La cura Meloni contro la povertà: assegno d’inclusione e Sfl hanno dimezzato beneficiari e risorse. Secondo l’Inps a giugno 2025 ci sono 665.740 nuclei con l’Adi (-43%) per 1,54 milioni di persone (-45%). Le famiglie in bisogno però aumentano, dice la Caritas. Per il supporto per la formazione e il lavoro ci si ferma sotto le 182 mila persone

(di Valentina Conte – repubblica.it) – ROMA – Dimezzata la spesa, da 8,8 a 4,4 miliardi, e quasi dimezzati pure i beneficiari. Ecco la ricetta del governo Meloni per i poveri. Lo documenta il secondo report dell’Inps sull’Assegno di inclusione (Adi), erede del Reddito di cittadinanza (Rdc). E sul Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), riservato agli “occupabili” senza figli e under 60: rimborso spese limitato nell’importo e nel tempo a chi segue un corso di formazione.
Ecco i numeri. Se a giugno 2022 beneficiavano del Rdc 1,2 milioni famiglie, pari a 2,8 milioni di persone, tre anni dopo a giugno 2025 siamo a 665.740 nuclei con Adi (-43%) per 1,54 milioni di persone (-45%). L’importo medio è salito da 566 a 694 euro al mese, ma solo perché l’Adi non va a single e coppie senza figli. Ma solo a famiglie con minori, disabili e over 60: nuclei più numerosi alzano quell’importo.

La platea ristretta dell’Adi
Dal debutto (gennaio 2024) a giugno 2025, l’Assegno di inclusione ha coinvolto 868 mila nuclei per 2,08 milioni di persone. A giugno 2025 i percettori sono 665.740, con un assegno medio di 694 euro. Il 68% dei nuclei vive al Sud e nelle Isole (587 mila famiglie).
La misura privilegia i nuclei con carichi di cura: 235.756 famiglie, che ricevono in media 894 euro, e quelli con disabili (261 mila, 771 euro medi) o over 60 (341 mila). Il 91% dei beneficiari è italiano, il 6% extracomunitario e il 3% europeo. Fuori restano gran parte dei single e delle coppie senza figli, che con l’Rdc ricevevano comunque un sostegno.

L’altra gamba del sostegno, l’Sfl
Il Supporto per la formazione e il lavoro, riservato agli “occupabili”, è cresciuto ma resta minoritario: 181.942 persone hanno ricevuto almeno una mensilità tra settembre 2023 e giugno 2025, di cui 72.469 a giugno. La misura, che prevede 500 euro mensili e vincolo alla partecipazione a corsi o attività, riguarda soprattutto donne (61%) e over 50 (quasi 40% dei percettori). Anche qui il Sud domina: il 79% vive in Mezzogiorno e Isole.
Il bilancio: meno spesa, più selezione
Il governo ha tagliato la spesa (4,4 miliardi per l’ADI nel 2024 contro gli 8,8 miliardi del Reddito al picco 2021), concentrando le risorse su famiglie numerose, disabili e caregiver. Gli “occupabili” hanno un sostegno ridotto e vincolato.

