
(Stefano Feltri – appunti.substack.com) – Gli avvisi di garanzia, i rinvii a giudizio, perfino le condanne sono variabili che devono contribuire a formare una valutazione politica. Non automatismi, a meno che l’automatismo non abbia conseguenze politiche per legge, come nel caso della legge Severino che portò alla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi dopo la condanna definitiva per frode fiscale e che prevede l’incandidabilità nel caso di alcune condanne.
Il garantismo, va sempre ribadito, riguarda l’aspetto penale: chi è sotto accusa si deve poter difendere forte di una presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Ma riguarda il processo, i diritti dell’accusato, il momento in cui scatta la pena.
Il garantismo applicato alla politica è spesso rivendicazione di omertà e impunità.
Non è solo legittimo, ma è doveroso formarsi ed esprimere un’opinione sui politici indagati ben prima delle sentenze definitive.
Insomma, sui casi del sindaco di Milano Beppe Sala, dell’europarlamentare e candidato presidente delle Marche Matteo Ricci abbiamo il dovere – come giornalisti, cittadini, elettori – di farci la nostra idea senza delegare la nostra autonomia di giudizio ai magistrati.
Quello che molte lettrici e lettori di Appunti in rivolta per i miei pezzi sul caso Sala forse non hanno chiaro è che la prova – necessaria per condannare – si forma nel dibattimento, cioè nel processo, ma le informazioni che sono utili a farsi un’opinione e una valutazione politica emergono già in fase di indagini.
D’altra parte, che utilità avrebbe formarsi una opinione sul sindaco Sala e i grattacieli di Milano fra tre o cinque anni, quando il mandato di Sala sarà finito e probabilmente nessuno dei protagonisti di oggi sarà ancora nelle stesse posizioni?
Queste premesse per dire che noi, di Sala e Ricci,i possiamo e dobbiamo parlare ora.
Tre vicende diverse, in fasi diverse dell’iter giudiziario, che ci aiutano a mettere a fuoco il rapporto tra giustizia, informazione e politica. E rendono evidente qual è l’approccio di Elly Schlein, segretaria del Pd: astenersi da ogni valutazione di merito, valutare soltanto le conseguenze tattiche del posizionamento del partito. Quindi Sala deve restare al suo posto perché oggi non c’è un altro candidato forte di centrosinistra per Milano, a prescindere da quello che ha fatto in questi anni.
Un cinismo, quello di Elly Schlein, che rende il Pd colluso con le pratiche peggiori dei suoi esponenti e amministratori. Politicamente colluso, non sul piano penale dove le responsabilità restano individuali. Ma le responsabilità politiche sono collettive, e credo che Schlein dovrà affrontare le sue quando alle prossime elezioni continuerà a proclamare vaghi slogan di cambiamento e integrità.
Il caso Ricci
Prendiamo il caso di Matteo Ricci. Non ho letto le carte, ma questa è una vicenda che nasce dalle inchieste del Resto del Carlino, quindi prima viene il giornalismo e poi la giustizia (applausi ai giornalisti locali).
Nel luglio 2024, quindi molto prima della scelta di Ricci di candidarsi a presidente delle Marche per le elezioni di fine settembre 2025, Il Resto del Carlino segnala alcuni punti opachi dell’amministrazione di Pesaro, dove Ricci è stato prima presidente della provincia e poi a lungo sindaco:
Un sistema che affidava incarichi pubblici di ogni genere, dal verde urbano per giustificare il ‘Cascone’ dedicato a Valentino Rossi, alla realizzazione di eventi culturali, passando per murales e performance artistiche, sempre agli stessi soggetti, senza che queste realtà avessero requisiti minimi come dipendenti, Durc o iscrizioni Inps/Inail.
Le determine di spesa? Spesso di fantasia, con motivazioni inventate, come quando un murales su Liliana Segre fu contabilizzato come “manutenzione idrica”.
Il Carlino racconta che ci sono anche molte altre vicende: due associazioni culturali no profit – Opera Maestra e Stella Polare – che in due anni hanno incassato quasi 600.000 euro:
Sono gestite da Stefano Esposto e nel tempo si sono trasformate in un collettore privilegiato per lavori pubblici di ogni genere: dalla manutenzione del verde ai progetti artistici, passando per eventi e iniziative culturali.
Il tutto grazie a una pioggia di affidamenti diretti, e con modalità che oggi la Procura definisce sospette.
