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(di Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – Cosa fa lo Stato per aiutare i giovani? È una domanda necessaria davanti a dati che fotografano una situazione critica che si trascina da decenni: in Italia, 6,4 milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni vivono ancora con i genitori, ossia il 63% del totale contro il 20% in Germania e il 26% in Francia (qui). Il 15,2% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni è Neet, cioè non studia, non lavora e non segue percorsi di formazione, contro una media Ue dell’11% (qui). La disoccupazione giovanile sotto i 25 anni raggiunge il 19,2%, una delle percentuali più alte dell’Unione europea dove la media è del 14,8% (qui Eurostat 2 giugno). E nel 2024 si è toccato il record storico di 93.410 giovani tra i 18 e i 39 anni in fuga all’estero (qui).

A Flourish chart

Per capire le ragioni che si nascondono in questi numeri, abbiamo mappato le misure legislative attualmente in vigore per i giovani. Per la prima volta ne abbiamo ricostruito l’impatto reale, raccogliendo dati inediti sui beneficiari effettivi attraverso Consap (mutui prima casa) e Invitalia (nuove imprese giovanili). Infine, abbiamo analizzato gli stanziamenti pubblici destinati alle politiche giovanili, verificando la scarsa lungimiranza dei governi, sia di centrosinistra sia di centrodestra.
L’analisi è stata realizzata con il contributo dei politologi Marco Improta ed Elisabetta Mannoni, di Nicola Forlani ai vertici di Inapp e, soprattutto, dell’Osservatorio Politiche Giovanili della Fondazione Ries guidato da Luciano Monti. Vediamo.

Casa: mutui garantiti e affitti senza aiuti

Per comprare casa, sotto i 36 anni, lo Stato garantisce fino all’80% del mutuoentro i 250 mila euro di spesa (qui): nel 2024 ne hanno beneficiato in 54.190. Ma il primo passo verso l’indipendenza è l’affitto, e su questo fronte il sostegno è davvero minimo: la detrazione per chi ha tra i 20 e i 31 anni e un reddito sotto i 15.493 euro è del 20%, con un tetto massimo di 2.000 euro l’anno (qui). 

Università: borse europee, prestiti inutilizzati

Per università e master, lo Stato provvede fino al 70% di un prestito bancario, ma non superiore ai 70.000 euro (quipag. 146). Un provvedimento molto esaltato che ricalca il modello americano, totalmente diverso dalla realtà italiana, e infatti lo sceglie meno dell’1% degli studenti (qui). Per l’anno accademico 2025/2026 le borse di studio per gli studenti meritevoli, e con Isee inferiore a 27.948,60 euro, sono di 7.072,10 euro per i fuori sede, 4.132,85 euro per i pendolari e 2.850,26 per chi è in sede (qui). È l’Europa a coprire il 40% delle 257mila borse di studio erogate ogni anno.

Imprese: incentivi con numeri contenuti

Per gli under 35 che vogliono aprire un’impresa, lo Stato offre finanziamenti a tasso zero fino al 90% delle spese, con una quota a fondo perduto, soprattutto al Sud (qui). Nel 2024 sono state finanziate 152 imprese.

Lavoro: sgravi che non bastano

Chi assume un under 35 a tempo indeterminato non paga i contributi per 24 mesi, con un tetto mensile di 500 euro (650 al Sud). Vale solo per l’assunzione di chi non ha mai avuto un impiego stabile.
È cumulabile con la super deduzione: un under 30 assunto a tempo indeterminato consente all’azienda di dedurre il 130% del suo stipendio, anziché il 120%Nel rapporto 2024 di Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, leggiamo: «È opportuno prestare attenzione a potenziali effetti negativi di queste politiche. Innanzitutto, è possibile che le imprese utilizzino il premio fiscale (generalmente espresso sotto forma di decontribuzione) per assumere lavoratori che in realtà avevano già programmato di occupare con risorse proprie e dunque anche in assenza d’incentivo. In questo caso il sostegno fornito all’impresa rappresenta un costo netto per le finanze pubbliche. Il secondo limite è rappresentato dal rischio di sostituzione dei lavoratori con contratti non agevolati (e già occupati), con quelli assunti con contratti sovvenzionati. Questo rischio si potrebbe concretizzare in un eccesso di ricambio di lavoratori con implicazioni negative per la crescita netta dell’occupazione. È importante ricordare come numerosi studi concordino sul fatto che la maggior parte degli incentivi all’assunzione (nel settore privato) abbiano un effetto moderato, se non addirittura nullo, sulla crescita netta dell’occupazione». Eppure la misura viene riproposta di governo in governo. Perché?

La strategia che manca

In Italia ogni esecutivo ritocca i provvedimenti del precedente, ma la sostanza resta la stessa: manca sempre una strategia sul lungo periodo. Per stimare l’effetto delle leggi sui giovani è necessaria una valutazione di impatto generazionale. Per esempio: se lo Stato stanzia 100 milioni in sconti fiscali o contributivi, serve capire quanti di quei fondi vanno davvero agli under 35. Al momento non c’è nulla di tutto ciò. Come funziona invece nel resto d’Europa?

Cosa fanno gli altri Paesi

In Austria dal 2013 tutte le nuove leggi sono valutate per l’impatto su bambini e under 30, e dopo cinque anni si verifica se gli effetti corrispondono alle previsioni. La Germania ogni tre anni pubblica un rapporto sulla condizione giovanile che orienta le politiche. Dal 2019 tutti i progetti di legge del governo federale sono valutati per l’impatto sui giovani tra 12 e 27 anni attraverso lo Jugend-Check. In Francia il Fondo di sperimentazione per la gioventù testa preventivamente tutti i programmi dedicati agli under 25 con valutazioni qualitative e quantitative affidate a università e centri di ricerca. La Spagna, attraverso l’Istituto della gioventù, elabora annualmente una relazione che misura l’impatto con indicatori precisi e formula nuove proposte. Il Portogallo, prima di ogni piano nazionale, coinvolge direttamente i giovani sul territorio, mentre l’Osservatorio permanente della gioventù monitora costantemente politiche e programmi. La Finlandia ogni quattro anni adotta un programma nazionale con obiettivi e linee guida, contestualmente un organismo di coordinamento raccoglie i dati locali per adattare le politiche a livello territoriale. Il documento integrale sugli esempi esteri si trova quiE adesso vediamo cosa succede in Italia. 

L’occasione sprecata

Nel 2021 il governo Draghi ha istituito il Comitato per la valutazione generazionale delle politiche pubbliche, denominato Covige (qui), con il compito di «individuare metodologie di raccolta ed elaborazione di dati e informazioni utili a una più efficace azione di governo in materia di coordinamento e attuazione delle politiche giovanili». Nel luglio dell’anno successivo sono state introdotte con decreto ministeriale le relative linee guida. La «valutazione di impatto generazionale» è ora all’esame delle Camere. Il testimone è passato al ministro Maria Elisabetta Casellati che, nel quadro del disegno di legge per la semplificazione normativa, ha previsto una sorta di valutazione di impatto sulle giovani e future generazioni

Si fermerà però agli aspetti ambientali e sociali, escludendo l’impatto economico e le leggi di bilancio, ovvero proprio il luogo dove si decide quanti fondi destinare ai giovani. E infatti solo il 2,27% delle manovre finanziarie dopo la pandemia e il 2,38% del Pnrr sono destinati ai giovani. E poi ci si chiede perché in Italia si fanno sempre meno figli.

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