Avs e M5S sono granitici e compatti contro lo shopping militare e sullo stop alla precarietà. I dem navigano a vista

(di Raffaella Malito – lanotiziagiornale.it) – Puntualmente, come ai bagni di Ferragosto e ai pranzi di Natale, i partiti di opposizione si presentano divisi sui voti che contano. Che si tratti di piano di riarmo o di lavoro fioccano i distinguo. Il centrodestra compatto spinge per l’astensione (tranne Noi Moderati, che è per 5 “No”) sui cinque referendum dell’8 e del 9 giugno. I 4 sul lavoro di fatto cancellano il Jobs act. L’altro sulla cittadinanza, per ridurre da 10 a 5 gli anni necessari per ottenerla, lo promuove un comitato di cui fa parte Più Europa.
Centrosinistra in ordine sparso sui referendum di giugno
Il centrosinistra invece si presenta con posizioni diverse tra i partiti e, come nel caso del Pd, con distinguo all’interno dello stesso partito. Totale sintonia sui cinque quesiti c’è tra il leader della Cgil Maurizio Landini e Alleanza Verdi e Sinistra. “Con 5 Sì ai Referendum dell’8 e 9 giugno può cambiare concretamente e in meglio la vita di milioni di cittadini del nostro Paese”, affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs.
Il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha schierato compatti i suoi per i 4 sì ai quesiti sul lavoro.
L’ex premier lascia libertà di scelta su quello sulla cittadinanza ma fa sapere che anche su quello lui personalmente voterà sì. “Io credo che il modo migliore per costruire un processo di coesione sociale che coinvolga senza paure, senza fobie, discriminazioni anche gli immigrati sia quello dello Ius Scolae. Di fronte quindi a questo referendum abbiamo deciso per la libertà di voto per ciascun iscritto. Io l’ho anticipato poi personalmente, voterò sì, anche se temo che il Paese non sia pronto a questo dimezzamento e che la battaglia per migliorare e modificare l’acquisto della cittadinanza sarà buttata via”, ha spiegato Conte.
Solito psicodramma nel Pd
La leader del Pd, Elly Schlein, si è schierata per i 5 sì ma la frangia riformista di renziana memoria si è ribellata.
“Voteremo sì al referendum sulla cittadinanza e sì al quesito sulle imprese appaltanti. Ma non voteremo gli altri 3 quesiti”, hanno annunciato in una lettera a Repubblica Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Marianna Madia, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Filippo Sensi.
+Europa è nel Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza, quindi il sì su questa scheda è ovvio. Meno per i quesiti sul lavoro, dove il partito di Riccardo Magi ha optato per il sì a quello sugli appalti e no agli altri sul lavoro.
Matteo Renzi ovviamente difende il suo Jobs act ed è deciso per il sì alla cittadinanza. Sì alla cittadinanza e no ai referendum della Cgil anche da parte di Carlo Calenda e Azione.
Avs: alla guida del campo progressista no leadership conservatrici
Interpellato da La Notizia Marco Grimaldi, vicepresidente di Avs alla Camera, sui distinguo all’interno del Pd non ha dubbi: “Queste posizioni sono frutto degli errori del passato che ci hanno portato a sbattere. Noi che il Jobs Act abbiamo avversato paghiamo i loro errori e siamo all’opposizione anche per questo. Sono sanabili queste grandi contraddizioni interne al Partito democratico? Non so quanto possano coesistere ma sono certo che gli elettori del Pd oramai sappiano che un’alleanza alla quale è affidato il non piccolo compito di battere le destre non può permettersi di avere leadership conservatrici alla guida del campo progressista”.
Il M5S preferisce non commentare. Ma il Movimento sui grandi temi del no al riarmo, sì al salario minimo e no alla precarietà, è granitico e compatto come Avs, contrariamente al Pd che anche sul salario minimo in passato ha opposto resistenza.
E rimangono i dubbi su come, fino a quando resisterà la frangia riformista all’interno del Pd, sarà possibile costruire un’alleanza solida nel campo dei progressisti. Per non parlare poi di campo largo che chiama in causa le posizioni guerrafondaie e neoliberiste in campo economico dei renziani e dei calendiani.
Si continua a infilarlo nel centrosinistra, ma il M5S è una forza politica indipendente.
