Nel ’95 al voto il 50% e poi mai più fino al 2022, con l’eccezione del 2011

(adnkronos.com) – Caccia a 26 milioni (circa) di votanti. E’ un lavoro ‘sporco’ ma è quello che sono chiamati a fare i promotori dei referendum dell’8 e 9 giugno, quando gli italiani sono chiamati ad esprimersi sui quattro quesiti sul lavoro e su quello sulla cittadinanza. Per la Costituzione, infatti, essendo di tipo abrogativo questi referendum devono ottenere il quorum per essere validi: deve cioè votare il 50% più uno degli aventi diritto, che in Italia sono circa 51 milioni. E a guardare la storia referendaria i promotori Cgil e Comitato per la cittadinanza devono lavorare sodo (e incrociare le dita).
Cosa è successo in passato
In Italia si sono svolti sino ad oggi 72 referendum abrogativi e con i prossimi si arriverà a quota 77. In assoluto, comprendendo quindi tutti i tipi di voto referendario, gli italiani sono stati chiamati a esprimersi per 78 volte. Con la tornata del prossimo giugno si toccherà quindi quota 83 a partire dalla storica scelta tra monarchia e Repubblica del 2 giugno 1946, un referendum non di tipo abrogativo.
Il primo quesito di questo tipo è anche il più famoso, quello del maggio ’74 sul divorzio, quando il mondo cattolico si rivolse agli italiani per chiedere se volevano o no la legge Fortuna-Baslini, in vigore dal dicembre del ’70. Il referendum, come è noto, nacque proprio ‘grazie’ a quella legge come una sorta di risarcimento alla Dc che aveva subito lo smacco dell’approvazione di un provvedimento cui era fortemente contraria.
Il quorum
Storia a parte, il quorum è la spada di Damocle per tutti i referendum abrogativi. Su 72 quesiti di questo tipo in Italia in 39 casi si è raggiunto il quorum e per 33 volte no. Per gli amanti della statistica nei 39 casi in cui è stato centrato il quorum per 23 volte ha vinto il sì e per 16 casi il no. Questo però dice relativamente poco su vincitori e vinti. Nel caso del divorzio, per esempio, a promuovere il referendum era stato un ‘cartello’ di stampo cattolico che con il no venne sconfitto, con la legge Fortuna che rimase in vigore.
Indicativo è il trend del quorum. Dal divorzio (’74) al 1995 (privatizzazione Rai il più famoso tra i quesiti) la soglia richiesta dalla legge è stata sempre raggiunta con una sola eccezione: il 1990 (caccia), quando l’affluenza si fermò tra il 42 e il 43%. Una striscia positiva portata a casa nonostante il celebre ‘andate al mare’ di Bettino Craxi, che nel ’91 non riuscì a fermare l’onda sollevata dai quesiti proposti da Mario Segni sulla preferenza unica, passati con il 95,6% dei sì e una affluenza del 62,5%.
Dalla privatizzazione Rai, quindi negli ultimi 30 anni, il segno del quorum è andato in senso diametralmente opposto: dal 1997 (carriere dei magistrati tra i referendum di allora) al 2022 (Csm, tra gli altri) il mal di quorum si è diffuso stabilmente e nessun referendum abrogativo ha avuto validità. Con una sola eccezione: il quesito del 2011 sull’acqua pubblica che ebbe una affluenza del 54,8%.
In termini assoluti invece, nel Guinness dei primati dell’affluenza bisogna iscrivere il referendum sul divorzio con il suo 87,7%. Nella top five dell’affluenza figurano poi, nell’ordine, il quesito del 1978 (finanziamento pubblico ai partiti) con l’81,2%, quello del 1981 (leggi anti terrorismo e aborto) con il 79,4%, quello dell’85 (scala mobile) con il 77,9% e quello del 1993 (finanziamento ai partiti, tra gli altri) con il 77%.
Al contrario, Cenerentola dell’affluenza sono invece i quesiti del 2022 (Csm e magistrati), ultimo referendum sin qui celebrato e fermo a quota 20%. A seguire nel 2009 (premio di maggioranza, tra gli altri) affluenza al 23,3%, nel 2003 (art 18) e nel 2005 (Gpa) tutte e due le volte al 25,5 e nel 1997 al 30,2%.
Sono referendum con quesiti ad altissimo contenuto progressista. È anche una prova generale per le prossime politiche del 2027 tutto sommato. Vediamo come si comportano col supporto i potenti media che vantano appartenenza all’ area. Ed essere dubitativi è già segnale di un certo tipo. Vediamo..
E soprattutto speriamo che la sveglia suoni presto per il nostro amato Pdr, così potrà andare al seggio all’ apertura e fare da traino per la pattuglia composta da cittadini dotati di alto senso di responsabilità. E magari stavolta si fa il botto sul serio con la affluenza 🤞
"Mi piace"Piace a 1 persona
Si voterà su questo 👇
https://www.referendum2025.it/
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie!
"Mi piace"Piace a 1 persona
I referendum non vanno confusi con le politiche. Non tutti gli elettori dei partiti che li sostengono si recheranno alle urne. Io, per esempio, non volevo andarci, poi ho cambiato idea. Nel 2016 Renzi cantò vittoria perché il Sì prese il 40%, poi il PD ottenne il 18% alle politiche. In quel 40% c’erano anche elettori del M5S, di FdI, di Forza Italia e della Lega, i quali poi confermarono l’orientamento di voto per il loro partito. Se i voti nei referendum equivalessero a consensi elettorali, il partito di Pannella dopo l’aborto avrebbe raccolto il 50% dei voti.
