Oggi vertice Meloni-Rutte: le note riservate del governo in vista del bilaterale svelano i dettagli dei futuri stanziamenti

(di Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, incontra stamattina la premier Giorgia Meloni. Appuntamento ore 11 tra gli stucchi di Palazzo Chigi. Per la premier è una delle ultime finestre utili per capire cosa l’aspetta davvero tra poco più di dieci giorni a l’Aja, dove dal 24 al 26 giugno gli Usa detteranno ai partner dell’alleanza i nuovi obiettivi di spese per la difesa fissati da Donald Trump. I pronostici che circolano da giorni nelle cancellerie europee sono noti: Washington chiederà un aumento al 3,5% del Pil delle spese militari in senso stretto, a cui va sommato un ulteriore 1,5% in investimenti collaterali, che rientreranno nel capitolo «Defence and security-related expenditures».
I tecnici del governo e della nostra diplomazia sono al lavoro da settimane sul dossier. E in una serie di note informali, visionate da Repubblica, viene annotato l’impatto che le richieste Usa produrranno sulle finanze italiane. A Pil costante, si legge, i nuovi obiettivi che saranno concordati all’Aja si tradurrebbero per l’Italia in «una crescita della spesa per la difesa a 79 miliardi di euro (+34 miliardi di euro per raggiungere la soglia del 3,5%)», ma la cifra potrebbe crescere «fino a 113 miliardi», per agganciare invece il target del 5% del Pil. Significherebbe spendere ogni anno «68 miliardi di euro» in più rispetto alla dotazione attuale, salita a quota 45 miliardi tramite il riconteggio di alcune voci fin qui non calcolate.
Il conto per Roma rischia di essere salatissimo. Per questo in ambienti di governo si continua a ragionare sulla possibilità di allargare ancora il novero delle voci da computare come investimenti per la difesa. Sono già state inserite le risorse per i carabinieri, per le fiamme gialle, perfino i servizi meteo. Davanti a Rutte, Meloni proverà a capire se ci sono altri margini di flessibilità. Nelle stesse note preparatorie dell’esecutivo, si parla infatti di altri tipi di spese, come «il contrasto alle minacce ibride», le risorse impiegate per «la sicurezza dei confini», la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine e nello spazio, la preparazione civile, i contributi già versati all’Ue. E ieri l’agenzia Bloomberg rivelava che la Nato dovrebbe considerare gli aiuti all’Ucraina. Negli atti ufficiosi del governo si ipotizza poi di conteggiare come spese per la sicurezza «le infrastrutture civili propedeutiche alla mobilità militare». E anche se non viene menzionato esplicitamente, la più importante opera di questo tipo è il ponte sullo Stretto di Messina, pallino di Matteo Salvini. Un progetto che non a caso il governo ha chiesto all’Ue di classificare come «opera strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato».
Ammesso che la mossa riesca, al netto dello stanziamento monstre per il Ponte, circa 14 miliardi, a Roma toccherà comunque mettere sul piatto decine di miliardi in più rispetto alla spesa attuale. Più di una manovra finanziaria, solo per la difesa. Ecco perché Antonio Tajani da settimane spinge i soci di governo a considerare l’opportunità di ricorrere alla clausola europea che permette di scomputare le spese di difesa dal deficit. Il ministro degli Esteri insiste anche per gli eurobond. Meloni ne ha discusso con il presidente francese, Emmanuel Macron, la settimana scorsa a Chigi. Ma per sbloccare l’opzione a Bruxelles è necessario il via libera della Germania, finora scettica. Anche di questo Tajani parlerà oggi con l’omologo tedesco Johann Wadephul, a margine del vertice sulla difesa del formato Weimar plus, che vedrà arrivare a Roma i ministri degli Esteri di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Italia. C’è poi il grande nodo dei tempi: entro quando l’Italia dovrà moltiplicare gli sforzi finanziari per il comparto militare? Se a Roma c’è fiducia sull’approccio «aperto e flessibile» della Nato sulle spese da conteggiare, sulle scadenze l’ottimismo è decisamente meno ostentato. Meloni vorrebbe spalmare l’esborso in 10 anni, ma è probabile che il summit de l’Aja fissi la deadline tre anni prima, al 2032.
Ho avuto una reazione allergica. Ho prenotato una visita allergologica. Primo posto disponibile il 15 gennaio 2026. Otto mesi di attesa.
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Ma se paghi tutto tu, un medico specialista si trova rapidamente…
la Melona e gli altri, si curassero come tutti, senza favoritismi, sai la fregola bellica come gli passerebbe a questi parassiti.
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