Le associazioni avevano rapporti con funzionari del Comune, come Massimiliano Santini, ex incaricato dell’organizzazione nella giunta di Ricci. Scrive il Carlino:
Emblematico l’episodio del marchio “Il Palio dei Bracieri” (che ora ha cambiato nome in Palio di Pesaro), registrato a nome dello stesso Santini nel settembre 2022, e per il cui utilizzo Opera Maestra gli ha versato 45mila euro nel 2023.
Proprio quell’anno il Comune aveva stanziato 50mila euro all’associazione per realizzare l’evento: il 90 per cento del contributo è tornato al titolare del marchio. Una triangolazione che, secondo gli investigatori, non è un caso isolato.
L’inchiesta è per corruzione, Ricci avrebbe ottenuto – da questo sistema di affidamenti diretti e progetti un po’ disinvolti – un beneficio politico, non economico. Ci sono i reati contestati dalla Procura? Boh. Su questo certo che bisogna essere garantisti.
E sul piano politico? Ricci nel suo video sui social ostenta sicurezza e dice due cose: non conoscevo quelle associazioni e se c’è un funzionario che si comporta male in Comune, il sindaco è parte lesa, non complice.
E’ una difesa politicamente convincente?
Ricci ha avuto un anno dalle inchieste del Resto del Carlino, non è uno scandalo a orologeria. Immagino avrà modo di discolparsi davanti ai pm.
Sul piano politico non è una vicenda comparabile a quella di Sala, cioè non stiamo parlando delle misure caratterizzanti del suo intero mandato, non sono scelte epocali che hanno ridisegnato Pesaro.
Però, in generale, non è mai una argomentazione efficace per un politico in posizione di responsabilità sostenere di non sapere cosa gli succedeva sotto il naso, non avere idea di come vengono realizzate iniziative di cui poi si intesta i meriti (rivendica i successi delle iniziative organizzate dalle associazioni al centro dell’indagine) e sostenere che ha sbagliato a fidarsi dei sottoposti.
Gli elettori potrebbero legittimamente chiedergli, a prescindere dall’esito dell’inchiesta giudiziaria, ma se sei così inconsapevole, perché dovremmo darti ancora più potere e budget come presidente delle Marche?
Ricci avrebbe tutto da guadagnare a una difesa anche nel merito. Difesa politica, pubblica, non soltanto giudiziaria.
Si immagina che in un anno, da quando sono usciti gli articoli sul Resto del Carlino, abbia avuto modo di farsi un’idea molto precisa degli episodi contestati e abbia ricostruito i vari passaggi anche amministrativi delle vicende.
Detto questo, la vicenda Ricci è drasticamente diversa dal caso di Giuseppe Sala a Milano.
L’inchiesta della Procura di Milano sui grattacieli costruiti in violazione delle leggi urbanistiche, con semplici comunicazioni, è un’inchiesta sul cuore dell’amministrazione Sala.
Non si tratta di qualche episodio dubbio, qualche affidamento discutibile, come nel caso di Pesaro, ma di operazioni da milioni di euro, che hanno ridisegnato l’intera immagine e struttura sociale della città di Milano.
Sono due ordini di grandezza diversi – Milano e Pesaro, Sala e Ricci – ma anche due tipi di responsabilità (politiche) differenti.
Prendo la sintesi del problema milanese che fa la Procura di Milano su quello che è successo a Milano con la giunta Sala:
attribuzione – deliberatamente contra legem – di poteri valutativi discrezionali alla Commissione del paesaggio (organo consultivo nominato dal Sindaco di Milano e composto da professionisti privati), alla quale è stato concesso il potere di derogare alle norme del PGT;
utilizzo di dispositivi procedurali gravemente arbitrari e in violazione della normativa primaria e secondaria da parte di funzionari e dirigenti pubblici (utilizzo della SCIA in luogo dei permessi di costruire, qualificazione degli interventi quali “ristrutturazione edilizia” in luogo di “nuova costruzione”);
sottostima delle opere edilizie, quantificando gli oneri di costruzione (da corrispondere al Comune da parte del costruttore) per importi notevolmente inferiori a quelli dovuti;
usurpazione dei poteri del Consiglio e della Giunta comunale, consentendo agli organi amministrativi di stipulare “convenzioni urbanistiche” in deroga alle norme del PGT;
falsa rappresentazione dei luoghi e violazione delle disposizioni urbanistiche (superamento delle altezze consentite, aggiramento delle norme sui cortili, ampliamento delle cubature e delle superfici edificabili, ecc);
promozione di iniziative legislative finalizzate a “neutralizzare” le indagini avviate dalla Procura di Milano, mediante l’approvazione del disegno di legge denominato Salva Milano.
Io non so se questi siano reati. So però che sono fatti, che abbiamo conosciuto nei loro dettagli grazie all’inchiesta giudiziaria, ma non soltanto da quella fonte.
