La lettera. Senza accordi, da agosto la tariffa triplica: un disastro per auto, alimentare e farmaceutica. Bruxelles spera nell’intesa

(di N. B. – ilfattoquotidiano.it) – Altro che mediazione, altro che trattativa passata da “molto dura” a “molto gentile”, altro che dazi “reciproci” al 10%. Alla fine ieri Donald Trump ha inviato la sua “letterina” sui dazi alla Commissione Ue, minacciando di portare al 30% da agosto le tariffe orizzontali su tutto l’export europeo negli States. Il presidente Usa avvisa che eventuali ritorsioni comporteranno aumenti statunitensi nella stessa percentuale. L’unico spiraglio lasciato a Ursula von der Leyen sta nel passaggio in cui Washington si dichiara disposta a trattare se gli europei “desiderano aprire i mercati commerciali, finora chiusi, agli Stati Uniti ed eliminare le politiche tariffarie e non tariffarie e le barriere commerciali”.

Una doccia fredda, visti tutti i tentativi di appeasement messi sinora in campo da Bruxelles. A partire dalla retromarcia Ue sulla global minimun tax, dalla cautela con la quale si sono svolti i colloqui dei giorni scorsi a Washington, soprattutto dalle divisioni interne alla Ue che stanno condizionando la risposta europea. Da un lato c’è la Germania, con il governo Merz che per proteggere l’auto insiste a chiedere “una trattativa pragmatica”. Dall’altro Parigi, dove Macron parla di “disapprovazione molto forte” ed esorta Bruxelles a reagire con decisione: “Nel quadro dell’unità europea, spetta più che mai alla Commissione affermare la determinazione dell’Unione a difendere risolutamente gli interessi europei”. In mezzo c’è la presidente della Commissione: Von der Leyen si dice “pronta a continuare a lavorare per un accordo entro il primo agosto” ma avvisa che l’Ue adotterà “tutte le misure” per salvaguardare i propri interessi, “inclusa l’adozione di contromisure proporzionate, se necessario”. Fonti Ue ritengono però che quella del tycoon sia solo tattica negoziale.

La bomba di Trump cade su rapporti commerciali fondamentali per entrambe le sponde dell’Atlantico. Nel 2024 gli Usa hanno importato dalla Ue beni per 605,8 miliardi di dollari e ne hanno esportati 370,2 miliardi verso la Ue, con un deficit commerciale di 235,6 miliardi. Ma se si aggiungono gli scambi di servizi, nel 2024 la Ue ha registrato un surplus commerciale con gli Usa di appena 50 miliardi di euro, meno del 3% del commercio reciproco, perché sul fronte dei servizi, specie digitali, l’Unione ha avuto un deficit di 148 miliardi verso gli States. Per Trump, però, quei 50 miliardi sono “una grave minaccia per la nostra economia e, di fatto, per la nostra sicurezza nazionale”. Intanto però Washington comincia a guadagnare dalla tattica di Trump. A giugno la riscossione delle tariffe doganali Usa ha superato per la prima volta in un esercizio i 100 miliardi di dollari, generando nel mese un sorprendente surplus di bilancio di 27 miliardi. I dazi doganali sono diventati la quarta maggiore entrata per il governo federale: in meno di quattro mesi la loro quota sul totale degli incassi è più che raddoppiata dal 2% al 5% circa.

Ad aprile Trump aveva imposto una tariffa “reciproca” del 20%, per poi ridurla al 10% fino al 9 luglio per consentire i colloqui con la Ue, minacciando però di alzare la tariffa al 17% sull’agroalimentare. Bruxelles aveva risposto di essere disposta a un accordo con gli Usa su un “dazio universale” del 10% su parte del suo export, a condizione di esenzioni e aliquote inferiori su settori chiave come prodotti farmaceutici, alcolici, semiconduttori e aerei, per ridurre i dazi del 25% su auto e componentistica e del 50% su acciaio e alluminio.

A soffrire di più nella Ue per i dazi Usa saranno Germania e Italia. Nel 2024 le vendite di beni italiani negli Usa sono state di circa 65 miliardi, il 10,4% dell’export totale, a fronte di un import per quasi 26 miliardi che ha portato il saldo a 39, la quota fondamentale dei 54 miliardi di surplus globale. Quando ancora si parlava di dazi al 10%, Confindustria stimava che l’effetto combinato con la svalutazione del dollaro farebbe rincarare del 23% i prezzi dei prodotti italiani negli Usa, con una perdita di 20 miliardi di export e 118 mila posti di lavoro entro il 2026. Se i dazi al 30% si concretizzassero, secondo l’Ispi il Pil italiano perderebbe lo 0,4%, quello tedesco lo 0,6. Un disastro, considerato che l’industria italiana si contrae da oltre due anni.
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