Secondo il rapporto della Confederazione sindacale internazionale, i diritti sono scesi al livello 2 segnalando “ricorrenti” infrazioni. La Cgil: “Allarme chiaro e preoccupante”

(ilfattoquotidiano.it) – Retrocessa di un livello come Argentina, Costa Rica, Georgia, Mauritania, Niger e Panama. I diritti delle lavoratrici e dei lavoratori italiani peggiorano, secondo l’Indice dei diritti globali della Confederazione sindacale internazionale. Un “allarme chiaro e preoccupante”, avvisa la Cgil che rilancia il report pubblicato nelle scorse ore e che verrà presentato il 10 giugno a Ginevra durante la Conferenza internazionale del lavoro all’Oil. Per il sindacato, quello dell’Italia è un “caso emblematico di deriva autoritaria” e un “risultato diretto delle politiche neoliberiste e autoritarie” del governo Meloni che ha “ha intrapreso un percorso di sistematica repressione delle libertà sindacali e dei diritti collettivi”.
I diritti dei lavoratori nel nostro Paese, stando al ranking della Csi, sono scesi dal livello 1 al livello 2 segnalando “violazioni ricorrenti”. Così ora l’Italia si trova, fa notare la Cgil, “in un gruppo di Paesi segnati da ripetute violazioni, al pari di realtà in crisi democratica strutturale”. Insieme al nostro Paese, fanno parte del gruppo altri 22 Stati tra cui diverse economie avanzate come Spagna, Francia, Portogallo, Giappone e Olanda. Ma anche Barbados, Malawi e Ghana. Uno scenario “preoccupante” di fronte al quale, aggiunge il sindacato, è “fondamentale difendere i valori della nostra Costituzione, a partire dallo stato di diritto” e “il miglior modo per farlo – sostiene la Cgil – è partecipare al massimo strumento democratico, ovvero il voto”, a iniziare dai referendum dell’8 e 9 giugno.
Tra le misure più controverse il rapporto segnala, sottolinea il sindacato, “l’attacco ai sindacati, con una criminalizzazione crescente delle mobilitazioni e una retorica delegittimante verso le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”, oltre al decreto Sicurezza “adottato bypassando il confronto parlamentare, che limita drasticamente il diritto di manifestare, rendendo sempre più difficile esprimere dissenso sociale in maniera pubblica e pacifica”. E ancora la “precettazione arbitraria” del diritto di sciopero, “trasformata da strumento di garanzia in un mezzo di repressione, utilizzato contro lavoratori della sanità, dei trasporti e della scuola”.
Su quest’ultimo punto, negli scorsi mesi, l’Unione sindacale di base aveva vinto una battaglia contro il ministro Matteo Salvini davanti al Tar, con il dicastero guidato dal leghista che aveva perfino tentato di evitare il giudizio di merito venendo poi condannato a pagare anche le spese legali. Ma il tentativo di limitare le astensioni dal lavoro nel settore dei trasporti, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, continua grazie agli assist della Commissione di garanzia. “Queste misure – sostiene la Cgil – compromettono gravemente le libertà democratiche e pongono l’Italia in contrasto con le Convenzioni dell’organizzazione internazionale del lavoro, su cui si basa il ranking della Csi”.
Ma i problemi non riguardano solo l’Italia. La situazione, secondo il report, si sta degradando in tutta Europa e il segretario generale della confederazione, Luc Triangle, ha denunciato come la “crisi globale dei diritti del lavoro” sia frutto di una “deliberata scelta politica, in cui governi autoritari e interessi economici ultra-concentrati hanno smantellato le conquiste del dopoguerra in materia di giustizia sociale e sindacale”.
Mi è capitato spesso di dire che il declino dell’Italia è, prima di tutto, un fenomeno culturale che riguarda tutti, o almeno la stragrande maggioranza di noi. Questo articolo, analizzando i fatti degli ultimi anni e riflettendo sulle ragioni di questo risultato, conferma quanto ho sempre pensato — e quanto anche le mie scelte professionali drastiche, come quella di lasciare il Paese, mi hanno mostrato.
