Ora il testo deve tornare alla Camera per iniziare la seconda lettura in entrambe le camere. In primavera, secondo il Governo, si svolgerà il referendum costituzionale senza quorum. Il Pd: «I cittadini avranno una parola di buon senso e saggezza»

(Giulia Merlo – editorialedomani.it) – Alla fine è arrivato il sì definitivo al Senato della riforma costituzionale della giustizia che porta il nome del ministro Carlo Nordio. La legge costituzionale prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, la creazione di due Csm separati e di una Alta corte per il disciplinare e il sorteggio per individuarne i membri, sia laici che togati.
Ora il testo tornerà alla Camera per cominciare la seconda lettura, poi di nuovo al Senato. Infine, poché non è stato approvato a maggioranza di due terzi, dovrà svolgersi un referendum costituzionale confermativo – a primavera 2026 secondo gli auspici del governo – e senza quorum.
In aula per il voto definitivo si sono contrapposte maggioranza e opposizione.
Forza Italia ha parlato di atto simbolico: «A Berlusconi, alla sua azione e alla sua memoria vogliamo dedicare lo storico voto di oggi», ha detto il senatore Pierantonio Zanettin.
Alberto Balboni, di Fratelli d’Italia ha detto che «non vi può essere piena terzietà del giudice se giudici e pubblici ministeri continuano a condividere nello stesso organo di autogoverno reciprocamente gli uni nei confronti degli altri ogni decisione in ordine agli incarichi direttivi, all’avanzamento di carriera, all’assegnazione di sede, ai trasferimenti, ai procedimenti disciplinari».
Secondo la leghista Erika Stefani, «questa non è una riforma contro la magistratura, ma per la magistratura ed è una riforma per la giustizia» e «l’indipendenza della magistratura non è minimamente toccata da questa riforma».
Opposta la visione del centrosinistra. Un durissimo intervento è stato svolto da Roberto Scarpinato, ex magistrato e oggi senatore Cinque stelle, «andiamo alla sostanza politica. Siamo consapevoli che si tratta di un regolamento di conti della casta dei potenti contro la magistratura, che per essere attuato richiede necessariamente uno stravolgimento dell’assetto dell’ordinamento della magistratura previsto dalla Costituzione e un cambio di paradigma culturale».
Per il Partito democratico ha preso la parola Dario Franceschini, anche a dimostrazione del peso politico del voto. «Lanciate boomerang che tornano indietro: grandi proclami e risultati opposti», ha detto, spiegando che «siete una maggioranza numericamente forte, ma politicamente debole» perché il ministro non ha partecipato al dibattito d’aula, pur essendo presente alla votazione di oggi. Franceschini ha definito «ossessione» quella di «indebolire i pm, la magistratura», ma «l’ultima parola la diranno il prossimo anno gli italiani».
Un plauso a Scarpinato…👏👏👏👏👏👏👏👏👏
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Saranno separate le carriere. Ma quando sarà separato Nordio dal bicchiere?
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E soprattutto dal Ministero della Giustizia.
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Questa riforma della giustizia con la g minuscola , persegue un altro fine: sottoporre il pm al controllo del governo; demandare al Parlamento la definizione dei reati che dovranno essere perseguiti dalle procure in via prioritaria; ergo, il superamento de facto dell’obbligatorietà dell’azione penale. La riforma agognata da Berlusconi che, incidentalmente, coincideva con quella sognata dal piduista Licio Gelli. Quando si dice il caso.
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legittimamente eletti dalla maggioranza degli elettori italioti che probabilmente condividono gli stessi valori del ministro.Chi si somiglia di piglia.E’ il popolo che deve cambiare non chi li rappresenta perché quest’ ultimi sono lo specchio della nazione che vota🤔
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