Almasri, la mail subito dopo il fermo che inchioda lo staff di Nordio. Agli atti dell’indagine sulla liberazione del libico la nota interna di Birritteri a Bartolozzi la sera stessa dell’arresto. Nessuno rispose

Il generale libico Njeem Osama Almasri Habish atterra a Tripoli il 21 gennaio 2025

(di Giuliano Foschini – repubblica.it) – «Potrebbe emergere la necessità di un approfondimento urgente». È domenica 19 gennaio. Primo pomeriggio. Quando il gabinetto del ministero della Giustizia viene informato ufficialmente dai suoi uffici dall’arresto a Torino del trafficante libico, il generale Almasri. E messo a conoscenza che bisognava fare in fretta, se non si voleva scarcerarlo. Ciò nonostante, si decise invece di non muovere un dito. Anzi, di non «comunicare» nulla ufficialmente. Nonostante non fossero stati nemmeno visti gli atti. E, dunque, non si aveva né contezza degli «errori del provvedimento della Cpi», evocati poi dal ministro Carlo Nordio in Parlamento, né tantomeno della richiesta di estradizione libica di cui ha parlato poi il governo per giustificare la scarcerazione di Almasri.

Il dato emerge dalla mail che l’allora capo del Dipartimento degli affari di giustizia, Luigi Birritteri, magistrato di grande esperienza che nei mesi scorsi ha deciso di fare un passo indietro presentando le sue dimissioni, ha inviato poco prima delle 15 di quel 19 gennaio alla capa di gabinetto, Giusi Bartolozzi. È la mail a cui la Bartolozzi ha risposto sostenendo di essere messa già a conoscenza di tutto. E chiedendo «massima riservatezza», suggerendo anche di comunicare via Signal per questioni di sicurezza.

Nei giorni scorsi questa mail di Birritteri è stata pubblicata da Il Dubbio e poi rilanciata da pezzi di centrodestra per sostenere la bontà del comportamento di Nordio. Perché? Perché è stata resa nota soltanto la prima parte. È «l’atto che smonterebbe le ricostruzioni dei giornali», per usare le parole del ministro Nordio. Nella prima parte della mail si legge: «Concordo su una prima valutazione (fatti salvi i dovuti approfondimenti) inerente l’irritualità della procedura che non vede coinvolto il ministero della giustizia come autorità centrale competente. Domani faremo le nostre valutazioni sulla base della documentazione trasmessa», scrive Birritteri, confermando quindi che gli atti arriveranno soltanto il 20, come aveva sostenuto Nordio. Il punto, però, è che nella stessa mail il dirigente informa la capa di gabinetto che non c’è tempo da perdere. Scrive infatti che c’è da valutare la «adozione di provvedimenti urgenti nella specifica materia», ricordando come lo stesso sia accaduto per gli arresti chiesti dalla Cpi dove c’era stato un problema di comunicazione tra ministero e Corte d’appello. «La questione — scrive Birritteri — manifesta inoltre una possibile valenza politica di non trascurabile entità», trattandosi «dello scenario nord Africano ed anche sotto questo aspetto l’ho segnalata all’attenzione del capo Gab. Sentiamoci ove dovessero emergere ulteriori elementi ovvero una qualche necessità urgente in modo da avvisare ministro e ogni doveroso supporto tecnico».

A questa mail la Bartolozzi risponderà spiegando che era «stata già informato di tutto». Da chi, e come, non è chiaro. Certo è che da quel momento in poi il ministero è di fatto paralizzato. E questo nonostante dalla Corte d’appello i magistrati continuassero a chiamare, spiegando che senza un’interlocuzione con il ministero avrebbero dovuto scarcerare il libico. Non a caso gli uffici avevano preparato poi una bozza del provvedimento di arresto, che avrebbe sanato la questione. E impedito la scarcerazione di Almasri. Bozza, però, rimasta lettera morta.

«Il ministero della Giustizia avrebbe potuto (e dovuto) sanare tali vizi trasmettendo la documentazione richiesta al procuratore generale», scrive non a caso la Cpi. È quell’«approfondimento urgente» che gli uffici avevano chiesto subito. Senza essere ascoltati.