In un articolo su Repubblica del 17 maggio il professor Michele Ainis richiamava l’articolo 98 del Testo unico delle leggi elettorali, recepito dalla normativa referendaria, che punisce […]

(di Filoreto D’Agostino – ilfattoquotidiano.it) – In un articolo su Repubblica del 17 maggio il professor Michele Ainis richiamava l’articolo 98 del Testo unico delle leggi elettorali, recepito dalla normativa referendaria, che punisce il pubblico ufficiale che, “abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera” a indurre gli elettori all’astensione con la reclusione fino a tre anni e con una congrua multa.
Nonostante queste precise indicazioni, la presidente del Consiglio, che è per definizione un pubblico ufficiale, insiste nel ritenere che il non partecipare alla consultazione referendaria costituirebbe un vero e proprio diritto. La tesi non regge alla stregua di quanto osservato dal professor Ainis nell’articolo citato: se il pubblico ufficiale si macchia di un grave reato quando induce all’astensione, quest’ultima non può certamente essere qualificata come esercizio di un diritto.
Si perverrebbe così all’illogica conseguenza che l’induzione a esercitare un diritto da parte di un pubblico ufficiale integra gli estremi di un delitto! Evidentemente qualcosa non funziona in questa correlazione esplicitamente irragionevole per un ordinamento nel quale l’esercizio dei diritti è prerogativa di legalità e non il contrario.
Per allontanarsi dall’ingorgo d’irragionevolezza occorre ragionare su due dati apparentemente contrastanti: la previsione penalistica dell’articolo 98 da un lato e, dall’altro, l’inesistenza di sanzioni per il cittadino che si astiene dal voto. I due profili convivono perché coerenti a una visione democratica delle istituzioni, nella quale l’esercizio del voto come strumento per dotarsi di un’adeguata rappresentanza politica (elezioni) e per concorrere alla formazione e modificazione dell’ordinamento giuridico (referendum) è valore fondante dell’intero assetto.
L’esercizio della sovranità che appartiene al popolo impone presìdi adeguati a quella massima istanza. In questo senso ogni atto che possa comprimere o inficiare la libera manifestazione del diritto di voto acquisisce notevole disvalore tale da imporre una grave reazione sanzionatoria, come nella previsione dell’articolo 98, preordinato a impedire ogni possibile alterazione della libertà di voto e del risultato elettorale riconducibile a chi, per la posizione ricoperta, possa in concreto incidere su quegli ambiti.
Diversa osservazione riguarda la posizione del cittadino, il quale deve essere primariamente libero di esercitare il diritto di voto in sintonia con il dovere civico d’appartenenza alla comunità. La categoria dei doveri è vasta e comprende situazioni che implicano, in caso di violazione, le più varie reazioni: da quelle penali per le più gravi a quelle civili e infine a quelle solo morali.
Il mancato esercizio del diritto di voto, inteso come violazione di dovere civico, è stato in passato oggetto di pseudo-sanzioni di nessuna utilità e incidenza. Questo non solo per l’obiettiva difficoltà di irrogare sanzioni nei confronti dei settori della popolazione che non si presentano alle urne (quasi il 40% alle elezioni politiche, cifre ancor superiori alle altre consultazioni), ma anche e soprattutto per non innescare valutazioni sull’esercizio dei doveri civici che pertengono alla sfera di relazione tra singolo e comunità di riferimento.
Per quanti rivestano funzioni pubbliche il discorso è diverso proprio in ragione dell’ufficio che gli stessi ricoprono. Essi rappresentano le istituzioni e non possono esimersi dal parteciparvi secondo i canoni di conformità e di etica, connaturati alla carica. Sono tali canoni riconducibili all’appartenenza alla comunità e al rispetto delle istituzioni che vanno onorati da chi è investito di un pubblico ufficio: essi sono platealmente violati quando si invita all’astensione.
In altre parole: è incoerente esaltare il concetto di nazione e poi invitare i suoi appartenenti a sottrarsi a un dovere che scaturisce proprio da quello, così come è incoerente l’implicito invito a non rispettare le istituzioni, qui espressamente sanzionato dalla normativa penale.
