“Con Vladimir Donald parla di Artico e Cina. Invece il Papa ha una chance”

(di Salvatore Cannavò – ilfattoquotidiano.it) – Con Lucio Caracciolo, direttore di Limes, un’autorità nel campo dell’analisi internazionale, commentiamo la situazione dopo la telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin.
Si tratta di un avanzamento, di un semplice pour parler o addirittura, come sostiene qualcuno, di un fallimento?
Ritengo che l’esito della telefonata confermi quello che già si sapeva: Trump non ha un interesse specifico per la guerra ucraina, che come ha ricordato il vicepresidente Usa, JD Vance, è la guerra di Biden e degli europei. Il messaggio cifrato è: risolvetevela da soli. L’idea di stilare un Memorandum a questo punto sembra inutile e il risultato è che Putin può accentuare la pressione militare e forse allargare il suo controllo sull’Ucraina, in Donetsk, in particolare, dove i russi stanno avanzando in maniera più rapida del solito.
Qual è l’obiettivo di Putin?
L’obiettivo russo, più immediato, è prendersi le quattro regioni occupate e costringere Zelensky ad ammetterne la perdita. Quello più strategico, e che dipende anche da Usa e Ue, è impedire l’accesso dell’Ucraina nella Nato che nemmeno gli Usa vogliono. Su questo ci sono posizioni diverse tra gli europei, ma è chiaro che per Putin l’obiettivo di fondo è impedire che forze militari straniere abbiano strutture e installazioni in territorio ucraino. È questa la ragione di fondo dell’intervento militare russo in Ucraina. Tutto ciò mette in seria difficoltà Zelensky, perché sul fronte militare le cose vanno male e al momento l’unica speranza è che gli Usa non tolgano l’aiuto finora garantito, almeno nel campo dell’intelligence.
Ieri è stato varato il 17° pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia: come giudica la strategia europea?
I paesi europei rimangono in una posizione marginale perché non hanno né la voglia né la capacità di ingaggiare una guerra vera contro la Russia. Il 17° pacchetto non servirà a molto se non a colpire le nostre economie: dalle sanzioni già applicate, infatti, abbiamo pagato prezzi alti con risultati zero. Al contrario, nel medio periodo, stanno trascinando la Russia in una economia di guerra e questo è oggi un fattore fondamentale da cui non sarà semplice tornare indietro.
Sta cambiando cioè la struttura interna russa?
Per dirla con parole più semplici, gli oligarchi che hanno fatto grandi profitti grazie alla guerra in Ucraina ingrossano prepotentemente le file dei falchi. E questo mette pressione su Putin, che anche se avesse voglia di fare la pace, se la farebbe passare rapidamente. Solo che una situazione simile vale anche per noi europei: il riarmo sponsorizzato dalla Germania, che vuole diventare la prima potenza militare del continente arrivando al 5% del rapporto tra spese militari e Pil, è infatti soprattutto una questione di politica industriale e di riconversione delle nostre economie, a favore di un maggior peso dell’industria militare. Se un’azienda come Rheinmetall acquista impianti Volkswagen per costruire Panzer invece del Maggiolino, lo fa perché conviene a entrambe le aziende: le cifre di cui si parla fanno veramente gola a tutti.
Qual è quindi la strategia di Trump? Aveva detto che avrebbe fatto finire la guerra in 24 ore…
Nessuno poteva prendere sul serio quella battuta. Ma c’è una linea abbastanza chiara nella strategia trumpiana. Il primo elemento consiste nell’affermare che l’Ucraina non è un affare americano. Una volta che ha dimostrato che la Russia non è una minaccia strategica, Trump può legittimare la scelta di concentrarsi sulle due direttrici che più lo interessano: la fortificazione dello spazio nordamericano e artico e poi il contenimento della Russia e della Cina. E credo che con Putin parli soprattutto di questo.
Di Artico e di Cina?
Sono le questioni che più interessano entrambi strategicamente. Prima di tutto l’Artico, la regione del futuro per via delle risorse formidabili, e perché la fusione dei ghiacci può creare la rotta più importante al mondo in grado di unire il Nordamerica e l’Oriente senza passare per Suez. Poi ci sono le risorse minerarie e soprattutto l’acqua, una commodity ormai di grande fascino visto che il problema idrico diventerà decisivo non solo per bere o per l’agricoltura, ma per l’intelligenza artificiale che ha bisogno di acqua per il raffreddamento dei data center. Per quanto riguarda il rapporto con la Cina, poi, penso che sia centrale anche la questione nucleare, cioè il rischio che l’Iran o altri paesi si dotino della bomba atomica, cosa che non conviene a Usa e Russia e nemmeno alla Cina. Sono uniti su questo punto
Sarebbe possibile uno scenario di accordi globali?
Credo che si vada concretizzando in una prospettiva non troppo lontana, quella che a Limes chiamiamo la componenda tra Usa, Russia e Cina per riscrivere i loro rapporti che non saranno mai amichevoli, ma che non possono andare oltre una normale competizione pena la distruzione totale del pianeta. Questa dinamica la si vede in diversi atti e in ogni caso, nel rapporto tra una Cina che ha messo gli Usa in una posizione di dipendenza e Trump che intende liberarla, Putin spera di essere rilegittimato agli occhi dell’Occidente che resta in cima al suo particolare ordo amoris. La guerra in Ucraina si capisce solo da questo punto di vista.
Si parla infine di un possibile negoziato in Vaticano: è una battuta?
