(Dott. Paolo Caruso) – A trentatré anni da quel 19 luglio 1992 giorno della strage di via D’ Amelio nulla di nuovo è emerso da quel pozzo nero che racchiude i tanti misteri che hanno attraversato gli anni più tristi della Storia repubblicana italiana. Una storia di depistaggi che ha lasciato solo sconforto e una lunga scia di polemiche. Una vergogna per l’ intera Nazione, un’accusa infamante per lo Stato che dopo trentatré anni non è riuscito forse volutamente a diradare le tante ombre e i tanti interrogativi  che avvolgono la strage di via D’ Amelio. Un fallimento per le Istituzioni incapaci ancora oggi di dare un volto, un nome ai responsabili, e di mettere in luce i rapporti tra mafia politica e massoneria, le contiguità, le ambiguità degli apparati, e di percorrere fino in fondo la pista che porta all’estremismo nero. Una verità che tarda a venire e che risulta particolarmente scomoda per molti uomini delle Istituzioni. Non è di sicuro il Totem della Meloni, ovvero la borsa bruciacchiata di Paolo Borsellino esposta a Montecitorio, a dare una svolta politica anche in chiave parlamentare antimafia con la tanto chiacchierata Presidente Chiara Colosimo. Una destra che a prescindere da quello che ci vuol far credere la Giorgia Nazionale infatti continua a intrattenere rapporti con personaggi facenti capo a quell’area opaca del Paese. Sono trascorsi tanti anni ma ancora  è vivo tra la gente il ricordo di quell’ efferato attentato in cui perirono per mano mafiosa e per opera dei servizi deviati dello stato il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. L’esplosione di una automobile carica di tritolo dinanzi l’abitazione della madre del magistrato squarciò il silenzio di un caldo pomeriggio d’estate e fece ripiombare Palermo due mesi dopo la strage di Capaci nella Beirut degli anni ’80. Purtroppo, dopo ripetuti processi che hanno solo lambito le cosche mafiose,  la “normalizzazione” già avviata dalla schiforma Cartabia ha trovato seguito nell’operare dell’attuale Ministro della giustizia Nordio, il quale dopo l’abolizione del reato di Abuso d’Ufficio e del reato di Traffico di Influenze, cerca di “rimodulare” il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, e di limitare l’ uso delle intercettazioni, strumenti fondamentali soprattutto per le indagini di mafia e corruzione, voluti fermamente da Falcone e Borsellino. E’ così che la “Ducetta della Garbatella”, colpita allora emotivamente dalle stragi, ma oggi in totale contrasto al suo iniziale programma politico, crea con scelte sconsiderate i presupposti per ostacolare sempre più la Magistratura. Palermo ricorderà con diverse cerimonie il Magistrato Borsellino, alle quali però non parteciperanno gli esponenti del partito della Meloni, una Meloni che ha abdicato da tempo a quei valori cui la destra sociale si ispirava, una destra illuminata, in cui l’Uomo Borsellino, integerrimo servitore dello Stato, si ritrovava. Il pensiero espresso in più occasioni da Paolo Borsellino per cui ” I partiti non devono soltanto essere onesti ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati” viene oggi dileggiato dai fatti, e di sicuro non trova seguito nei comportamenti dei partiti di governo (caso Santanchè, vicenda Delmastro ecc.). L’imbarazzo poi per le vicende giudiziarie più recenti che investono esponenti di primo piano della galassia Meloniana alla Regione Sicilia, quali il Presidente dell’ Ars, Gaetano Galvagno, e l’Assessore al turismo, Elvira Amata, accusati entrambi di corruzione e peculato, ha fatto desistere la Meloni e la Colosimo di recarsi a Palermo trasferendo a Roma  la conferenza già programmata nel giorno del tragico anniversario. Una Meloni in piena contraddizione tra l’ eredità morale di Paolo Borsellino e le politiche della sua Destra di governo che premiano i malfattori con l’ impunità e tendono a mortificare l’ indipendenza della magistratura limitandone l’azione, che imbavagliano l’informazione  e criminalizzano il dissenso. Un certo tipo di cultura che ricorda il “ventennio”. Tele Meloni inonderà gli schermi televisivi con l’enfasi che la caratterizza, rimarcando i passi avanti fatti dal suo governo nella lotta alla mafia, tralasciando le negatività rappresentate dalla riforma Nordio. Ancora una volta nulla di nuovo sotto il sole rovente di questa estate palermitana. A trentatré anni dalla strage però i cittadini, poco proclivi ai rituali del momento e più realisti del “Re”, si chiederanno quanta ipocrisia attraversi la Politica e le stesse Istituzioni, e a cosa sia servito il prezzo pagato da questo Eroe dei nostri tempi.