L’allarme Caritas
La povertà, intanto, non scompare. Anzi. Nel 2024 la rete Caritas ha accompagnato 277.775 persone, il 62% in più rispetto al 2014, con un boom al Nord (+77%). Crescono i cosiddetti working poor: il 30% degli adulti tra 35 e 54 anni che chiedono aiuto ha un lavoro, spesso precario, sottopagato o discontinuo. Aumentano anche gli anziani soli (dal 7,7 al 14,3% degli assistiti) e oltre il 52% dei nuclei seguiti ha figli minorenni.
Allo stesso tempo, solo il 15% di chi riceveva il Reddito di cittadinanza ha avuto accesso all’ADI o al SFL, segnala la Caritas: criteri più stretti, barriere burocratiche e ostacoli informatici hanno lasciato molti senza sostegni. La povertà si fa cronica: quasi il 28% degli utenti è in carico da oltre cinque anni.
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TIMOSTENE E IL BOTTINO DEI POLITICI
Fabio Rampelli, tra i più fascisti nel senso più miserabile del termine, fascista come insulto e non come categoria politica, ha proposto di aumentare lo stipendio dei deputati. Mille euro in più. Mille euro al mese. Come se non bastasse quello che già prendono. Come se avessero meritato qualcosa. Come se la gente fuori, quella che li guarda da sotto, stesse affogando nel lusso e nel superfluo.
Nel frattempo, gli ex deputati fanno ricorso. Vogliono indietro il vitalizio. Con tutti gli arretrati. Vogliono una pensione che non hanno mai versato, vogliono soldi per il solo fatto di essere stati lì dentro. In aula, o magari pure assenti, ma con la mano alzata al momento giusto. Una pensione a gratis, reversibile su moglie, figli, nipoti, su tutto l’albero genealogico se serve, purché paghiamo noi.
E mentre succede tutto questo, fanno le sanatorie. Per le partite Iva, per gli evasori, per chi i soldi li ha nascosti nei conti in Lussemburgo o se li è giocati tra amici. E passano lisci. Puliti. Ripuliti. Redenti dallo Stato che dovevano finanziare e che invece si sono mangiati.
Nel frattempo, il fascista supremo, quello col busto in casa e il figlio stupratore, sistema l’altro figlio ai vertici di una partecipata di Stato. Per merito, dicono. Perché era bravo, dicono. Perché aveva le competenze, dicono. E nessuno ride. Nessuno sputa. Nessuno si alza. La Santanchè truffa lo Stato mentre siede nello Stato. La Montaruli è condannata, ma resta lì. Ferma. Immobile. Come se la questione morale fosse un’opinione. Un capriccio da salotto.
E noi? Noi a fare i conti. A cercare di arrivare in fondo. A tirare la coperta. A saltare la spesa. A scegliere se curarsi o mangiare. E intanto loro distraggono. Con la separazione delle carriere. Con la riforma costituzionale. Per quei due o tre magistrati all’anno che cambiano ruolo, come se fosse la fine del mondo. Come se la giustizia vivesse e morisse lì. Come se non ci fosse altro.
Ma intanto i treni non funzionano. I pendolari dormono in piedi. Gli studenti arrivano in ritardo. I genitori non tornano a casa. E Salvini? In Giappone. A far foto coi kimono, coi samurai, con le geishe. Turismo istituzionale, lo chiamano.
La Meloni, tornata da Bruxelles con le gambe rotte e la voce rotta, ci racconta dei suoi successi. Ma le sanzioni ce le hanno negoziate altri. I tavoli li hanno apparecchiati altri. Lei è arrivata a piatti freddi. E sorride, come se avesse vinto qualcosa.
Ma allora qualcuno ce lo dica. Qualcuno ci spieghi. Cos’ha fatto, questo governo, per chi vive qui. Per chi lavora qui. Per chi resta ogni sera a contare gli spiccioli. A chi serve questa destra? A chi serve questa parata di parenti, di condannati, di incapaci e di predatori?
E allora uno si chiede: ma perché? Perché abbiamo votato Meloni, la Russia, Salvini, Tajani che sembra uscito da un romanzo del Settecento, una specie di Don Abbondio con la cravatta?
Forse perché ci hanno convinti che la colpa è dei migranti, dei giudici, dell’Europa, del 5G, dei gay, delle donne, dei poveri. Forse perché ci piace pensare che la colpa non sia mai nostra. Che ci salverà qualcuno. Che c’è un nemico là fuori e un patriota qua dentro.
E allora ci lasciamo rubare tutto. I soldi, la dignità, il futuro. Ci lasciamo derubare in silenzio, come chi si è abituato al buio e ha paura di accendere la luce.
Ma la verità è che se restiamo zitti, un giorno ci toccherà pagare pure l’aria.
E quel giorno sarà tardi per urlare. Per indignarsi. Per capire.
Perché chi governa nel nostro nome, lo fa nel nostro silenzio. E il nostro silenzio, ormai, è complice.
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