C’è una domanda che da anni pesa sulle teste dei lavoratori, ma che nessuno vuole porre esplicitamente: Vuoi mangiare poco, ma subito, oppure rischiare il digiuno lottando per qualcosa di più domani?
È così che i diritti sociali e sindacali si sono ridotti nelle democrazie avanzate. Non per un colpo autoritario, ma per una lunga serie di rinunce, giustificate da crisi su crisi: globalizzazione, crisi finanziaria, sanitaria, energetica, ecc. ecc.
In questi contesti, gli scioperi sono diventati “interruzione di pubblico servizio”, i contratti collettivi “rigidi e antimeritocratici”, e le manifestazioni di dissenso , spesso per colpa di qualche testa di kazzo , sono catalogate come “problemi di ordine pubblico”.
La vera tragedia, però, è che chi promuove queste rinunce, chi ne trae beneficio, non si rende conto di segare il ramo dell’albero su cui è seduto.
Chi ha un contratto precario, teme il licenziamento, o sopravvive con stipendi da fame, non può permettersi di scioperare. Accetta, firma, tace, e aspetta tempi migliori che però non arrivano mai e infatti non mette al mondo figli.
Intanto, lo Stato diventa sempre più duro con chi alza la voce: le manifestazioni sono “problemi di ordine pubblico”, gli scioperi vengono precettati “per garantire i servizi” ai clienti-utenti, e i sindacati sono dipinti come “casta” (il che ha un fndamento di verita’).
Eppure, basterebbe guardare la storia per capire che è l’opposto:
Le conquiste sociali sono nate dalla grida e dal sacrificio di tanti, non dal silenzio individuale.
E la storia insegna anche che uno che ha poco da perdere lo puoi ricattare; ma uno che non ha più niente, non lo ricatti più.
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Ma poi mi raccomando…. votateli e ri-votateli.
Del resto, da Treu in poi questo percorso l’ha iniziato proprio il CSX, per cui è facile ribattere la palla in campo avverso.
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“decreto Sicurezza “adottato bypassando il confronto parlamentare, che limita drasticamente il diritto di manifestare, rendendo sempre più difficile esprimere dissenso sociale in maniera pubblica e pacifica”. E ancora la “precettazione arbitraria” del diritto di sciopero, “trasformata da strumento di garanzia in un mezzo di repressione, utilizzato contro lavoratori della sanità, dei trasporti e della scuola”’
Ma che ce frega a noi di ste cose!
L’importante è preparare i popcorn, la birra gelata e guardarsi i venditori di indignazione che, tra un vaffancubo e un limmortacciloro, ci ricordano la sublime verità delle verità: #SONTUTTIUGUALI!
Poi andiamo a nanna orgoglioni di essere i ribelli evoluti che “hanno capito” e “non si fanno più fregare”.
E’ vero che è peggiorato tutto il peggiorabile da quando ci siamo moltiplicati così tanto da stravincere col 51% le europee, ma sarà solo una coincidenza.
Di niente, figurati. Anzi sono io che ringrazio quelli come te che danno infinito materiale ai miei beniamini del webbe per le loro succulente indignate dirette,. E stai tranquilla perchè i tuoi elettori non sono tra i followers dei miei beniamini della controinformazione, quindi il rischio che ti facciano perdere elettori è inesistente. Al massimo possono convincere quelli dei tuoi avversari politici ad entrare nell’utilissimo club degli evoluti. Pensa che, quando non hanno argomenti attuali per bastonare mediaticamente i tuoi avversari, perchè la pensano uguale su determinati argomenti, li fanno diventare “invisibili”, come se non esistessero. Geniale eh? E manco provano vergogna nel farlo. E’ come se avessero un super potere che rende immuni dai sensi di colpa.
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