Molto era già evidente, e documentato da inchieste giornalistiche come quelle di Gianni Barbacetto (vedi il suo libro Contro Milano per Paper First), che infatti la Giunta di Milano ha cercato di silenziare con una querela ad personam nel giugno 2024.
La colpa di Barbacetto era quella di essersi chiesto, su Facebook, se non erano per caso girate anche mazzette.
Ora sappiamo che c’erano anche quelle.
Dicevo: a Milano conosciamo i fatti. Sappiamo cioè che Beppe Sala ha fondato lo sviluppo della città sui grandi progetti immobiliari, che erano anche il fine ultimo di Expo2015, e che per accelerare l’iter di approvazione ha delegato le valutazioni a una commissione indipendente, la commissione Paesaggio, composta non da funzionari pubblici ma da professionisti del settore.
Sappiamo che questa commissione approvava progetti in violazione della legge, soltanto con una comunicazione di inizio lavori (SCIA) e in deroga al piano urbanistico (PGT) che prevede che la città abbia qualche beneficio dalle nuove costruzioni.
Sappiamo che Sala si è fatto portavoce della necessità di rendere legale quello che non lo era, con la legge Salva Milano che – è giusto ricordare – i referenti del sistema immobiliare hanno fatto entrare in Parlamento grazie al centrodestra, con Maurizio Lupi (Noi Moderati) e con il futuro ministro Tommaso Foti (Fratelli d’Italia).
Lupi è il potenziale candidato del centrodestra per prendere il posto di Sala e quindi era il referente ideale per dare continuità alla speculazione immobiliare.
Tutto questo lo sapevamo anche prima delle inchieste della Procura, che hanno aggiunto alcuni dettagli importanti: in particolare il fatto che i progettisti nella commissione Paesaggio fossero in conflitto di interessi, cioè a libro paga dei costruttori di cui dovevano approvare i progetti.
Prendiamo il caso dell’architetto Alessandro Scandurra e leggiamo sempre dalle carte della Procura:
Scandurra, nella qualità di componente della Commissione per il paesaggio – e quindi di pubblico ufficiale – e Manfredi Catella, CEO della società Coima, stringevano un accordo di corruzione, in base al quale Coima affidava a Scandurra incarichi remunerati di progettazione, tutti soggetti alle valutazioni della Commissione per il paesaggio, e Scandurra piegava l’esercizio della sua funzione valutativa in seno alla Commissione, in favore degli interventi di interesse di Coima e suoi personali.
L’utilità per Scandurra consisteva nell’assegnazione di detti incarichi da parte di Coima e nelle relative remunerazioni, per Catella nel contributo assicurato da Scandurra al conseguimento dell’approvazione dei progetti della sua società.
Scandurra riceveva da Coima, in attuazione di tale accordo di corruzione, parcelle almeno per complessivi euro 138.873,19.
Tra l’altro, in attuazione del medesimo accordo di corruzione, in sede di Commissione per il paesaggio, Scandurra nella seduta del 7 marzo 2024 ometteva di astenersi, compiendo atti contrari ai doveri di ufficio, partecipava alla discussione, orientando la valutazione in favore del suddetto:
– Piano integrato d’intervento (P.I.I.) zona speciale Porta Romana – Accordo di programma scali ferroviari, proposto da Coima;
– Progetto P39 – Pirellino
Queste cose le apprendiamo dall’inchiesta.
Garantismo significa riconoscere che Scandurra e Catella sono innocenti rispetto a ogni accusa di corruzione fino al terzo grado di giudizio. Ma sul piano politico possiamo dire fin d’ora che è inaccettabile che un sindaco deleghi la politica urbanistica a una commissione di architetti che devono valutare i progetti per i quali hanno ricevuto incarichi remunerati dai costruttori che li sostengono.
Soprattutto se le loro valutazioni sembrano dipendere dal fatto di ricevere o non ricevere soldi dal gruppo oggetto della valutazione.
Qualcuno dice: la Procura di Milano vuole limitare lo spazio di azione della politica: come si governa la città lo decide il sindaco, non un pm. Vero, ma il sindaco può decidere come governare soltanto nel perimetro della legge.
E noi sappiamo – già ora – che Beppe Sala è uscito da quel perimetro: lo dimostra l’urgenza della legge Salva Milano, che è stata abbandonata (da Sala ma anche dal Pd) soltanto quando – grazie ai pm – si è scoperto che era stata scritta dai membri della commissione Paesaggio per conto degli immobiliaristi.