D’altro canto, non ci si può aspettare molto di più da un governo nel quale ministri pluri-indagati vengono mantenuti al loro posto.
Ci sono mille ragioni per attaccare la Meloni e il suo Governo. Questa, con punizione annessa….., mi sembra ridicola.
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Non sopporto la Meloni, non sopporto questo governo e, in verità, poco sopporto (quindi non… supporto) la politica tutta, gestita da troppi “Matteo”… Non si tratta di qualunquismo, menefreghismo o disinteresse, bensì pragmatismo e vita vissuta: promesse? Tantissime, sempre e da parte di tutti, fatti zero o quasi. Specificato quanto prima, hai pienamente ragione: da quando sono elettore, per cui… diversi decenni, politici di colore e orientamenti diversi hanno chiaramente “consigliato” al proprio elettorato di astenersi senza creare scandalo alcuno e nessuno che tirasse in ballo articoli del T.U. o altro codice. Io andrò a votare, non certo perché me lo chiede qualcuno, semplicemente preferisco dare un parere rispetto un referendum, per quanto poco possa contare – finanziamento ai partiti docet…! – piuttosto che scegliere alle politiche tra marcio e muffa. Ma che uno decida di… vogare o meno, la GNV (grande nave veloce) andrà sempre nella direzione decisa dai motori, non certo da… milioni d’intrepidi (e ingenui) vogatori. Hai voglia a pagaiare quando 100 mila cavalli spingono in altre direzioni…!
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D’accordissimo. L’articolo 48 della Coatituzione stabilisce che il voto è un diritto non un dovere. Per quanto riguarda i referendum abrogativi, l’astensione, ossia il non presentarsi al seggio, è una scelta legale e tutelata dalla Costituzione. Lo stesso vale per quello che farà la Meloni, ossia dichiararsi “elettore non votante”, che si può contestare politicamente, ma è giuridicamente inattaccabile.
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Ma l’hai letto l’articolo?
No, perché il COSTITUZIONALISTA Ainis ci espone la legge che si contrappone al principio di cui parli, valido evidentemente per i comuni elettori a non in questo caso specifico:
“… l’articolo 98 del Testo unico delle leggi elettorali, recepito dalla normativa referendaria, che punisce il pubblico ufficiale che, “abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera” a indurre gli elettori all’astensione con la reclusione fino a tre anni e con una congrua multa.”
… ma tu hai deciso che NON ESISTE.
Ainis ha starnutito, Loquasto ha sentenziato.
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Caro Santo Loquasto
ho l’impressione che tu non capisca bene quello che leggi, il che potrebbe dipendere o da carenze innate o da scarsa scolarizzazione. Certo che votare o non votare è un tuo diritto. Ma è l’incitamento all’astensione da parte di un potere politico che è reato con pena di tre anni di carcere.
Riesci a capire la differenza?
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“Ma è l’incitamento all’astensione da parte di un potere politico che è reato con pena di tre anni di carcere”. Addirittura! È da quando sono nato che il potere politico contrario a un referendum invita gli elettori “ad andare al mare”. E adesso il costituzionalista-azzeccagarbugli Ainis (che ho letto, ma fino a un certo punto, capito l’andazzo) ci fa improvvisamente capire che erano tutti da sbattere in galera. Moriremo tutti in un aula di tribunale. O a fare dibattiti da autobus, come su Infosannio.
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Chi ritiene di non votare o invita a non votare a referendum che vanno a favore dei lavoratori sta’ senzadubbiamente dalla parte dei padroni e dei prenditori e chiunque esso sia è da considerare un Me®da©©hione🤔
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Ecco, questa è senzadubbiamente una contestazione politica.
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La Melona va punita eccome come andavano denunciati anche tutti gli altri che hanno commesso lo stesso reato sebbene un partito, un sindacato, un semplice parlamentare – evidentemente non il presidente di una delle due camere – non siano propriamente investiti di nessun incarico pubblico. La Melona non ha escogitato una furbizia, ma un raggiro cioè mediante ragionamenti dalle false premesse (vado a votare ma non ritiro nessuna scheda) vuole convincere che una situazione sia in un tal modo, quando ciò non è vero., così da indurre comunque di fatto all’astensione i cittadini che vogliano seguire il suo esempio. Promuovere l’astensionismo in caso di referendum non significa votare no, ma può solo rendere nulla una votazione. Lei aveva aveva solo un obbligo e un dovere d’ufficio: promuovere la più ampia partecipazione dei cittadini al voto.
