Per la premier la decisione francese è avventata. “Siamo a favore dei due Stati ma solo al termine di un processo

(di Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – Nasca uno Stato di Palestina, ma non ora. Non prima di aver completato un processo politico, capace di andare oltre le dichiarazioni di principio. Giorgia Meloni non intende dunque seguire Emmanuel Macron, che poche ore fa ha ufficializzato la volontà francese di riconoscere lo Stato di Palestina, sfidando l’ira di Israele e la contrarietà di Donald Trump.
La premier la pensa diversamente. E spiega a Repubblica una linea che, anche a costo di attirare pesanti critiche dalle opposizioni, non prevede svolte imminenti, nonostante quanto accade a Gaza da quasi due anni. «L’ho detto varie volte, anche in Parlamento – sostiene Meloni – L’ho detto alla stessa autorità palestinese e l’ho detto anche a Macron: io credo che il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia uno Stato della Palestina, possa addirittura essere controproducente per l’obiettivo».
Cosa intende Meloni per controproducente, dunque? «Se qualcosa che non esiste – spiega, riferendosi proprio a uno stato palestinese – viene riconosciuto sulla carta, il problema rischia di sembrare risolto, quando non lo è». A suo dire, insomma, la mossa del Presidente francese rischia paradossalmente di confliggere con le ragioni della Palestina.
È lecito dubitarne, visto che gli stessi palestinesi chiedono da molti anni che le capitali europee assicurino una “benedizione” diplomatica, e che oggi continuano a premere perché considerano utile a frenare la guerra di Netanyahu (e d’altra parte, proprio il riconoscimento della Palestina viene giudicato dalla destra israeliana alla stregua di un tradimento). Resta il fatto che Meloni, pur condividendo l’approdo finale, contesta la tempistica decisa da Parigi: «Quanto ho detto è la ragione per la quale essendo favorevolissima allo Stato della Palestina, non sono favorevole al suo riconoscimento a monte di un processo per la sua costituzione».
Un passo indietro, per contestualizzare la posizione italiana decisa dalla presidente del Consiglio: fin dall’inizio del conflitto che è seguito agli attacchi terroristici del 7 ottobre, il governo italiano si è mostrato – assieme a quello tedesco – il meno duro verso l’escalation imposta da Tel Aviv. Pesano ragioni storiche, che si intrecciano con preoccupazioni politiche, frutto del solido rapporto tra Meloni e Benjamin Netanyahu. Da qualche mese però, di fronte alle vittime quotidiane di un’offensiva che attira condanne aspre da moltissime capitali occidentali, Roma ha avviato un distacco. Progressivo, ma costante. Necessario anche per non pagare un prezzo di consenso verso un’opinione pubblica assai critica con Israele.

E infatti, di fronte alla linea francese, anche Antonio Tajani pigia al mattino sul freno, senza esagerare: «L’Italia è per la soluzione due popoli e due Stati – spiega – ma il riconoscimento del nuovo Stato palestinese deve avvenire in contemporanea con il riconoscimento da parte loro dello Stato di Israele. A noi interessa la pace, non la vittoria di uno sull’altro». Per poi aggiungere: «È giunto il momento di arrivare ad un immediato cessate il fuoco». Più incline al riconoscimento sembra invece il presidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana: «La cosa – dice all’associazione stampa parlamentare – non mi vede contrario, però non so se si risolve il conflitto». Poco dopo, però, interviene il Carroccio: «Prima serve il rilascio degli ostaggi e lo scioglimento di Hamas».
L’accelerazione francese è destinata a monopolizzare il dibattito tra leader continentali anche nei prossimi giorni. Di Palestina discutono ieri pomeriggio in una video-call Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz. O almeno, così sostiene l’Eliseo (e le agenzie internazionali), confermando una telefonata che in un primo momento – a sentire fonti italiane – sembrava saltata. Londra, sempre secondo le stesse fonti, sarebbe stata in realtà favorevole a includere Meloni, ma la partecipazione sarebbe stata osteggiata da Macron. Nell’aria resta la sensazione che alcune ferite tra Roma e Parigi si siano riaperte e che la temporanea sintonia politica tra i due leader rischi di smarrirsi ad ogni tornante. O che comunque, nonostante il riavvicinamento degli ultimi mesi, non tutto sia davvero davvero sanato.
“Nasca uno Stato di Palestina, ma non ora”.
Aspettiamo fino a quando non ci saranno più i Palestinesi…
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E ccertoooo… sennò poi chi lo sente il paparino Donald, che ritirerebbe immediatamente il sostegno alla sua cadrega di palazzo Chigi alla quale, l’uoma senza OO è… “avvinta come l’edera” (cit. Nilla Pizzi).