Non è una battuta. Leone XIV ne ha discusso con Vance. Trump e Prevost non hanno lo stesso background, ma da americani hanno una mentalità pragmatica. Ricordiamo che anche sotto Francesco il Vaticano si era mosso nella direzione del negoziato, ma non lo faceva vedere. E questa è una lezione che dovrebbe essere appresa da diplomazie che sembrano pensate solo per le comunicazioni ai media: vanno molto di moda, ma non servono affatto ad arrivare alla pace.
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Alessandro Volpi
Il governo Merz è il più duro avversario del tentativo, sia pur contraddittorio e strumentale, di mediazione, sulla vicenda Ucraina, del presidente Trump. Forse un motivo c’è…. Le tre principali società tedesche di produzione di armi, Rheinmetall, Renk e Hensoldt, stanno conoscendo un rally incredibile che ha portato i loro titoli al valore più alto di sempre. La Germania punta sul riarmo per alimentare una bolla finanziaria autoctona, con l’aiuto dei grandi fondi – Black Rock e Vanguard – che in Rheinmetall hanno quasi il 10 per cento. Lo schema è semplice: i risparmiatori tedeschi danno i loro soldi alle Big Three che li mettono nelle tre società tedesche, spinte al rialzo dai venti di guerra. E’ chiaro allora che Merz, ex amministratore di Black Rock, non ami i tentativi di mediazione.
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👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻
Certo, se la Russia “patteggia” finisce il grande pericolo…quindi cade tutto il castello di carte degli 800miliardi di riarmo… e morta lì!!!
Ntuqlu alla Germania, direbbe Albanese… 🤗
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Che farabutti questi Big Three; anzichè investirli in società in cui le quotazioni e quindi i rendimenti sono in salita, dovrebbero investirli in società che sono in perdita.
Cosi poi vai tu a spiegare agli operai che hanno sottoscritto l fondi per le pensioni integrative, quali Fonchim e Cometa e che hanno anche loro partecipazioni nei Big Three , di quanto sia bello ed etico trovarsi con quote pensionistiche ridotte.
Mi raccomando quando vai, per essere più convincente, portati la Basile e avvisami; cerco di esserci anch’io.
Per nulla al mondo mi perderei uno show del genere
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E’ proprio vero: un bel tacer non fu mai scritto…
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Anche un bel pensar
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Fossi meno pallone gonfiato ci guadagneresti in lucidità. Forse bisognerebbe applicarti le stesse regole del MotoGP sulla pressione gomme? Lì fanno schifo ma con te potrebbero funzionare 😀
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Tu mi dai sempre del pallone gonfiatyo.
Non voglio convincerti del contrario; è solo tempo perso.
Ma almeno riesci a renderti conto che non c’è una che sia una sola volta che riesci ad entrare nel merito di un argomento e quando ci provi ti finisce male?
Almeno a questo riesci ad arrivarci?
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Veramente ci sono entrato diverse volte, ma i palloni gonfiati come te evidentemente non riescono ad ammetterlo. Sei ottuso oltre ogni limite di dialogo. E non è colpa mia.
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Finalmente un’analisi seria. L’Europa attualmente non ha alcuna influenza nè in un verso nè nell’altro (chi continua a dire che sono dei sabotatori o non riesce a capirlo o è in malafede), Putin se ne frega altamente di intavolare delle trattative serie perchè vuole capire fino a quanto gli americani si disimpegneranno.
Il riarmo europeo avrebbe dovrebbe essere presentato per quello che serve, ovvero per uno sforzo minimo necessario al fine di “fare da soli” (senza gli americani), e non a prevenire un’invasione russa della UE. Tuttavia i russi rimarranno in attesa di vedere cosa succede alle dinamiche NATO ed UE in relazione ai Paesi Baltici (le loro priorità, dopo l’Ucraina, saranno Moldavia e Georgia).
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L’intervista presenta un’analisi interessante e ricca di spunti, ma ci sono alcuni punti che meritano un approfondimento e, in certi casi, una maggiore cautela.
Affermare che le sanzioni europee contro la Russia siano state inefficaci è un giudizio che andrebbe prima parametrato rispetto agli obiettivi dichiarati delle sanzioni stesse e al tempo necessario perché producano effetti visibili.
Le sanzioni non agiscono in modo immediato, soprattutto su un’economia complessa e fortemente statalizzata come quella russa. Tuttavia, già oggi emergono segnali concreti di difficoltà:
Questi dati non sono opinioni, ma elementi oggettivi che indicano come l’effetto delle sanzioni sia reale, anche se non immediatamente “risolutivo”. Il fatto che queste aziende non siano fallite non implica l’assenza di conseguenze: perdita di investitori, difficoltà operative e contrazione delle attività sono effetti significativi.
Sull’ipotesi di portare la spesa militare tedesca al 5% del PIL, è opportuno precisare che si tratta di una dichiarazione politica del ministro Pistorius, non ancora sostenuta da un documento ufficiale o da un piano vincolante. Pistorius ha detto che “potrebbe” accadere, ma si tratterebbe di un processo graduale, vincolato alle condizioni fiscali del paese.
Infine, l’idea di una “componenda” tra USA, Russia e Cina per riscrivere l’ordine globale è suggestiva, ma ci sono ostacoli geopolitici notevoli, primo fra tutti Taiwan, su cui Stati Uniti e Cina mantengono posizioni inconciliabili. Pensare a una cooperazione stabile tra questi attori presuppone la risoluzione di nodi strategici di portata mondiale, al momento tutt’altro che prossimi a una soluzione.
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