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Generalissimo, lei vive nel mondo delle favole. E mi permetto di aggiungere, conoscendo les italiens: quando le conviene.
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La legge è chiarissima e mi sorprende che possa essere travisata. Devo rettificare il mio precedente intervento perché in passato sono stati denunciati 2 presidenti del Consiglio: Craxi nel 1985 e Renzi nel 2016. Aggiungo anche che se una pessima prassi ha reso l’astensionismo un’opzione di voto assimilabile al NO, la divulgazione dei dati relativi all’affluenza alle urne andrebbe vietata, perché equivarrebbe alla diffusione di sondaggi durante le votazioni. A mio avviso lei, probabilmente, non conosce nemmeno se stesso.
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Ah ah ah!!
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Sig. Lo Guasto
Si possono fare critiche senza ‘spocchia’.
Non tutti sono ‘avvoltoi’.
Poi faccia Lei: è un ottimo modo per autoscreditarsi.
Sig. De Grado, mi permetta ma è caduto nell’imbroglio giornalistico.
Se l’articolo fosse stato delle sole tre prime righe si sarebbe capito che sarebbe stato completamente falso.
Ogni cittadino può fare propaganda anche il giorno delle elezioni nelle forme consentite, anche al seggio dove il rappresentante di lista può esporre il simbolo del partito ma non può distribuire volantini o intrattenere gli elettori all’interno del seggio. Lo può fare fuori, almeno a 50 mt. dal seggio.
Il giornalista ‘recupera’ lo ‘sfonnone’ e solo dopo introduce che quello a cui si riferirebbe la sentenza della Cassazione non è un cittadino e basta ma un pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, un sacerdote o equivalente etc..
Poi va sul vago non cita il numero della sentenza e ‘ammorbidisce’ lo ‘sfonnone’.
In pratica lo scoop si riduce ad una sentenza che semplicemente dichiara che le eventuali colpe, sanzioni valgono per la legge 51 a copia carbone della legge 98.
Non dice affatto che in assoluto un pubblico ufficiale e le altre figure commettono reato solo perchè invitano all’astensione. Le legga bene le legg.
I due casi sono stati un buco nell’acqua non hanno avuto alcuna conseguenza
Capanna Democrazia Proletaria contro Craxi , M5S e Rifondazione Comunista contro Renzi.
Nell’annuario delle sentenze della cassazione terza sezione penale
Non c’è una “sentenza penale della Terza sezione del 1985” con un dispositivo autonomo sui referendum e sull’astensione. Quel che La Stampa chiama “sentenza della Cassazione” è in realtà l’ordinanza n. 28 del 7 dicembre 1984 dell’Ufficio centrale per il referendum (istituito presso la Cassazione) che dichiarò ammissibile il quesito sulla scala mobile, richiamando al più i principi già esistenti in tema di sanzioni penali elettorali, ma senza emettere una vera e propria motivazione penale contro i politici che invitavano all’astensione
Capita, i giornalisti si inventano rigori per campare figuriamoci finte notizie, non se la prenda se può.
Provi a leggere i miei due commenti in fondo
Cordialmente
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https://pagellapolitica.it/articoli/refedendum-cittadinanza-lavoro-promuovere-astensionismo-illegale
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Condivido ciò che scrive Pagella Politica.
Anche in merito alle obiezioni di Ainis o di chi per lui.
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Grazie pablero. Io avevo sintetizzato. Con l’articolo che hai postato la discussione può ritenersi chiusa.
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Caro Santo Loquasto
non c’è peggior sordo di chi fa finta di non capire.
