(di Luca De Carolis – ilfattoquotidiano.it) – Addio all’ultimo totem, quello dei due mandati: questa volta nero su bianco. In un plumbeo martedì romano, Giuseppe Conte riunisce i dirigenti dei Cinque Stelle raggrumati nel Consiglio nazionale, e spiega la via per lasciarsi alle spalle la regola, cambiando il Codice etico con il voto degli iscritti sul web. Partendo da deroghe per chi vorrà ricandidarsi per la terza volta in Parlamento o negli altri livelli elettivi: i nomi dei “salvati” li proporrà Conte al Consiglio nazionale per la ratifica, e saranno ripartiti secondo quote fisse.

Tradotto, il 5 per cento dei prossimi candidati alle Politiche o negli enti locali saranno “derogati”. Scelti, spiega l’avvocato, per meriti: dalla presenza sul territorio alla produttività in Parlamento e negli enti locali, misurata con il tasso di presenze in aula e l’attività svolta (proposte di legge, interpellanze, e così via), fino alla regolarità nelle restituzioni. Dettaglio importante, le deroghe andranno approvate anche dagli iscritti. Dopo due mandati ci si potrà candidare senza deroghe apposite come presidenti di regione o come sindaci. E poi c’è la regola dello stop and go: chi è stato fermo per cinque anni dopo aver fatto due mandati potrà tentare una terza corsa. I limiti sui mandati non varranno nei comuni sotto i 15 mila abitanti, ma solo per i centri più grandi. Infine, una norma per favorire “chi ci ha messo la faccia”, come teorizza Conte: si potrà correre per un posto in Parlamento solo dopo essersi almeno candidati a livello territoriale. Questo lo schema illustrato dall’ex premier, e anticipato dal Fatto. Le nuove regole però suscitano qualche mal di pancia, e un nodo interpretativo. In riunione qualcuno obietta sullo stop and go, e c’è chi solleva perplessità anche sulla differenza di regole tra i comuni. “Così molti eletti in centri comunque piccoli rischiano di bruciarsi un mandato” sussurra un big a margine del Consiglio. Ma emerge pure una questione normativa. Cosa ne sarà della vecchia regola del mandato zero, che non conteggiava il primo mandato da consigliere? Se non valesse più resterebbero fuori le ex sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino, già al terzo mandato per aver fatto il primo da consigliere comunali, e anche i due capigruppo Stefano Patuanelli e Riccardo Ricciardi, nella stessa situazione (il primo è stato consigliere a Trieste, il secondo a Massa). A meno che la deroga non valga a prescindere. Di certo Conte non vuole escludere questi big. Così per risolvere gli ultimi scogli normativi interrompe il Consiglio per riconvocarlo all’ora di cena, cancellando la prevista assemblea con i parlamentari. E in serata riammette il mandato zero, risparimandosi un bel guaio.