Il livello delle analisi post voto spiega benissimo il baratro in cui siamo precipitati, un po’ come la circostanza che Pina Picierno possa fregiarsi del titolo […]

(di Silvia Truzzi – ilfattoquotidiano.it) – Il livello delle analisi post voto spiega benissimo il baratro in cui siamo precipitati, un po’ come la circostanza che Pina Picierno possa fregiarsi del titolo di vicepresidente del Parlamento europeo. Prima reazione dell’esponente dem: “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”. Non una parola sull’oggetto del referendum, le uniche preoccupazioni sono la resa dei conti interna e il regalo alla Meloni. Il dibattito di questi giorni gira tutto attorno alle parole vittoria e sconfitta. Per i giornali della destra è la sconfitta di Landini, che avrebbe trasformato la consultazione in un referendum su di sé: sarebbe stato più appropriato che il segretario del maggiore sindacato italiano, promotore dei referendum, si astenesse dal fare campagna elettorale! La logica però difetta in molte altre analisi. Dalle parti del Pd pretendono di appropriarsi dei voti favorevoli e in generale dell’affluenza, agitandoli come bandiera dell’antimelonismo. Che poi si scopre, con un sondaggio di Swg per La7, che una buona fetta degli elettori del cosiddetto “campo largo” è rimasta a casa: nel rapporto affluenza/elettorato Avs è al primo posto, staccando di 4 punti percentuali (62% dei loro votanti) il Partito democratico, che si attesta al 58%, con il Movimento 5 Stelle al 48%. Comunque nel redde rationem che i riformisti del teatro Parenti si apprestano a chiedere dentro il partito, la segretaria farà bene a tenere presente che – nonostante i pensierini di commentatori dei giornali (si vince al centro!) e di qualche leader sfigato che arriva sì e no al 3% – 15 milioni di italiani sono andati alle urne per affermare che bisogna cambiare le politiche sul lavoro.
L’altro grande sconfitto, leggendo i giornali, sarebbe il campo largo, anzi non sconfitto proprio “morto”: eppure abbiamo appena avuto un turno di amministrative in cui sembra che l’unità sia una scelta premiante. “Il campo largo, se mai fosse nato, oggi è definitivamente morto, la campagna di odio ha schifato gli elettori”. Il presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa, ospite in tv, se la prende con il Pd che “ha pensato di far spendere milioni allo Stato per vedere se aveva ragione la Schlein o i suoi oppositori”. Dunque, la seconda carica dello Stato, dopo aver promosso l’astensione, spiega che una consultazione popolare è una spesa inutile: alto senso delle istituzioni e grande considerazione per le pratiche democratiche. I giornali intanto danno conto del resuscitato dibattito sul terzo mandato per i presidenti di Regione, partita che sembrava definitivamente chiusa ma è stata riaperta dal Fratello d’Italia Giovanni Donzelli, che ha reso pubblica una disponibilità a discuterne in vista delle Regionali d’autunno (si vota in cinque Regioni: Campania, Puglia, Marche, Veneto e Toscana). Al di là del fatto che per Zaia sarebbe il quarto mandato, la questione non incontra il favore di Forza Italia. Ieri Tajani ha rilasciato dichiarazioni spropositate: “Ritengo che due mandati siano sufficienti perché non servono incrostazioni di potere. Non è una questione di volontà popolare, anche Mussolini e Hitler hanno vinto le elezioni”. Noi sul merito siamo d’accordissimo, ma il problema è il movente (di tutti). Si torna a parlare di terzo mandato perché un quarto d’ora dopo l’esito dei referendum, l’attenzione si è spostata sulla prossima scadenza elettorale. Il che ci spiega che ai partiti importa solo ed esclusivamente delle loro piccole convenienze, a prescindere da quel che c’è sul tavolo. Poi si stupiscono che la gente non va più a votare. Si potrebbe, per rendere più seria questa squalificata classe politica, mettere un quorum alle elezioni (disclaimer: è una provocazione).
Se per l’ ignazio benito se né può discutere il gusto.Per il maria ne chiedo il motivo anche se sulla sponda apparentemente opposta troviamo una che si chiama PINAAAA!
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Pina… una che si è laureata in “Marketing & Comunicazione” con una tesi sulla “Dialettica di de Mita” (il suo “mito”)… ora è vicepresidente del Parlamento Europeo in quota DEM 🤣🤣🤣
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