Se una cosa è reato, è reato. Non si legalizza per il semplice fatto che capita che non sia punito. E non mi risulta che la legge che punisce la carica politica che incita gli elettori a votare sia stata abrogata. Ainis è citato a sproposito e certamente di diritto ne sa più di te, anche se a superarti ci vuole poco. Per cui le tue chiacchiere stanno a zero. Per quello, anche rubare è un reato e in questo governo ci sono persone che hanno rubato e non sono state punite. Ti risulta che per questo rubare sia diventato lecito? Nemmeno un bambinetto dell’asilo userebbe discorsi infantili e fuori luogo come i tuoi. Fai semplicemente pena.
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E così Tonto Loguasto si è dimostrato per l’ennesima volta quel che vale.
Adesso è diventato un simil-meloniano.
Talmente Tonto che non capisce che A- i cittadini NON sono obbligati a votare e B- i pubblici ufficiali sono obbligati a NON incitare al non voto e questo a norma di legge, non a chiacchiere.
La Melona dovrebbe essere denunciata, sex lex durex sex (così capisce anche il pipparolo sodoNATOmita)
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Minestra riscaldata
referendum contro le trivelle 17 Aprile 2016
Al posto della On. Meloni c’era l’On. Renzi
L’autore è sempre il prof. Ainis
Al posto de La Repubblica c’era il Corriere della Sera
Strade – No, invitare ad astenersi non è reato, neanche per i pubblici ufficiali
Referendum, l’invito ad astenersi non è reato – PublicPolicy
IL M5S di allora presentò un esposto contro la On. Bellanova che aveva invitato allo stesso modo ad astenersi.
Prese una “tranvata” come solo poteva andare a finire.
L’On. Conte che sa, e dirige un M5S che non ha nulla a che vedere con quello, una cretinata del genere non la replica di certo.
Da un dialogo con l’Artificial Intelligence
L’invito a votare no ‘mascherato’ da invito dall’astensione comunque non è reato
Omissioni ed errore ortografici dell’autore. (miei)
All’autore consiglio di rileggere l’articolo del prof. Ainis magari impara qualcosa come che non è l’articolo 98 regolamento Camera da solo ma insieme all’articolo 51 legge disciplina referendum che ‘allarga’ il perimetro ai quesiti referendari.
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Cosa si gioca coi referendum
Nulla: si continuerà col caos attuale in caso di no o non raggiungimento del quorum.
Il caos aumenterà se passa il quesito 1 e non contemporaneamente il quesito 2
Aumenterà esponenzialmente se non passa il quesito 1 e passa il quesito 2.
Andando sui siti ‘specializzati sulle condizioni attuali tutti hanno proprie distinte versioni.
La CGIL sul suo sito ne dà una più differente rispetto alle altre.
Basterebbe andare nelle Camere Del Lavoro, prendere le sentenze che sarebbe ‘demolito’ ogni ‘espertologo’.
La CGIL lo sa perché proprio essa ha raccolto le firme in seguito ad una causa persa portata davanti alla Consulta:
Tanto per rincuorare chi pensa che la magistratura sia sotto attacco da parte del governo e non viva un giorno di pace se non impegnata a difendere strenuamente i cittadini italiani meschini, in un altro universo verrebbe chiamata insieme di carogne a partire proprio dai Giudici del Lavoro.
Quella sentenza diede torto a tutte le richieste della CGIL anche quelle ‘simboliche’ volte a limitare il danno economico e stabilì la regola del caos.
Dichiarando incostituzionale il comma 1 dell’a ‘articolo 3 della legge detta ‘Jobs Act’ stabilì imperituramente che da Allora il giudice sarebbe stato giudice in tutto, sia nella parte ‘investigativa’ (‘ è giusta causa o no? reintegro o no ?’) sia in quella economica (‘quanto gli spetta?’).
Il ‘vuoto’ normativo (‘con quali criteri il giudice equilibra il dovuto’) doveva essere colmato da una modifica alla legge Jobs Act.
La modifica non c’è stata, i giudici si sono ‘autoregolamentati’ ognuno per sé con sentenze completamente differenti.
Questo significa che se passa il quesito 1 non si torna né alla legge che contiene l’art.18 né alla legge Fornero che stabiliva un criterio del giudice per la compensazione economica ‘stravolto’ dalla sentenza su citata.
