Alcatraz, la storia della prigione mito che ospitò Al Capone e che ora Trump vuole riaprire. Chiusa nel 1963 per questioni di budget, ora l’isola nella baia di San Francisco attira un milione e mezzo di turisti l’anno

(di Guido Olimpio – corriere.it) – C’è un nuovo Sceriffo in città e vuole una prigione che sia un simbolo di «legge, ordine, giustizia». Così Donald Trump, appena svegliato, ha ordinato di riaprire Alcatraz, l’isola penitenziario nella baia di San Francisco. Nelle sue intenzioni dovrà accogliere i più cattivi dei cattivi.
Ma per farlo serviranno molti fondi, perché riportare «The Rock» alle origini potrebbe voler dire un conto salato, in contrasto con la politica dei tagli. Il sito, aperto nel 1934 su una terra che una volta era dei nativi, venne chiuso nel 1963 proprio per ragioni di budget. Aveva bisogno di essere ristrutturato, con lavori estesi che avrebbero comportato un esborso tra i 3 e i 5 milioni di dollari. Troppi. Per cui abbandonarono l’idea, per poi trasformare dal 1973 l’area in un luogo turistico gestito dal National Park Service. Al posto delle guardie arrivarono i rangers, il primo passo per accogliere i tour, inclusi — a volte — quelli notturni. Una scelta premiata dal pubblico, con una media di 1.7 milioni di visitatori all’anno e buone entrate per le casse statali. Con comitive che raggiungono in traghetto la «rocca» per visitare i «bracci», ascoltare storie, scoprire dettagli di una Caienna dalla quale mai nessuno è riuscito a scappare. Forse.
In 29 anni ci sono stati 14 tentativi di evasione, tutti sventati e con un mistero su un episodio celebre avvenuto nel 1962 quando Frank Morris e i fratelli Anglin, dopo aver costruito dei manichini piazzati nelle loro brande, fecero perdere le tracce. Non si è mai capito se siano morti annegati in mare, portati via dalla corrente, o se invece alla fine siano riusciti dove gli altri avevano fallito. Fatto di nera affascinante, con quel mix di avventura e sfide, che ha fornito materiale per Hollywood ed è stato raccontato nel film con Clint Eastwood protagonista. Attorno altre «opere», sempre realizzate mettendo al centro il grande complesso dove erano finiti, tra gli altri, Al Capone e Machine Gun Kelly.

Nel frattempo, si sono moltiplicate le prigioni di massima sicurezza. Ve ne sono quasi una ventina, sparpagliate lungo tutto il territorio, «centri» dove scontano pene lunghissime terroristi, narcotrafficanti, spie, serial killer, individui responsabili di reati gravi e ritenuti pericolosi, sempre pronti a cercare una via di fuga. Secondo dati ufficiosi sono circa 20 mila i detenuti ad alto rischio, figure da non perdere di vista perché capaci di osare, tentare, inventare trucchi pur di riacquistare la libertà. Molti di loro sono finiti a Supermax, ribattezzato l’Alcatraz delle montagne perché costruito a Florence, in Colorado. Da qui non esci: lo hanno realizzato come un bunker, con regole severissime, controlli stretti e niente varchi.
Non per caso in una di queste «tombe» vegeta, dorme, sopravvive Joaquin Guzman, alias El Chapo, il padrino capace di «andarsene» dalle «allegre» carceri messicane usando — dicono — un grande carrello della lavanderia e il più classico dei metodi, il tunnel scavato dall’esterno da un pugno di complici. I suoi avvocati hanno chiesto invano un ammorbidimento del «regime»: per ottenerlo avrebbe dovuto collaborare.
condivido il progetto e mi auguro che verrà terminato prima della scadenza del suo mandato. tra’ quattro anni quando i repubblicani perderanno le elezioni sarà il detenuto numero a seguito tutti i suoi commensali dai familiari agli imprenditori cho oggi guadagnano milioni in borsa grazie alle sue mattatte comunicative
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