Sull’aumento del budget per la Difesa siamo in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei

(Alessandra Ghisleri – lastampa.it) – Gli italiani risultano poco propensi ad aumentare la spesa per la difesa, è quanto emerge da un sondaggio di Porta a Porta, la trasmissione televisiva Rai condotta da Bruno Vespa. Secondo il 44,3% degli intervistati gli investimenti in questo campo non dovrebbero aumentare e il 17,4% di questi è convinto che le somme in questo frangente dovrebbero perfino diminuire. In generale, sembra che l’opinione pubblica senta poco e lontano il rischio di conflitti armati che possano coinvolgere l’Italia e sicuramente dà maggiore priorità ad altri bisogni sociali.

Dal sondaggio emerge anche una malcelata scarsa fiducia nella gestione della cosa pubblica che si acuisce nei confronti della direzione europea: in molti temono che l’aumento del budget per la difesa possa tradursi in ulteriori sprechi, tangenti o sottrazioni di capitali a scapito di problematiche più vicine alla vita del cittadino come il carovita, la sanità, il welfare, la sicurezza, etc. Su questa linea si riconoscono la maggioranza degli elettori della Lega di Salvini (51%), del Movimento 5 stelle (61,9%) e di Alleanza Verdi e Sinistra (76,5%). La loro comunicazione politica risulta per i loro sostenitori più coerente con i bisogni sociali interni al Paese, una nazione “anziana” – in un lungo inverno demografico che appare senza ritorno – con la sanità sotto pressione, i giovani che emigrano per mancanza di opportunità, un’importante vulnerabilità climatica.
L’Italia – peraltro – ha una lunga tradizione pacifista post bellica e una Costituzione che “ripudia la guerra”. Tuttavia, se l’America di Donald Trump riducesse il suo sostegno militare per l’Europa, il 39,7% degli italiani sarebbe favorevole ad aumentare il budget per la difesa da parte dei singoli Stati membri della Ue: il 16,9% sosterrebbe addirittura un incremento significativo, mentre il 22,8% lo rinforzerebbe solo di poco.
Nella ricerca Euroscope di marzo The Pulse of the European Public Opinion di Polling Europe è stato fatto un confronto tra tutti i 27 membri della Ue sulla medesima domanda. Il quadro che ne emerge mostra l’Italia in netta discordanza con tutti gli altri Paesi, molto favorevoli all’opportunità di aumentare il budget della difesa nel caso in cui gli Usa dovessero ridurre il loro sostegno militare all’Europa. La media aritmetica tra tutti è intorno al 75% di favorevoli, con punte che si avvicinano all’80% per Germania e Nord Europa (Svezia, Danimarca, Finlandia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Irlanda e Austria). Molti di questi Paesi, infatti, confinano direttamente o sono molto vicini alla Russia, come ad esempio la Finlandia, con oltre 1.300 km di frontiera in condivisione, e la Norvegia, che condivide solo un piccolo confine. Il Sud Europa, invece, comprendendo Paesi più lontani dall’area di influenza di Putin come Spagna, Portogallo Grecia, Malta, Cipro e la stessa Italia, si esprime più cautamente con un 62% di favorevoli all’aumento della spesa militare.
A differenza dei Paesi baltici e del Nord Europa, noi non siamo mai stati occupati, invasi o direttamente minacciati dalla Russia e quindi non esiste una memoria storica negativa radicata nei suoi confronti, ad eccezione di ciò che riguarda gli sviluppi economici che l’invasione dell’Ucraina ha portato con sé. L’Italia infatti, come molti altri Paesi europei, è stata a lungo dipendente dal gas russo e l’aumento delle bollette è stato imputato in larga maggioranza dai cittadini proprio al conflitto e alle sue origini, facendo sentire l’intera popolazione vincolata – se non ricattata – dai trattati imposti del leader Vladimir Putin. La sua immagine, rafforzata da pose simboliche e da un linguaggio che sottolinea con una certa sicurezza la sua resistenza contro l’Occidente, porta con sé il ritratto di un uomo forte, razionale, calcolatore, vicino al suo popolo e inflessibile con i nemici. Una forma di comunicazione centralizzata, strategica e costruita per mantenere il potere e influenzare la percezione internazionale. Molte dichiarazioni sembrano indirizzate più a colpire emotivamente l’opinione pubblica e a rafforzare una base politica piuttosto che a informare correttamente.