Il caos totale.
Per i dettagli specifici a chi vuole approfondire
Cosa NON cambia
Ci sono alcune sentenze che hanno sconfermato in toto i presunti paletti sia a favore del lavoratore sia a sfavore.
Anche quelli che nonostante il jobs act, hanno stabilito il reintegro anche in aziende con meno di 15 dipendenti.
Una considerazione politica.
Anche la ‘vittoria’ più piena non comporta un avanzamento delle condizioni generali.
Per assurdo se si fosse perso, io tra i tanti, al momento della massima forza critica ‘di massa’, quando la solidarietà sociale, il sentir comune erano i beni più preziosi, nessun governo sarebbe sopravvissuto alla forza della ‘piazza’.
Oggi la ‘vittoria’ avverrebbe in una situazione di disgregazione sociale: la gente ‘povera’ non si vuole più bene.
Forse un po’ di pane: ma mai le rose.
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@freethinker2009
Ho citato l’articolo del quotidiano torinese, solo per evidenziare che l’induzione all’astensione fu subito biasimata alla prima insorgenza; la Cassazione, infatti, nel suo dispositivo ha solamente confermato che una legge considera reato tale comportamento anche per i referendum, se messo in opera da una certa categoria di figure, tra cui rientrano certamente i rappresentanti delle istituzioni. Non c’è bisogno di occultare le urne o non rilasciare la tessera elettorale per indurre all’astensione un cittadino (in questo caso verrebbe impedita la sua partecipazione alla votazione) ma basta anche solo suggerirlo o farlo intendere e questo una presidentessa del consiglio della Repubblica, un ministro della Repubblica o il presidente del senato della Repubblica, non possono farlo, anche perché la stessa legge che prevedeva l’obbligatorietà del voto, all’art. 4 – tutt’ora vigente – dispone che ” Il voto è un dovere civico e un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e PROMOSSO dalla Repubblica”. Si noti come il voto venga qualificato prima come dovere e poi come diritto e, soprattutto, che la Repubblica deve – non può astenersi dal farlo – promuoverne il libero esercizio, che si può esplicare in un’unica maniera: depositando la scheda nell’urna. Se una persona non si reca ai seggi o se ci va solo per disturbare la votazione, rifiutando tutte le schede, non esercita proprio un bel nulla, si astiene, punto e basta.
Probabilmente le denunce contro Craxi e Renzi non hanno portato a niente, perché per arrivare in tribunale avevano bisogno di superare lo scoglio dell’autorizzazione parlamentare.. Craxi, comunque, dopo la denuncia passò repentinamente dall’astensionismo a un più sicuro NO, mentre Renzi non toccò più l’argomento (cosa che ha fatto recentemente anche Ignazio Benito Maria).
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Fosse vero che manifestare un parere politico, ovvero consigliare (che è ben diverso dall’impedire…) al proprio elettorato di non recarsi alle urne, fosse reato, qualcuno citi una sentenza di condanna in tal senso, anche semplice multa, ad un politico per aver detto “non recatevi alle urne”.
NON esiste perché manifestare un’opinione politica non è mai stato, per fortuna, reato. Articolo 21 della Costituzione, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.“. Qualsiasi legge ordinaria non può (o, almeno, non dovrebbe) andare in deroga dalla Costituzione e nella legge citata non si parla di “reato d’opinione” bensì di “costrizione”. E, onestamente, pur non essendo costituzionalista, non riesco a capire quale “costrizione” sarebbe consigliare a qualcuno di non recarsi ai seggi. Non sopporto questo governo, ancor meno il trio Meloni/La Russa/Salvini cui auguro, politicamente parlando, di “schiattare”, ma un conto è l’antipatia, ben altro l’onestà intellettuale. Sono quarant’anni che, secondo proprio tornaconto, politici di sinistra, centro, destra, consigliano, senza scandalo alcuno, al loro elettorato di astenersi, ragione per la quale questa levata di scudi – per un reato che non esiste – contro il governo (per quanto ignobile sia), francamente lo trovo ridicolo. E tra poco andrò a votare, proprio perché qualcuno consiglia di non farlo…!
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