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Ha perfettamente ragione: occorre aspettare che i Palestinesi siano morti tutti. Dopo, non c’è bisogno di alcuno Stato palestinese. I Turchi nel 1915 /1923 sterminarono gli Armeni con una marcia verso il nulla. Dopo anni continuano a offendersi se gli viene addebitato il genocidio che tuttora negano. Gli Israeliani hanno trovato i loro modelli: i Turchi ottomani e i Tedeschi nazisti.
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“Non prima di aver completato un processo politico” vuol dire il processo di norimberga 2…
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Più vile dei vili, ipocrita senza rete. E per di più furbetta der quartierino. Aspettiamo che tra un po’ non ci saranno più palestinesi. Via il dente via il dolore.
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Una volta che hai leccato per bene il lato B di Trump, non puoi più tornare indietro!
La coerenza prima di tutto.
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Secondo il giornale radio Meloni ha affermato che il riconoscimento francese della stato palestinese non va bene perchè così può sembrare che il problema sia risolto.
………………Invece di palestinesi ce ne sono ancora molti?!!!
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Il baccalà che mandiamo in giro a curare gli affari esteri non sa che l’Autorità Nazionale Palestinese riconosce Israele dal 1993; la nana politica invece non capisce che il primo passo per risolvere la questione palestinese è proprio il riconoscimento formale del loro stato.
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Chiaramente lo stato di Palestina verrà riconosciuto nel 2027, una settimana prima delle elezioni politiche. La carciofara la sa lunga ……
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Dopo aver letto i commenti ho pensato che nessuno dei commentatori abbia una minima conoscenza di geografia politica e, pertanto, non che da nessuna parte esista uno stato palestinese da riconoscere. Infatti questi commentatori dovrebbero ispondere ad alcune domande: chi sarebbe, al momento, il capo di questo fantomatico stato? In questo fantomatico stato vige un sistema democratico o dittatoriale? Quale sarebbe la capitale di questo stato? E’ in quella ipotetica capitale c’è la sede del governo con la sua organizzazione amministrativa? ecc,ecc?
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Dal canale WhatsApp di Giuseppe Conte:
“Diamo atto a Giorgia Meloni di un raro gesto di coerenza: si è tolta la maschera e ha detto senza mezzi termini che i palestinesi ad oggi non hanno diritto al riconoscimento di un proprio Stato. Dopo i balbettii in sede ONU e mentre continua il suo complice silenzio sul massacro genocida di Netanyahu, la premier spiega alla stampa – ma senza mettere la faccia davanti le telecamere – che il riconoscimento di uno Stato di Palestina sarebbe oggi ‘controproducente’ che ‘non è il momento’.
E quale scusa accampa per giustificare questa miserevole tesi? L’assenza di uno Stato, di un territorio in cui i palestinesi siano sovrani artefici della propria esistenza.
Una scusa vile, che ignora il sistematico piano di sterminio e deportazione con cui il Governo israeliano sabota soluzioni che muovono verso il principio del due popoli due Stati.
La giustificazione codarda di chi chiude gli occhi davanti alle violente espansioni dei coloni ebrei in Cisgiordania a danno dei villaggi palestinesi, patrocinate dall’esercito israeliano nel silenzio della comunità internazionale. Un atto di sudditanza – l’ennesimo – verso il criminale di guerra Netanyahu.
Dopo 60mila morti – di cui 20mila bambini – il Governo Meloni continua a remare contro la pace in Medio Oriente e contro i diritti del popolo palestinese. Continua a giustificare il genocidio e lo fa dopo una manciata di ore dalle parole del ministro israeliano Amihai Ben-Eliyahu: “Tutta Gaza sarà ebraica… il governo sta spingendo affinché Gaza venga cancellata”.
Giorgia qui siamo ben oltre la politica. Qui è in gioco quel minimo senso di umanità che tutti noi dobbiamo conservare a prescindere dai colori politici.
Qui si impone un supremo imperativo morale: compiere ogni azione possibile per contribuire a fermare questo genocidio!”
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Mah, non mi sembra che sia stato tanto chiaro, direi un po’ ambiguo, democristiano e cerchiobottista…
(ovviamente è ironico)
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Qualcuno degli entusiasti sostenitori della salomonica soluzione denominata “due popoli due stati” si è mai preso la briga di domandare al popolo palestinese che cosa ne pensa?
La risposta potrebbe non essere così scontata.
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è probabile visto che quella terra la abitano da 2000 anni e si chiama Palestina non Israele ,magari è tutta loro ?
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