Il vaglio dei giudici
Sul piano strettamente penale, poi, è utile ricordare che giudici terzi continuano a validare le tesi della Procura. Non soltanto vengono approvate le misure cautelari, ma anche gli impianti accusatori vengono definiti degni di affrontare la prova del processo, con il rinvio a giudizio.
Il gip (giudice per le indagini preliminari) ha rinviato a giudizio i sei indagati per il processo per le Park Towers di Crescenzago.
Sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella spiega perché si tratta di un passaggio significativo:
L’importanza della decisione sta nel fatto che in questo fascicolo c’erano già quasi tutte le questioni che per i pm Petruzzella-Filippini-Clerici sono il presupposto anche delle contestazioni mosse proprio in questi giorni ad altri sei indagati per i quali invece la Procura sulla scorta delle indagini della Guardia di Finanza milanese sta chiedendo l’arresto (e il cui riverbero ha determinato l’iscrizione nel registro degli indagati anche del sindaco Beppe Sala), e per i quali proprio oggi si stanno svolgendo davanti al gip Mattia Fiorentini gli interrogatori preventivi introdotti dalla legge Nordio l’anno scorso: tra essi la nozione di ristrutturazione contrabbandata per i pm per autorizzare in realtà nuove costruzioni, il ricorso (per i pm illegittimo) a una «Scia – Segnalazione certificata di inizio attività» sostitutiva di un permesso di costruire, la lamentata assenza di piani attuativi e di valutazioni dell’aggravio di carico urbanistico (parchi, strade, fognature, acqua, luce, gas, asili), l’impropria monetizzazione degli standard.
Il Partito democratico di Elly Schlein si è schierato compatto con Beppe Sala a Milano e non ha mai messo in dubbio il diritto di Matteo Ricci a correre per la presidenza delle Marche alle elezioni di fine settembre.
Il Pd sa di non avere candidati alternativi, a Milano come nelle Marche.
Ma l’indifferenza verso le vicende oggetto delle inchieste – soprattutto a Milano – rischia di lasciarlo, oltre che senza candidati – anche senza elettori
toh! il Stefanino Feltrino scrive in modo diverso dai tempi del Bilderberg e della direzione del Domani, non deve leccare il PD a prescindere
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Con Questi Neanche un caffe. Chi sceglie di fare accordi elettorali con loro sostenendo i loro candidati comandati da lobbies e finanza tanto quanto quelli di destra merita l’estinzione politica
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Ma infatti lasciamoli governare e legiferare da soli, come meglio piace a loro, senza le rotture di scatole che hanno avuto in passato nel dover fare accordi (ABOMINIO!) nel Conte1 e 2, così gli facciamo un gran bel dispetto!
Ottima idea!
Complimenti!
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“Nel luglio 2024, quindi molto prima della scelta di Ricci di candidarsi a presidente delle Marche per le elezioni di fine settembre 2025, Il Resto del Carlino segnala alcuni punti opachi dell’amministrazione di Pesaro, dove Ricci è stato prima presidente della provincia e poi a lungo sindaco..”
Nel luglio 2025, cioè un anno dopo, a Ricci è arrivata una perentoria richiesta di chiarimenti da parte di Conte.
Mica male come tempistica. Però, per onestà, va detto che la candidatura di Ricci a presidente delle Marche risale a qualche mese fa, perciò certi punti opachi risalente al suo passato di sindaco potevano essere sfuggiti ai vertici del partito di Conte. È difficile essere informati proprio su tutto-tutto.
Ti presentano un candidato , ti fidi e lo appoggi convintamente.
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Dai Giansenio, lo hai scritto anche tu “per onestà”. Giuseppe Conte non c’entra nulla.
Avessero anche solo la metà dell’onestà, anche intellettuale, di Giuseppe Conte i loschi figuri piddini ( se ne salvano una decina in tutta Italia) avremmo già da tempo una convergenza tra i 2 Partiti/Movimenti quasi strutturale.
E invece il PD è l’altra faccia della stessa moneta falsa con da un lato tutto il centrodestra, FdI in primis.
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Ti dico sinceramente che quanto stanno scrivendo vari autori mi giunge nuovo: non sapevo che ci fossero attenzioni sull’operato di Ricci sindaco da almeno un anno, perlomeno inizialmente da parte della Stampa (R del carlino). Mi bastava il fatto che fosse €urodeputato per trovare il suo appoggio quantomeno inopportuno: chi prende voti e viene eletto ad una carica tradisce la fiducia degli elettori se si candida per altra poltrona durante il mandato in corso . Oltre a questo, viene a galla ciò che leggiamo.
E sono fatti abbastanza datati da supporre che fossero noti dove serve, nei luoghi decisionali.
