Attraverso la greca Intracom, 15 progetti della Difesa hanno ricevuto soldi pubblici. Tra questi, i droni da usare a Gaza

(di Konstantina Maltepioti, Maria Maggiore e Leila Minano * – ilfattoquotidiano.it) – Difficile immaginare che dietro la fabbrica di armi Intracom Defense, circondata da alberi di ulivo e vigneti alla periferia nord di Atene, si nasconda la più grande compagnia pubblica di armamenti israeliana, la Israeli Aerospace Industries (IAI). Niente all’entrata lo fa credere: il logo di IDE resta lo stesso, il cda è ancora tutto greco. Eppure da maggio 2023, l’israeliana IAI ha acquisito il 95% della società, entrando nella corsa al riarmo europeo e nella spartizione dei fondi Ue per la difesa. La IAI è una delle società più attive a Gaza, per ammissione del suo stesso ad, Boaz Levy, che nel novembre 2023 spiegava il suo “un ruolo centrale nella guerra di ferro”, scatenata da Tel Aviv dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
Secondo le analisi di Investigate Europe e del consorzio greco Reporters United, Intracom Defense sta partecipando a ben 15 progetti del Fondo europeo per la Difesa (EDF), di cui sette sono partiti dopo il 7 ottobre e l’invio, da parte della Corte Penale Internazionale, di un mandato di arresto per crimini di guerra al Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
Tutto questo non sembra preoccupare né la Commissione, che continua a firmare nuovi progetti con Intracom, né le compagnie europee che partecipano a questi progetti, tra cui la nostra Leonardo, e neppure i sette governi che hanno cofinanziato il più controverso di questi progetti, Actus, per lo sviluppo di un drone armato, che presto potrebbe essere usato a Gaza.
Il Fondo europeo per la difesa, voluto nel 2017 dall’allora Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker per rafforzare l’industria del settore, riserva i suoi 7,9 miliardi solo alle compagnie europee. Ma una clausola del suo regolamento permette la scappatoia: basta che la società e il paese di appartenenza (in questo caso la Grecia) forniscano delle (non meglio precisate) “garanzie” e la partecipazione è ammessa. A niente sono servite le richieste di accesso agli atti: le garanzie sono segrete e non vengono divulgate. “Intracom Defense è stata ritenuta idonea a partecipare ai progetti EDF – ha spiegato un portavoce dell’esecutivo europeo –, tali progetti sono stati selezionati solo dopo valutazioni tecniche e giuridiche approfondite”.
Abbiamo analizzato tre di questi, tutti partiti a fine 2024, quando la situazione a Gaza era già catastrofica e si contavano più di 40 mila morti. I primi due, Triton e Marte, mirano a sviluppare, rispettivamente, una tecnologia di sicurezza informatica basata sull’intelligenza artificiale e un carro armato. Quest’ultimo, Marte, acronimo di Main Armoured Tank of Europe, coinvolge le italiane Leonardo e Iveco, che non hanno risposto alle nostre domande sull’opportunità d’interrompere il progetto. Leonardo non ha risposto neanche su un’eventuale sospensione delle sue attività in Israele dove, dal 2022, tramite la sua consociata americana Drs, possiede la Rada Technologies, specializzata in radar tattici militari, e che da giugno 2023 ha firmato un contratto con il ministero della Difesa israeliano per la fornitura di sistemi radar tattici per veicoli.
Ma il progetto europeo più controverso è Actus, il cui scopo è armare il drone francese Patroller e fornire la certificazione Nato al drone di sorveglianza greco Lotus. Intracom è la coordinatrice del progetto e ha ricevuto da Bruxelles 14 milioni, mentre la francese Safran riceverà 10 milioni. In totale il finanziamento con soldi pubblici europei ammonta a 42 milioni. Il resto, per arrivare ai 59 milioni totali, verrà da 7 governi europei: Francia, Belgio, Grecia, Cipro, Svezia, Finlandia e Norvegia. Tutti governi solidali, lo scorso 20 maggio, con la proposta olandese di sospendere l’Accordo di associazione Ue-Israele e sempre più critici verso Netanyahu. Peccato però che nel frattempo finanziano lo sviluppo di armi dello Stato israeliano.
Norvegia, Svezia e Belgio ci hanno risposto che non è loro responsabilità stabilire l’ammissione di una compagnia ai finanziamenti, ma è compito della Commissione Ue e dello Stato dove la compagnia risiede. “Indirettamente, i fondi europei e gli Stati rafforzano la macchina da guerra israeliana”, spiega Tony Fortin dell’Osservatorio sull’armamento.
I governi coinvolti scaricano sulla Commissione e sul governo greco la responsabilità della valutazione etica dei progetti. “È un sistema molto discutibile”, spiega Laetitia Sedou della Rete europea contro il commercio di armi (Enaat). Se infatti il regolamento chiede il rispetto del diritto internazionale e della Carta europea dei diritti, la loro valutazione è “affidata a un’autocertificazione delle compagnie stesse, analizzata poi dalla Commissione con un gruppo di esperti, la cui identità resta segreta”. “L’autocertificazione è insufficiente nella migliore delle ipotesi, una barzelletta nella peggiore”, spiega l’eurodeputato belga di sinistra, Marc Botenga. “È chiaro che non impedisce che i progetti finanziati dall’Ue contribuiscano a violazioni del diritto internazionale umanitario”. Il 16 maggio 2025, Intracom Defense ha annunciato tre nuovi progetti finanziati dal Fondo europeo per la Difesa.
* Investigate Europe e Reporters United