e dunque non in Albania. Gjader, al massimo, potrà essere utilizzato come return hub, cioè come luogo di trattenimento di chi ha già fatto ingresso in territorio italiano, è stato respinto ed è in attesa di rimpatrio.

Al momento, l’Italia ha solo due piccoli centri per il trattenimento dei richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri, a Pozzallo e Porto Empedocle, 83 posti il primo, 70 il secondo, entrambi semivuoti per le stesse ragioni per cui sono vuoti i 400 posti di Gjader: quasi sempre infatti i giudici dei tribunali siciliani hanno disposto l’annullamento dei provvedimenti di fermo dei migranti portati lì. Nei mesi scorsi si era ventilata l’ipotesi di un terzo centro in Puglia ma non è mai stata definita. E dunque il rilievo della Commissione, il cui giudizio sull’attuazione del Patto è complessivamente positivo ma non tale da lasciar pensare che gli Stati membri siano pronti a sostenere una eventuale accelerazione come chiede l’Italia dopo la sentenza della Corte di giustizia europea.

«Sono necessari ulteriori sforzi per affrontare le sfide rimanenti e garantire che il nuovo sistema europeo di gestione della migrazione sia pienamente operativo entro giugno 2026 – scriveva la Commissione meno di due mesi fa – alcuni Stati membri devono ancora affrontare difficoltà nell’implementazione del nuovo sistema. Sulle frontiere esterne sono in corso i preparativi per l’attuazione delle nuove procedure. Persistono però sfide legate all’identificazione dei luoghi dove svolgere i controlli, nonché alle gare d’appalto e al reperimento di risorse adeguate». La prossima verifica è già fissata per ottobre. Chissà se l’Italia sarà pronta.