Bergoglio 1936-2025. Il papa della pace

(di Daniela Ranieri – ilfattoquotidiano.it) – Il magistero di Papa Francesco è sempre stato “politico”, oltre che spirituale. È stato il primo a parlare nel 2014 di “guerra mondiale a pezzi” e a denunciare che viviamo una crisi complessa, in cui guerra, povertà, disuguaglianze, emergenza climatica sono interdipendenti. I gesti e le parole del giorno prima della sua morte assumono un significato ancora più profondo: ne abbiamo parlato con Antonio Spadaro, Sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione e firma del Fatto.
Padre Spadaro, nell’Angelus di Pasqua il Papa dice: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo”. Fa una certa impressione vedere i politici riarmisti piangerne adesso la scomparsa. La sua voce faceva paura ai governanti dell’Occidente?
Papa Francesco è stato una figura morale di impatto globale, forse l’unica al mondo in questo momento. Ha interpretato il ruolo in maniera paterna: ci sono figli buoni e figli cattivi, ma sempre figli sono; il suo ruolo è sempre stato quello di tendere alla riconciliazione. Quando è stato in Myanmar decise di ricevere il generale (Min Aung Hlaing, ndr), poi responsabile della tragedia dei Rohingya a lui sempre molto cari. Formulò quasi una dottrina durante il viaggio di ritorno, dicendo che lui parla con tutti, e mai ha addolcito la pillola nel dire quel che pensava.
Tuttavia nell’aprile 2022, governo Draghi, Bergoglio fu esplicito: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi, pazzi!”.
Quando si rivolge a politici e capi di Stato lui punta il dito sui fatti, non attacca i singoli. Persino con Trump, ha parlato della questione della crisi migratoria, dei muri. La sua è una diplomazia “sartoriale”, tende a ricucire, a richiamare ai valori fondamentali.
Sul rispetto degli immigrati e dei lavori umili ha richiamato i vescovi americani. Anche per questo dava fastidio alla destra autoritaria?
Ha mandato la lettera su un tema molto diretto. Quando ha mandato gli auguri a Trump sembrava aver scritto un testo che era esattamente il contrario del suo programma elettorale, però formulato come augurio, e quindi invito.
Si è sempre detto che Ratzinger era il teologo, Bergoglio il “marxista”, il politico.
Il Papa è un pastore, dire che è un teologo è una diminutio. Ma Bergoglio aveva un senso mistico del suo pontificato. Era una persona estremamente avvertita sulla teologia. I suoi primi testi erano estremamente complessi. Si è semplificato progressivamente, passando da gesuita, a professore, a vescovo, a Pontefice.
Nell’Angelus ha detto che non occorre il riarmo, ma “usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo”. Praticamente il contrario di quel che si appresta a fare l’Europa col piano ReArm Ue, ribattezzato Readiness.
Il motivo per cui era seriamente preoccupato è che non vedeva schemi di pace sul tavolo di questo conflitto, ma solo schemi di guerra, pensati in una logica di riarmo.
Bergoglio non ha solo perorato la causa dei poveri, ma ha scoperchiato il sistema capitalistico basato sullo sfruttamento di lavoratori e risorse, denunciando l’insostenibilità del modello di sviluppo occidentale. Perché aveva tanto a cuore i poveri?
C’è una radice personale molto forte, lui ha sempre considerato i poveri come una riserva aurea della Chiesa, sin da quando era a Buenos Aires, con loro. Era normale per lui andare la domenica nelle villas miseria, dove trovava in quella umanità una risorsa di evangelizzazione. Sentiva che i poveri lo evangelizzavano.
… non il contrario? Non era colonizzazione?
Esattamente. Lui sente che c’è da imparare dai poveri. Non è mai stato classista. Il Bergoglio gesuita, non ancora vescovo, voleva che i poveri fossero in grado di relazionarsi con tutti gli ambienti. Per esempio, voleva che gli studenti andassero alla domenica mattina alle villas miseria e il pomeriggio al Teatro Colonna, che è il più prestigioso di Buenos Aires.
Ha ricordi personali legati a questo?
Quando andammo in Paraguay, visitò una favela prima di celebrare messa. Non avrei mai immaginato un Papa con le scarpe nel fango. È stato indimenticabile vedere con quanta naturalezza, come si trovasse nel suo ambiente, girasse per quelle case parlando con la gente, prendendo mate di qua e di là.
Non era altrettanto a suo agio tra i potenti?
