La fine della partecipazione

(di Antonello Caporale – ilfattoquotidiano.it) – Luca Ricolfi, l’opinione pubblica sembra scomparsa. È un effetto ottico?
No, ma non è un fatto recente. Circa trent’anni fa, Eugenio Scalfari mi disse una frase che allora non capii: “Stiamo diventando tutti dei monologhi ambulanti”. Credo si fosse accorto che stavamo perdendo il piacere di dibattere in pubblico, sui giornali, in tv le grandi questioni, e di farlo fra persone pensanti, che si rispettano reciprocamente. Oggi ognuno fa il suo discorsetto nell’indifferenza generale, ignorato da chiunque non sia della medesima parrocchia. Il trionfo dei social è anche conseguenza della chiusura autoreferenziale dei media tradizionali.
Il dibattito pubblico è praticamente inesistente, l’interesse alla politica è confinato ai talk show anch’essi però ristretti dentro un circuito super minoritario. La democrazia vive se è partecipata, altrimenti rotola verso un dolce autoritarismo.
Ma partecipazione significa anche essere informati, volontà di sapere come le cose stanno effettivamente. I conduttori di talk show hanno una grande, grandissima responsabilità nella degenerazione della politica. Quasi tutti commettono i quattro delitti del cattivo conduttore: invitare persone impreparate, inflazionare le trasmissioni di colleghi giornalisti, aizzare i contendenti, consentire che ci si parli sopra. E, in alcuni casi, il delitto n. 5: interrompere aggressivamente chi non la pensa come il conduttore.
La sinistra sembra non avere più parole, la destra comanda senza governare, non mobilita, non alimenta passioni. Lei è un liberal, ma anche il centro dello schieramento politico assomiglia a un luogo della fantasia.
Non mi sento un liberal, qualsiasi cosa voglia dire, e non amo i partiti di centro. Semmai, sono uno che pensa che la sinistra non sia di sinistra, e che avesse ragione Pasolini: il cosiddetto progresso non è progresso. Quanto alla destra e alla sinistra attuali, mi sembra che quello che le accomuna è la totale mancanza di onestà intellettuale.
La paura è radice e destino di questo tempo. La paura della guerra, la paura che la corsa agli armamenti tolga soldi al welfare, la paura degli immigrati, la paura per il cambiamento climatico, la paura per l’intelligenza artificiale.
Aggiungerei: la paura per la criminalità, per l’erosione della privacy, per la burocrazia, per la solitudine, per l’insuccesso. La domanda è: chi si farà carico, a livello politico, di tutte queste paure?
Già, chi capitalizzerà la paura?
In teoria, potrebbero farlo sia formazioni convenzionalmente etichettate come di destra (Afd, ad esempio), sia formazioni etichettate come di sinistra (la BSW di Sahra Wagenknecht). Di fatto, però, sono le formazioni di destra ad avere più chance di offrire uno sbocco politico alla paura. Quasi tutte le paure di oggi sono paure del futuro, e la paura del futuro genera rimpianto per il passato, un sentimento che è assai più congeniale alla destra che alla sinistra. La destra è naturalmente predisposta a vedere i limiti del cosiddetto progresso, la sinistra – o più esattamente la sinistra ufficiale – è da decenni succube dell’establishment progressista, che ha voluto la globalizzazione, venera la crescita, adora la tecnologia, sogna le frontiere spalancate, e ora si trastulla pure con il riarmo europeo. La critica del progresso, a sinistra, ha voce solo a livello filosofico, con pensatori come Pasolini, Jean Claude Michéa, Slavoj Žižek, Serge Latouche, Costanzo Preve.
Fino a ieri sembrava che populismo e sovranismo fossero la bandiera dei poveri in canna, dei diseredati, degli incazzati. Con Trump scopriamo inveceche è vessillo dell’élite produttiva, dei grandi ricchi.
In realtà i grandi ricchi semplicemente stanno con l’establishment, dunque ieri con Biden, oggi con Trump. I concetti di “sovranismo” e “populismo” sono vacui, frutto della pigrizia intellettuale degli studiosi di politica, sempre pronti ad etichettare, ma incapaci di intendere.
ci pensa lui con le sue “perle” di sconcezza
"Mi piace"Piace a 1 persona
Parla della “sinistra ufficiale” riferendosi, ovviamente, al Pd.
… E quella “non ufficiale”?
“Non ufficiale” perché volutamente ignorata, per non fare ombra a quella ufficiale…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Luca Ricolfi è un intellettuale moderato (qualsiasi cosa quest’aggettivo significhi), intelligente e riflessivo con cui avere piacere di discutere al di fuori del rumore di fondo del fastidioso chiacchiericcio imperante nei media. Basti vedere i nomi che cita, tra cui spicca Costanzo Preve (mio maestro personale che mi “ha salvato la vita” dalla caduta del muro in poi) per capire che sa di cosa parla. Di incommensurabile grandezza l’utilissimo suo libro “Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori“ che ognuno dovrebbe leggere prima di discutere, in primis, dell’atteggiamento mentale della cosiddetta Sinistra ufficiale. In un dibattito a due (lungo almeno un’ora e mezza) con Conte, questi ne sarebbe sicuramente soddisfatto (venga organizzato!!). Poi la catalogazione in Destra, Sinistra… che sono categorie obsolete (preferisco alto/basso) in quanto ambedue nei fatti neoliberali o neoliberiste più o meno allineate, non è utile per affinare il pensiero critico rivelatorio e rigenerante che ciascuno dovrebbe coltivare. Certo l’ideologia, di cui parlava Gramsci e nessun altro, è un punto di arrivo e non di partenza pregiudiziale, nella formazione personale di ogni essere pensante alla ricerca di senso.
Cosa dire ancora? Praticamente tutto e ancora di più… ma, come dice il proverbio, se l’arte è lunga… il tempo/spazio è quello che è! A parte averne le capacità.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Comunque per sapere come mai sono ‘antipatici’ basterebbe in quel libro la foto di D’Alema sulla copertina e di Schlein sul retro. Renzi no perché non è nemmeno di sinistra.
"Mi piace""Mi piace"
Caro Rico….. la gente sta imparando a spegnere la TV…. l’unica scelta saggia per cominciare a ragionare con la propria testa e non coi Talk..tic. toc…. eccc.!
"Mi piace"Piace a 3 people
Esatto. Ha capito che i talk-show sono solo dei teatrini dove i politici fingono di litigare e dove l’informazione latita. “talk-show” significa infatti “spettacolo della parola”, si tratta quindi di puro intrattenimento, di finzione. La disaffezione politica, inoltre, ha contribuito a un distacco dei telespettatori dai talk, condotti peraltro da giornalisti faziosi. Va detto, comunque, che dall’avvento di Internet la Tv generalista ha perso ascoltatori in favore dei nuovi mezzi di comunicazione. Se la Tv oggi è seguita prevalentemente da persone anziane, non ha davanti a sé un futuro roseo. 🤔
"Mi piace""Mi piace"
Infatti… commento più che preciso il tuo
"Mi piace""Mi piace"