In questi tratti è molto simile al metodo comunicativo di Donald Trump, dove la verità diventa secondaria rispetto al potente effetto mediatico internazionale. Proprio la sua comunicazione “a giorni alterni” destabilizza e preoccupa la popolazione italiana. Il suo cambio di toni, di opinioni e di atteggiamenti rende complicato e difficile prevederne le azioni politiche e strategiche, tanto che le sue affermazioni provocatorie minacciano – ogni volta – le alleanze internazionali e la coesione sociale, generando forti incertezze sul futuro della politica globale e sui mercati internazionali.
Così anche l’indipendenza tecnologica dagli Usa è diventata un tema sensibile dopo le ultime dichiarazioni di the Donald. Intervistati nel merito da Euromedia Research, il 65,3% dei cittadini è convinto che l’Europa dovrebbe investire molte risorse in tecnologia per diventare indipendente se non – addirittura – competitiva con gli Stati Uniti. Su questo dato converge la maggioranza di tutti i cittadini europei anche nel sondaggio Euroscope, con una media che sfiora il 70%. Le guerre infliggono sofferenze e danni a intere popolazioni e, sin dai tempi più lontani, le scoperte scientifiche hanno aiutato i Paesi combattenti a sviluppare strumenti utili per prevalere nel conflitto. Molti degli investimenti in sistemi tecnologici avanzati, ad esempio, non sono spettacolari agli occhi del pubblico (come i sistemi di radar, le reti criptate di comunicazione, la difesa dai cyber attacchi), tuttavia rappresentano una buona base di partenza per gli investimenti in sicurezza del Paese. Il cittadino spesso non sa che tantissime tecnologie come Internet, Gps, droni, visori, touchscreen, Pvc, nylon, teflon, eccetera, sono alcuni esempi di innovazioni scientifiche e tecnologiche messe a punto durante i conflitti e poi riconvertite e di cui oggi tutti si avvantaggiano. Investire in tecnologia militare vuol dire anche alimentare l’innovazione industriale e civile, tuttavia questo legame per le persone non è sempre immediato, soprattutto in Italia dove il dibattito è spesso ideologico e frammentato. Riarmo e innovazione tecnologica spesso coincidono, ma i dati ci dicono che solo il secondo concetto è socialmente accettato.
Preoccupante, se solo il 40% è contrario al riarmo significa che il 60% degli italiani si sono bevuti le stronzate divulgate a reti unificate? Povera Italia!
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Hai letto solo il titolo (e hai fatto benissimo; io mi sono fermato dopo le prime 2 righe: un articolo de La Stampa che riporta un sondaggio di Porta a Porta, credibilità zero o giù di lì).
Già quello è, guarda caso, fuorviante; basta dare un’occhiata alle tabelle e i 4 italiani su 10 contrari al riarmo sono in realtà il 44,3%; poi c’è un bel 16% di “non sa / non risponde”, per cui i favorevoli al riarmo scendono al 39,7%; meno dei contrari, nonostante il titolo ingannevole faccia pensare al contrario.
Dando poi un’occhiata anche alla tabella con la suddivisione del campione per partito politico, sopprimendo per un attimo il disgusto per Cacarellando e Gemellodiverso (oltre l’80% di favorevoli), spicca il 27% di favorevoli al riarmo nel M5S: una chiara evidenza di quanto il sondaggio sia attendibile, o di quanto il M5S sia alla deriva.
Buona Pasqua (di pace) a tutti, tranne ai favorevoli al riamo (non per astio, ma perché di pace non ne vogliono sapere).
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Dai suoi sondaggi risulta chiaro più come la pensa la Ghisleri che come la pensano gli intervistati . Del resto, a Porta a porta ,cosa poteva risultare se non che gli italiani in maggioranza non vedono l’ ora di vedere aumentare le spese militari e diminuire quelle per la sanità? Poi il fatto che in Europa il sostegno al riarmo sia pressoché totale è ancora più emblematico di quale sia lo scopo del contenuto dell’ indagine demoscopica : vergognamoci noi poveri italiani retrogradi che abbiamo tra noi un insopportabile 40 % di persone che continuano a ripudiare la guerra .
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“…Riarmo e innovazione tecnologica spesso coincidono, ma i dati ci dicono che solo il secondo concetto è socialmente accettato.” Non solo: sostituiamo “riarmo” con transizione ecologica ed energetica per portarci fuori dal fossile, in modo da non sottostare ai ricatti dei due gangster!
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Sono 80 anni che paghiamo dazio agli Americani….quando finirà questo debito infinito??
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Il sondaggio europeo era basato su un numero ridicolo di intervistati, se non ricordo male 10.000 su 360 milioni di abitanti.
Quelli della Ghisleri non si e’ mai capito la grandezza del campione, non credo piu di 500/1000 .
Attendibilita’ su scala 1/10 non superiore a 1.
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