Dura informativa di Via della Scrofa sul caso del Massimario della Cassazione. Così la premier usa il partito per tenere alto lo scontro in vista del voto decisivo sulla riforma Nordio

(Simone Canettieri – ilfoglio.it) – Ciò che i ministri non dovrebbero dire, lo dice, anzi lo scrive, l’informativa di Fratelli d’Italia sulla polemica che da giorni tiene banco dopo le stoccate dell’ufficio Massimario della Cassazione. Il centro studi del Senato del partito di Meloni, laboratorio e pensatoio gestito e diretto dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, ci va giù pesante. Il documento – “a studio interno, non adatto alla diffusione” – con una serie di critiche puntuali che vanno oltre il merito sembra aprire la campagna referendaria del settembre 2026. Quando gli italiani saranno chiamati a confermare la riforma del ministro Carlo Nordio sulla separazione delle carriere dei magistrati. La premier è convinta di vincere questa sfida. Nella sua testa servirà anche come lunga rincorsa verso le politiche dell’anno dopo, quelle del 2027.
L’ufficio del Massimario per Palazzo Chigi è “un centro studi”. Per il dossier di Fratelli d’Italia, visionato dal Foglio, “non ha alcun compito giurisdizionale”. O meglio: “Sostenere che il contenuto di una qualsivoglia relazione dell’ufficio del Massimario, sia un pronunciamento della Cassazione, cioè una sentenza della Cassazione, è radicalmente sbagliato”.
Come si sa nei giorni scorsi l’ufficio in questione è stato molto critico con due provvedimenti del governo, difesi a spada tratta dall’esecutivo e combattuti dalle opposizioni: il decreto Sicurezza e le iniziative sul centro per i migranti in Albania. Entrambi carburante del racconto governativo da mesi.
Ecco, le critiche non sono andate giù al partito di Meloni. La quale, come raccontato anche da questo giornale, avrebbe preferito per una logica politica che si esponessero i partiti di maggioranza, ma non i ministri, per evitare di rompere l’equilibrio con il Quirinale. Sicché “quelle del Massimario sono relazioni tecniche che possono essere perfettamente disattese in sede di giudizio secondo l’interpretazione che il singolo giudice può dare del caso chiamato a decidere”. Secondo il documento, che contiene in allegato anche una poderosa rassegna stampa, “le relazioni, infatti, tradiscono un’impostazione ideologica che ha poco a che fare con le considerazioni tecniche e giuridiche demandate all’ufficio del Massimario”.
Si aggiunge, nella bibbia destinata ai parlamentari di FdI pronta a essere letta e ripetuta nei tg e nei talk, “che anche la divulgazione delle relazioni in oggetto lascia spazio a perplessità, ci si chiede legittimamente il motivo per cui solo oggi e solo su temi così polarizzanti, sia stata data ampia diffusione a contenuti che sono sempre rimasti appannaggio solo degli addetti ai lavori”. In questo caso la risposta è semplice: perché tutte le relazioni, una volta redatte dall’ufficio finito nel mirino, vengono pubblicate sul sito della Cassazione. Ma questi sono dettagli, forse. Si legge ancora nell’informativa: “Come è noto, la Costituzione riserva ai magistrati la funzione giurisdizionale, cioè quella di decidere le cause e i processi, e stabilisce che sono soggetti soltanto alla legge. In ogni caso, si ribadisce che con le suddette relazioni non si è dinanzi a una pronuncia della Suprema Corte e tanto meno dinanzi ad una sentenza della Corte Costituzionale, ultimo organo giurisdizionale insostituibile chiamato a decidere della costituzionalità o meno di una norma”. Sul finale del dossier c’è il senso di una battaglia che inizia a gonfiarsi in attesa che arrivi l’ultimo sì degli italiani all’appuntamento referendario: “Il lavoro che questo governo sta portando avanti nell’interesse degli italiani non si fermerà di fronte alle posizioni di singoli giudici, animati evidentemente da intenti politici”. Il tutto avviene mentre la riforma Nordio si trova in Senato per il secondo sì, dopo quello ottenuto alla Camera. Nella testa della premier, la separazione delle carriere dovrà essere approvata in seconda lettura in maniera più che rapida. Al contrario del premierato, per il quale il referendum vedrà la luce, salvo sorprese, nella prossima legislatura. Ecco perché la pronuncia del Massimario va cavalcata dentro Fratelli d’Italia per mettere in guardia tutti sulla politicizzazione di “certi magistrati”. Argomenti che torneranno utili quando gli italiani andranno alle urne. E Meloni non potrà sbagliare: sì o no, dentro o fuori.
