
(dagospia.com) – Essì, è stato uno spettacolo penoso: l’uomo che in appena sei mesi dalla presa della Casa Bianca è riuscito a sovvertire le regole democratiche di mezzo mondo, voleva umiliare l’Europa, e ci è riuscito tranquillamente, tra un colpo di mazza e l’altro sul campo di golf.
Il negoziato con Trump, Ursula von der Leyen l’ha risolto chinando la testolina tra le mani ammettendo un fantomatico “squilibrio” commerciale europeo nei confronti degli Usa (dimenticando le centinaia di miliardi in servizi che importiamo da Big Tech). L’umiliazione dell’Europa era inevitabile e il Trumpone ha incassato il bottino.
Per completare la disfatta, la presidente della Commissione europea ha firmato la “resa” agli Stati Uniti mettendosi in posa per ”foto ridicole con il pollice alzato e un sorriso assurdo, o accumulando dichiarazioni e tweet francamente patetici. da questo punto di vista, la sconfitta è drammatica e doppiamente umiliante”, ha sottolineato Giuliano da Empoli, docente di politica comparata all’Istituto di studi politici di Parigi, in un’intervista a “Le Grand Continent”.
Circondata da burocrati, la Crucca non ha ancora ben compreso che da vari decenni l’immagine fa politica: volare in Scozia e vederla scutrettolare sul campo di golf del tycoon, è stata un’immagine devastante per la sua leadership.
Certo, è difficile pretendere tanta scaltrezza politica da una donna che è pur sempre cresciuta alla scuola di Angela Merkel, la donna che ha bloccato per decenni la Germania e l’Europa, impedendo investimenti, consegnando il Continente alla dipendenza energetica dalla Russia e avendo come unico scopo quello di perpetrare il suo potere.
E così, sono bastati appena sei mesi di “America First” per distruggere quel briciolo di credibilità politica rimasta all’Europa e per la minuta silhouette di Ursula finire sul banco degli accusati. Da Macron a Orban, tutti l’hanno spennata viva.
L’unica ad asciugare le lacrime amare dell’ex cocca di Angela Merkel è rimasta la “Ragazza Coccodè” di Palazzo Chigi, quella poverina che si è sempre atteggiata a “pontiera” tra Usa e Ue, quindi contrarissima alla posizione di Macron di rispondere col bazooka all’ego di un teppista che si crede un re.
Sia la Crucca di Berlino sia la Statista della Garbatella si sono così ritrovate, oltre che sbeffeggiate da Trump, anche abbandonate dall’altro premier favorevole a non aprire un fronte di guerra commerciale all’America di Trump, Friedrich Merz.
Quando il Cancelliere tedesco ha visto la stroncatura dell’intesa sui dazi dei suoi alleati di governo (i socialdemocratici di Spd e Verdi), è stato costretto a prendere le distanze da Ursula.
Un calcio dell’asino che però non gli deve essere costato caro a Merz visto che la detesta cordialmente fin dall’era Merkel.
E’ anche vero che la cosiddetta ”maggioranza Ursula” è solo la disgraziata sintesi di 27 paesi discordanti e spesso in aperto conflitto: l’Unione non c’è, e non c’è mai stata, e nemmeno se al posto di Ursula sedesse Mario Draghi, le cose sarebbero andate diversamente (checché ne dicano Matteo Renzi e Maria Elena Boschi).
Lo stato dell’arte è questo. La Germania, come sempre, pensa solo a sé stessa, e agli interessi della sua industria automobilistica, che ormai veleggia dritta verso il suicidio assistito (avendo l’Ue a trazione tedesca, negli anni della Merkel, regalato il monopolio dell’energia verde, cioè del futuro, alla Cina).
La Francia è immobilizzata: Emmanuel Macron è a fine ciclo – il suo mandato scade nel 2027 – e il governo Bayrou non può incidere non avendo una maggioranza in Parlamento. Il polacco Tusk è un’anatra zoppa dopo l’elezione del nazionalista Nawrocki alla Presidenza della Repubblica, il sinistrato Pedro Sanchez è indaffarato solo a schivare gli scandali corruzione che lo stanno circondando. E Giorgia Meloni è Giorgia Meloni.
In questo contesto di desolante mix di nazionalismo e opportunismo, Ursula von der Leyen ha la sua parte di responsabilità. L’ex ministra della Difesa tedesca ha intravisto un’opportunità nella paralisi politica dell’Unione europea, e ha sgusciato via come una biscia tra i veti incrociati dei vari capi di Stato e di Governo.
Per addentrarsi nel viluppo disastroso in cui si è intorcinata l’Ue, bisogna partire proprio dalla “personalità” politica di Ursula.
