I giudici costituzionali i sono espressi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata da quattordici tribunali, in cui si chiedeva di valutare se fosse conforme ai trattati internazionali la cancellazione dell’abuso d’ufficio. Secondo la Corte, dalla Convenzione di Merida non deriva un obbligo tassativo di prevedere il reato

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(Giulia Merlo – editorialedomani.it) – La Corte costituzionale si è espressa sulla legge Nordio che ha abrogato il reato di abuso d’ufficio e la ha dichiarata costituzionale.

La sentenza con le motivazioni verrà depositata nelle prossime settimane ma – fa sapere una nota stampa della Consulta – i giudici costituzionali hanno esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici tribunali e dalla Corte di cassazione, chiedendo se l’abrogazione del reato non fosse in contrasto con gli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la convenzione di Merida).

La Corte ha dichiarato infondate le questioni «ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale».

Cosa è la convenzione di Merida

Il timore, espresso in via informale anche dal Quirinale, era che il ddl Nordio andasse incontro a un rischio di incostituzionalità perché la Convenzione di Merida prevede strumenti di contrasto alla corruzione, tra cui l’abuso d’ufficio.

Nordio si è sempre opposto a questa lettura, sostenendo che l’Italia ha un solido apparato penale contro la corruzione di cui l’abuso d’ufficio era solo un tassello e che la Convenzione non prevedesse tassativamente questo specifico reato. Secondo la sua opinione di giurista, essa impone un obbligo di incriminazione per le sole fattispecie corruttive, mentre rimette alla scelta degli stati membri quella sull’abuso d’ufficio. Di questo parere si è dimostrata anche la Consulta.

I rischi dell’abrogazione del reato

L’abrogazione del reato ha già prodotto e produrrà conseguenze giuridiche rilevanti. 

Come spiegato dal giurista Gianluigi Gatta senza abuso d’ufficio «spariscono 3.623 condanne definitive negli ultimi 25 anni» e anche i condannati che attualmente stanno scontando la pena la vedranno cancellata. Le condanne verranno revocate e pene in esecuzione cesseranno.

Gatta ha inoltre spiegato a Domani in un’intervista che «Non sono più punibili almeno tre condotte di malaffare nella pubblica amministrazione. L’abuso di vantaggio, che prevede la strumentalizzazione del potere da parte del pubblico ufficiale per fini personali. Il più odioso abuso di danno, nel caso di un pubblico ufficiale che abusi del suo potere per provocare un danno ingiusto a un cittadino. Ma soprattutto l’omessa astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, che di fatto era una tutela rispetto al conflitto di interessi».

L’Associazione nazionale magistrati, all’epoca del via libera in cdm, ha sottolineato come si rischino di aprire ambiti di totale impunità per gli amministratori locali: «Come può il diritto penale restare indifferente a un pubblico funzionario che abusa dei suoi poteri, che prevarica i diritti dei cittadini, che assume comportamenti di angheria nei confronti dei diritti dei privati? Questo è inaccettabile».