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TIMOSTENE
Per tutti quelli che continuano a ripetere che le norme del governo Meloni non presentano profili di incostituzionalità, ho predisposto questo breve promemoria. È probabile che qualcosa mi sfugga, ma quanto segue è già sufficiente a inquadrare il problema.
Il cosiddetto decreto Sicurezza è stato oggetto di un parere durissimo da parte della Corte di Cassazione, che ha evidenziato rischi di incostituzionalità sia sotto il profilo formale (conversione in decreto-legge in assenza di reale urgenza) sia sul piano sostanziale. Il parere, pur non vincolante, contesta oltre 30 disposizioni, tra cui quelle su cortei e manifestazioni, reati d’opinione, sistema carcerario, madri detenute, misure antimafia e prevenzione penale. La portata delle osservazioni rende concreta la possibilità che la Corte Costituzionale venga investita della questione.
La legge sull’autonomia differenziata, bandiera politica della Lega sostenuta dall’intera maggioranza, ha subito una prima bocciatura parziale dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali alcune norme fondamentali. In particolare, è stata censurata la parte che affida al governo la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) senza criteri direttivi adeguati, così come la possibilità di modificarli tramite decreti del Presidente del Consiglio. Pur non annullando l’intero impianto normativo, la sentenza ne ha minato la coerenza costituzionale.
Il decreto sul trasferimento dei migranti verso Paesi terzi “sicuri” (modello Albania) è stato sottoposto a un lungo scrutinio da parte del Presidente della Repubblica, che ha richiesto modifiche sostanziali per conformarlo al diritto dell’Unione Europea e alla tutela giurisdizionale interna. Solo dopo l’introduzione del diritto al ricorso dinanzi alla Corte d’Appello e l’adeguamento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, il testo è stato firmato. La firma, dunque, è giunta solo a seguito di una riscrittura obbligata per evitare profili di incostituzionalità.
Il decreto Caivano (DL 123/2023), nato sull’onda dell’emotività mediatica, ha introdotto misure fortemente repressive nei confronti dei minori, abbassando l’età della responsabilità penale e comprimendo la funzione rieducativa della pena. Il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Associazione Nazionale Magistrati e numerosi giuristi hanno sollevato dubbi sulla compatibilità di queste norme con l’articolo 27 della Costituzione. Anche in questo caso, l’urgenza dichiarata per giustificare il decreto appare strumentale.
Il decreto ONG (DL 1/2023), che impone alle navi umanitarie rigidi vincoli operativi, è stato criticato per la sua possibile incompatibilità con l’articolo 2 della Costituzione e con le convenzioni internazionali sul salvataggio in mare. Alcuni tribunali amministrativi regionali, come quello di Catania, hanno già sospeso l’applicazione di singole misure, riconoscendo la fondatezza di profili di illegittimità.
Il decreto Cutro (DL 20/2023 convertito nella legge 50/2023), varato dopo la strage di migranti, ha abolito la protezione speciale per i richiedenti asilo. Numerosi costituzionalisti hanno evidenziato come queste modifiche possano violare gli articoli 2 e 10 della Costituzione, oltre che principi fondamentali del diritto internazionale. Anche Cassazione e Consiglio di Stato hanno segnalato criticità rilevanti.