“E rimangono i dubbi su come, fino a quando resisterà la frangia riformista all’interno del Pd, sarà possibile costruire un’alleanza solida nel campo dei progressisti”.
E’ proprio questo il punto. La frangia riformista all’interno del PD è un ostacolo per ogni alleanza di governo con il M5S, ma la colpa è anche della Schlein che, per non spaccare il partito, si piega ai voleri dell’opposizione interna. Solo una scissione definitiva, con la defezione dell’ala riformista, le permetterebbe di muoversi liberamente. Ma al momento non sembra una cosa possibile.
Comunque, il PD che su alcuni temi vota come la maggioranza, non può essere un’alternativa credibile alla destra. L’unica vera alternativa è il M5S.
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L’alternativa si costruisce interrompendo immediatamente qualsiasi rapporto col pd per costringerlo alla tesa dei conti interna. È una operazione che andava fatta già un anno fa abbondante, dopo avere dato ampie possibilità di ravvedimento. Il pd è destra e la segretaria non controlla il suo partito.
Se Conte ritiene di proseguire su questa strada usi almeno la delicatezza di cambiare simbolo e nome per non offendere la memoria di ciò che è stato il movimento. Risparmi almeno questa crudeltà.
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il movimento che è stato ci ha fatto due governi, col PD, uno per far fuori Conte. Nel 2013 e nel 2022 fu il PD a non volere accordi. E, con gioia dei rondoliniani, oggi il pdc è Meloni invece di Conte. Nessun ripensamento sul governo con Salvini.
i flussi elettorali svelano che l ascesa del m5s che fu è legata alla discesa del pd renziano, passato dal 40% delle Europee al 18 – 19% delle politiche 2018- 22, col dimezzamento dei voti.
Gli elettori ex PD, transitati in molti dal m5s, sono il nucleo stramaggioritario degli astenuti, molti di più degli ex 5s. Nel 20-22% che oggi si stima voterebbe PD ci sono fondamentalmente persone che non vogliono Renzi e che hanno votato Schlein alle primarie. Chi doveva votare terzo polo lo ha già fatto. E moltissimi di loro appoggerebbero un alleanza coi 5s di Conte.
l alleanza è con queste persone,cari rondoliniani, non con Fassino o Gerini, o la Picierno. Quello è un discrimine, e lo sapete. Come sapete che non ci sono ponti da rompere,perché la gerarchia PD non vuole accordi politici strutturati con Conte, non con i 5s chr furono. Con quelli, tra elevati, si intenderebbero subito.
Poi, se a livello locale si Fano accordi per mandare a casa la dx, che è il nemico politico,per me sarebbe un delitto politico non farli. I 5s che furono, con la vergogna ligure, hanno salvato il governo Meloni. Il loro ruolo è quello, inutile immaginare qualcosa di diverso.
Inoltre, per il PD è più semplice. Un programma,fuori dalle balle Renzi, e magari molti astenuti tornerebbero a votarlo. Per i 5s, un programma certamente in linea con le origini, una condotta ineccepibile dei propri rappresentanti non bastano mai. Bisogna colpire Conte,come fa Renzi e il mainstream. Quello vale più del poter governare a favore dei cittadini. Lo fanno meglio Renzi, Meloni e Salvini, per loro. Non credo si potrà far affidamento su di loro in un.percorso politico. Troppo elevati. Troppo puri. Si contaminerebbero, e preferiscono contaminare.
Dovendo scegliere tra Conte e loro,mi farò una ragione della loro estraneità al movimento che voto.
Quanto al nome e al movimento che fu,non c è nessuno che ha fatto onore al simbolo ed al movimento come Giusepoe Conte, da pdc, da pervicace difensore sella sua esistenza e continuità, da esempio di dedizione, coerenza, fedeltà ed etica personale e politica. Elevato scomunicato da chi ha tentato e sta tentando di distruggerlo, il Movimento 5s e la sua rappresentanza.
“Il cambianento si fa in cabina elettorale. Andando a votare”. Meloni, che dice di ispirarsi a Paolo Borsellino, che pronunciò queste parole, invita a non votare si referendum. Fa la rondoliniana. Non so quale sia l indicazione del guru delle origini o dei suoi adepti. Se mi sono perso gli appelli di Grillo, giratemeli, per favore. Anche quelli di Toninelli. Confido maggiormente in dibba, ma mi piacerebbe urlasse al riguardo. Schierarsi. E votare. Sempre.
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