Non ha mai amato il protocollo, però non aveva problemi a relazionarsi con i potenti in quanto persone. A volte doveva accettare la sedia delle autorità, ma era a disagio.
Il giorno prima di morire ha denunciato la “drammatica e ignobile” situazione a Gaza. Aveva già chiesto a Israele di smettere di bombardare ospedali e scuole. Per l’Europa e gli Usa, che foraggiano lo sterminio dei palestinesi per mano di Israele, sono parole dure. La comunità ebraica di Roma ha fatto sapere che non parteciperà al lutto.
Il Papa ha sempre avuto rapporti molto profondi con gli esponenti della comunità ebraica in Argentina, per esempio col rabbino di Buenos Aires, Abraham Skorka. Sembra sia difficile distinguere l’ebraismo dalle soluzioni politiche dello Stato di Israele. Sembra che criticare Netanyahu significhi essere antiebraici.
… o antisemiti.
Questo lo escludo nella maniera più totale. Lo so, oltre che da lui, dagli ebrei che lo hanno conosciuto.
Sembrava privo di vanità, immune dal narcisismo. In questo era opposto a Wojtyla.
Sono stati due grandi comunicatori. Wojtyla da giovane ebbe un’esperienza legata al teatro e alla poesia. Per lui la parola precedeva il gesto. Per Bergoglio era il contrario: aveva il senso della carezza, dello sguardo, prima che della parola.
Aveva paura della morte?
No, aveva paura di soffrire. Per fortuna non si è accorto di nulla, è morto salutando. È stata una cosa dolcissima.
Sono MEDAGLIE al valore. Mi sarei dispiaciuto se fosse stato il contrario.
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Questo per lui, ma per loro è un diploma di idiozia e di malvagità.
Non posso credere che non distinguano l’ebraismo dal sionismo… non ravvisino l’orrore nella politica criminale, assassina, genocida di Netanyahu.
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E gli americani che gli tengono il sacco ai zionisti.
Del resto, hai mai sentito la canzone ‘We are not in Kansas’?
‘Cosa hai imparato a scuola oggi, hai imparato a correre quando il maestro prega? Ti hanno insegnato almeno quel tanto da sapere in che stato vivi, ma non come uscirne e vincere’?
‘Cosa hai imparato oggi a casa? Hai imparato a odiare nel modo giusto? I tuoi genitori, liberati, hanno protetto i tuoi amici? Perché avevano abbastanza soldi, perché avevano la pelle giusta?’ ‘
‘Vado in giro pensando: Beh, che tipo di posto è questo? Forse è nei parchi. Ah, forse è nei negozi.
Ma so che, se siamo onesti, È nelle persone. Ma sono tutti bloccati nel traffico. Ascoltando il meteo.’
PS. sì, trovo sempre un buon motivo per ascoltare i Big Country. Del resto, hanno scritto quasi tutto quel che c’era da cantare. Pensa che hanno fatto nel 1988 il primo concerto rock a Mosca e il primo concerto rock a Berlino Est (150.000 spettatori). Era un concerto per la pace.
Adesso ci dobbiamo accontentare di Pupo…
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Giuro che non li ho mai neanche sentiti nominare…, 🤭☺️
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Strano come alle volte gente di poca qualità sia così famosa e altra di spessore sia dimenticata così in fretta, vero?
Per fortuna abbiamo il Tubo.
Peace in Our time, Mosca, 1988:
E questo è il concerto per la pace a Berlino Est, sempre 1988.
Non fosse altro che per questi, i B.C. dovrebbero essere ricordati in tutti i libri di Storia.
Invece, piuttosto esce un film sui Pink Floyd a Pompei, che per carità fu un evento appassionante, ma di sicuro non cambiò la Storia dell’Europa.
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Io, per decenni, non ho più seguito la musica.
Colpa mia, Sparvie’. Appena posso guardo i tuoi video, ma ho una forte sensibilità percettiva, 90 punti su 100 all’Aspie quiz. La maggior parte della musica “rock & oltre” mi risulta insopportabile fisicamente…
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Non è un problema la musica di per sé, a me basta ricordare quel che quei 4 ragazzi ottennero per la pace nel mondo. Se non sopporti il suono guarda le immagini di quei volti. 150.000 berlinesi e migliaia di russi del 1988 sono l’avvenire che si dispiegava. In quel momento c’erano ancora 50.000 nukes pronte per l’uso. C’era però chi sognava un mondo migliore. Quello che ci manca tremendamente adesso…
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