Comunque, questi referendum andavano promossi prima, quando c’era meno disaffezione politica, ora è più complicato raggiungere il quorum. Non è detto, però, che non si riesca a fare il miracolo. Manca ancora un mese e con una maggiore informazione il quorum si potrebbe anche raggiungere.
"Mi piace""Mi piace"
Quando vi licenzieranno senza motivo e senza tutele, ringrazierete chi vi ha invitato a non andare a votare l’8 e il 9 giugno! Il lavoro è un diritto, il voto un dovere e un diritto! Questo il poster gigante che sto preparando per i banchetti! Le persone devono essere svegliate il più possibile!
"Mi piace"Piace a 2 people
“il cambiamento si fa nella cabina elettorale.
Col voto”
(Paolo Borsellino)
"Mi piace""Mi piace"
QUORUM – Viviana Vivarelli
L’Italia è in teoria una repubblica democratica, cioè una repubblica che dà il potere al popolo, privilegiando addirittura i lavoratori, ma è democratica solo sulla carta mentre sostanzialmente i modi con cui il cittadino può dire la sua opinione sulle leggi sono pochissimi: -l’elezione per il Parlamento (ma l’elettore non ha la sicurezza che il partito che vota non si allei con partiti per lui indesiderabili o che non si facciano governi tecnici)
– e i sindacati (ma sappiamo tutti benissimo come i sindacati italiani difendano più sé stessi dei diritti del lavoro).
Restano le manifestazioni di piazza, permesse dalla Costituzione, ma punite dal Governo Meloni che penalizza anche la presentazione di cartelli, calpestando il diritto di espressione, e che legalmente non significano nulla, sono spesso infiltrate da elementi provocatori e vandali, attaccate dalle forze dell’ordine e oscurate o calunniate dai media.
Di solito le leggi sono fatte da minoranze di eletti che godono di sistemi elettorali poco democratici, molto spesso con lo strumento sbrigativo e accelerato del decreto, che il Governo usa in modo abnorme per scavalcare il Parlamento, e senza un serio controllo di legittimità costituzionale del Presidente della Repubblica, che ormai firma di tutto ridicolizzando la sua funzione. Ci dovrebbe essere un ulteriore controllo della Corte Costituzionale, ma è in parte formata dagli stessi che comandano e recentemente ha fatto passare come costituzionali anche le imposizioni aberranti sui vaccini.
Ultima spe dei cittadini contro leggi odiose e ingiuste è il
referendum.
L’8 e 9 giugno saremo chiamati a votare 5 quesiti di un referendum che vuole abrogare leggi lesive dei diritti del lavoro, come il licenziamento senza giusta causa.
I referendum possono essere di molti tipi: consultivi, costituzionali, territoriali, abrogativi.
Il prossimo sarà abrogativo, vuole cioè eliminare alcune leggi che vanno contro i diritti dei lavoratori.
In Italia per i referendum abrogativi è chiesto un quorum, cioè che a votare ci vada il 50% degli elettori più 1.
Il M5S voleva eliminare il quorum ma la cosa non è passata anche se non è molto giusto che il volere di chi si interessa della cosa pubblica sia impotente a causa di chi se ne frega di andare a votare..
Il fatto è che è abbastanza difficile avere un numero alto di votanti e l’attuale governo sta addirittura facendo appelli perché i cittadini non vadano a votare, li fa addirittura il n° 2 dello Stato, il vicepresidente La Russa e non c’è cosa più antidemocratica e incivile. Chi non vota non capisce che il voto è il più grande diritto che abbiamo e, se non lo esercitiamo, finiremo per perderlo insieme a tutti gli altri e l’Italia cesserà di essere una democrazia per diventare una dittatura.
Perché questo referendum sia valido dovrebbero andare a votare 26 milioni di votanti. E questo è abbastanza difficile, visto che chi è di destra non andrà a votare e molti non votano ormai per principio assurdo o per ignoranza o indifferenza.
Finora i referendum abrogativi sono stati 72 e tutti 83. Solo in 39 casi si è raggiunto il quorum e se non ci fosse stato il quorum, sarebbero stati vinti anche gli altri 33.
Quelli più votati sono stati: il divorzio, il no al finanziamento pubblico ai partiti, la depenalizzazione dell’aborto, la scala mobile, il divieto di finaziamento ai partiti. Ma, come si vede, anche dove i cittadini con forte maggioranza hanno detto no a qualche legge, i governi sono riusciti con espedienti vari a rimetterla lo stesso (vedi il finanziamento ai partiti o la chiusura dei consultori).
I referendum ci sono anche in altri Paesi europei ma non in tutti è richiesto un quorum, cioè un numero minimo di votanti.
In Danimarca, una modifica della Costituzione deve essere approvata dal 40% dell’elettorato; nel referendum abrogativo, una legge viene tolta se il 30% dell’elettorato la respinge.
In Italia non si può chiedere un referendum su materia fiscale o su trattati internazionali.
"Mi piace""Mi piace"