Apparsa sulla scena europea nel 2019, come una carta di ripiego, quasi una bambola nelle mani di Angela Merkel, colei che ha fatto il bello e il cattivo tempo in Germania e l’Europa, impedendo investimenti, consegnando il Continente alla dipendenza energetica dalla Russia e avendo come unico scopo quello di perpetrare il suo potere.
Una volta issata a Bruxelles, Ursula non ha fatto altro che seguire le orme tracciate dalla sua “padrina” ha accentrato su di sé tutte le leve del potere, circondandosi della sua gang di fedelissimi, portati da Berlino.
”Von der Leyen, in modo molto efficace, ha progressivamente eliminato tutti i suoi avversari, allontanato i commissari che la disturbavano e concentrato tutte le procedure nelle sue mani”, è l’analisi di Giuliano da Empoli. “Ma questa straordinaria centralizzazione del potere ha portato alla scena a cui abbiamo assistito con rammarico domenica in Scozia”.
Un approccio tribale, quello di von der Leyen, che conosce bene Elisabetta Belloni: chiamata da a Bruxelles come consigliera diplomatica, ha fatto un buco nell’acqua: il potentissimo capo di gabinetto di Ursula, Bjorn Seibert, non le ha fatto toccar palla e a settembre Belloni ritorna a casa a coltivare le rose del suo giardino in campagna.
Quando la maggioranza del suo secondo mandato ha mostrato qualche crepa, la von der Leyen non si è persa d’animo e si è mossa con un opportunismo uguale contrario a quello di Giorgia Meloni. Eccole, come due vispe scolarette, insieme in giro per Roma, Lampedusa, il Nord Africa per la questione migranti e il Piano Mattei.
Eppure la camaleontica Ducetta, come premier al Consiglio europeo, si astenne sulla nomina di Ursula. Quando poi venne il momento di approvare l’intera Commissione, zac!, ecco i voti di Fratelli d’Italia per Lady Ursula, e in cambio ottennero un commissario come Raffaele Fitto (da parte sua la Crucca era pure contenta di ritrovarsi l’ex democristiano, un tipino che non comanda nemmeno nel condominio di casa.
In un certo senso, Ursula è l’ultimo regalino che ci ha fatto Angelona: gestire il potere con un metodo conservatore, accentratore, fondato sull’immobilismo politico, ”ignorando incredibilmente l’offensiva politico-ideologica, straordinariamente violenta e quotidiana, attraverso la quale la Casa Bianca mira a imporre un modello politico radicalmente alternativo: il superamento della democrazia liberale, l’aggiramento dello Stato di diritto e l’imposizione di un sistema misto, una sorta di tecnocesarismo..”, aggiunge col ditino alzato Giuliano da Empoli.
E conclude: “Von der Leyen non è l’unica responsabile di questa capitolazione, lo sono anche molti governi europei, ma lei si è messa in una posizione tale da diventare il simbolo, quasi troppo perfetto, della felice vassallaggio: sembra quasi una forma di giustizia poetica… Trump, dal canto suo, conosce il valore dei simboli, la sua carriera ne è costellata: dal certificato di nascita di Obama al muro, passando per il mito del “deal””.
In ogni caso, mandare a casa von der Leyen rimane un pio desiderio perché la sola alternativa all’attuale maggioranza è la vittoria delle destre sovraniste. E i vari Merz, Macron, Tusk e compagnia non se lo possono permettere…
Ma ve lo immaginate Donaldo che fa lo shampo alla Von der Lien nella doccia con l’acqua fredda? 😀
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Ma veramente la Merkel durante io il suo mandato ha più dichiarato che “Gli USA non sono più nostri amici e l’Europa deve difendersi da sola”. Poi ovvio che le varie lobby non lo permetteranno mai, ma paragonarla a Von Der Cippa mi sembra azzardato.
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L’unica ad asciugare le lacrime amare dell’ex cocca di Angela Merkel è rimasta la “Ragazza Coccodè” di Palazzo Chigi, quella poverina che si è sempre atteggiata a “pontiera” tra Usa e Ue, quindi contrarissima alla posizione di Macron di rispondere col bazooka all’ego di un teppista che si crede un re.
Sia la Crucca di Berlino sia la Statista della Garbatella si sono così ritrovate, oltre che sbeffeggiate da Trump, anche abbandonate dall’altro premier favorevole a non aprire un fronte di guerra commerciale all’America di Trump, Friedrich Merz.
Bene, la prossima volta anche Giioggia accompagna Ursula con apposito accappatoio, tanto nella doccia c’é spazio anche per tre.
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