Il decreto natalità (DL 39/2024), che vincola il contributo per le nascite alla cittadinanza italiana dei genitori, è stato oggetto di rilievi da parte dell’INPS e di esperti di diritto antidiscriminatorio. Il provvedimento rischia infatti di violare l’articolo 3 della Costituzione, introducendo una discriminazione etnica indiretta nei confronti dei figli di stranieri residenti regolarmente.
Infine, alcune recenti tecniche legislative di blindatura dei testi di legge, che limitano l’accesso dei cittadini alla Corte Costituzionale, stanno suscitando allarme tra i giuristi: si tratta di un fenomeno tecnicamente complesso ma politicamente pericoloso, perché riduce lo spazio del controllo di costituzionalità e altera l’equilibrio tra i poteri dello Stato.
In sintesi: molti dei provvedimenti cardine dell’attuale governo sono stati contestati, modificati, sospesi o dichiarati parzialmente incostituzionali da organi di garanzia e giurisdizionali. In alcuni casi, le modifiche sono state imposte per evitare rilievi formali da parte del Quirinale. In altri, le leggi sono state già corrette dalla Consulta o sono in attesa di pronuncia. Sostenere che tutto sia perfettamente conforme alla Costituzione non è soltanto falso: è una mistificazione consapevole.
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L’editto della Melona, già ampiamente criticato da ONU, OCSE, Consiglio d’Europa, dal CSM, dalla maggioranza dei costituzionalisti italiani, dall”associazione nazionale dei magistrati, dall’organo congressuale forense è stato scritto con i piedi per schiacciare sotto il tallone libertà fondamentali. L’Ufficio del Massimario, tra i diversi compiti istituzionali, contrariamente da quanto afferma il Fezolari, ha quello di scrivere «relazioni, anche di ufficio, su novità legislative, specie se di immediata incidenza sul giudizio di legittimità». Queste relazioni sono a disposizione del pubblico, sono gratuite. Non sono fonte di diritti d’autore, né di fama e gloria per gli autori. Esse possono essere condivise. Possono essere contestate. Costituiscono comunque un contributo alla interpretazione ed alla applicazione delle novità legislative. Ovviamente sarà la CC a dichiarare incostituzionale l’editto, ma certamente la puntuale, analitica e autorevole critica, sarà utilizzata per chiederne la sospensione dell’applicazione – anche dall’ultimo avvocato d’ufficio, mentre sarà molto difficile, anzi difficilissimo, poi che un giudice non l’accolta e mandi tutto alla CC. I ricorsi e i rinvii erano, infatti, già iniziati prima della divulgazione del bollettino della Cassazione, ora diventeranno una semplice prassi: basterà copiare le osservazioni del Massimario e depositare l’atto. La magistratura ha messo a disposizione un antidoto gratuito per impedire che l’infezione antidemocratica si propaghi e siccome ci sarà una valanga di ricorsi la CC non farà passare molto tempo per prendere la sua decisione.
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Sì ma in tutto questo ci scappa sempre un problema: CHI HA FIRMATO QUESTA SCHIFEZZA?
Lo stesso che è al potede da 10 anni di fila (sempre in maniera incostituzionale, vedi art 85)
Se non c’é il filtro del tizio del colle che ci costa un quarto di miliardi l’anno, tutto passa così come vuole il dittatorello di turno e poi ci vogliono anni per annientarlo almeno in parte.
E moltissime persone non lo capiscono.
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Detto da ” il foglio ” risulta come un insulto al pensiero libero. Ma come si fa’ a concepire un’ opposizione al conservatorismo pseudo sovranista se non nazionalista becero tradizionalista estremo (ma solo per convenienza visto divorzio, convivenze con figliolanza e droghe di nascosto )con tutto un proprio dietro terra fatti di servitù agli stessi valori, si fa per dire, tipo atlantismo, riarmo , viva Israele democratico terrorista eliminatore di bambini terroristi un erba , Ucraina nazista Bandera liberatore etc…etc…Ma che c…sei Ferrara ? Ma perché no tene vai fare in c…tu e tutti i dem Usa e nostrani !
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