È una semplice considerazione.
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Senza escludere anche lo scambio di sostegno con la regione Campania, viene comunque il sospetto che si preferisca non approfondire troppo per sperare di battere la destra in qualche regione e consolidare l’alleanza in vista delle politiche.
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Parafrasando tomasi di lampedusa possiamo dire che gli esponenti del Pd non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria.” noi aggiungiamo miseria morale e politica da avere come loro leader un opportunista il cuoi compromesso al ribasso e la sua filosofia di vita”francia o spagna purchè se magna
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L’aforisma “la politica è sangue e 💩” viene generalmente attribuita a Rino Formica, ex politico, oggi quasi centenario. Sinceramente trovo ci siano entrambe le materie prime: il sangue è il nostro, metaforicamente per le politiche interne e purtroppo reale per quelle internazionali, mentre la 💩 prolifera nei palazzi. Tra le tante notizie che leggo su diversi siti, ho sorriso (amaro) rispetto l’affermazione che sarebbe una “nuova Tangentopoli”… Nuova? Ah, non mi sono accorto fosse finita…. Cioè, davvero abbiamo avuto un periodo nel quale tutto ha funzionato, ergo tangenti, favoritismi, intrallazzi, “fritture di pesce”, erano magicamente scomparse? Risponderebbe volentieri l’ex senatore Razzi, “amico, questo io non creTo”.
La “ripresa” dopo Tangentopoli portò in politica un certo Silvio Berlusconi, ex datore di lavoro di un killer di mafia – “… e ho detto tutto”, Pappagone cit. – che, alternandosi con la sinistra, ha imperversato per 5 lustri. E, al concetto “alternandosi con la sinistra”, andrebbe aggiunto, “facendo PATTI” con essa; mai ostacolato o contrastato se non in sterili litigi televisivi, programmati “ad hoc” per il “dividi et impera” che tanto sembrerebbe piacere. Questa è la politica cui assisto da quasi 50 anni, con un breve quanto inutile piccolo chiarore, subito fagocitato da meccanismi ben oliati, così che i “nuovi” non potessero fare troppi danni. D’altra parte… “come può uno scoglio arginare il mare“, soprattutto quando si tratta di un mare di 💩? Auguri a tutti, a chi ci crede ancora e a chi, come il sottoscritto, legge il futuro non sui buoni propositi, bensì sul vissuto.
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Come lascia chiaramente intendere la Basile nell’articolo pubblicato oggi, il DENARO è ormai l’unica motivazione alla carriera politica. Dall’ultimo degli impiegati comunali al parlamentare che determina il destino dell’elettorato la sola ambizione confluisce nell’auspicio di ricevere una chiamata dal potente di turno che può cambiargli la vita.
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Sono d’accordo, però non è da oggi bensì da quando seguo la politica e, la storia insegna, anche prima. Pensa soltanto al Vajont, tragedia epocale presto dimenticata e per la quale, in pratica, non pagò nessuno.
Citazione: “Responsabilità: Il Ministero, che aveva il compito di vigilare sulla sicurezza delle opere idriche, fu accusato di aver sottovalutato i rischi e di aver concesso le autorizzazioni necessarie per la costruzione e il riempimento del bacino. L’inchiesta parlamentare evidenziò una serie di mancanze e ritardi nell’azione del Ministero, che non intervenne tempestivamente per fermare il riempimento del bacino, nonostante le segnalazioni di pericolo.” Risultato: quasi 2.000 vittime, con un intero paese cancellato dalla cartina geografica. Era il 1963.
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Bravo Feltri (figlio), ottima filippica per denunciare al popolo bue le magagne di questa decadente sinistra. Complimenti per essere riuscito a scansare i vari peccatucci di quella destra che fornisce a mani piene tanti bei suggerimenti per gli spettacoli di Crozza.
Hai perfettamente ragione, “Queste premesse per dire che noi, di Sala e Ricci, possiamo e dobbiamo parlare ora” ma, per favore, non ti fermare a Sala e Ricci, aggiungi qualche altro destrorso.
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Probabilmente ti confondi con Mattia Feltri, figlio di Vittorio.
Non ho particolari simpatie per SF (per un certo trascorso) ma l’ articolo lo trovo buono.
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X Gian
Ero convinto che Stefano Feltri fosse figlio del Feltri amatore di Berlusconi, mi sarò sbagliato.
In quanto all’articolo niente da dire a parte il solito spirito partigiano che ci fa sputare veleno sugli avversari e miele sugli amici.
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Parafrasando un noto avvocato napoletano che va forte negli shorts di YT . Il PD ? Chest’è…
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