Circo mediatico. Condannato Stasi, malgrado falle nelle indagini e prove non schiaccianti. Ma ora c’è un nuovo mostro da sbattere in prima pagina…

(di Selvaggia Lucarelli – ilfattoquotidiano.it) – Lo premetto subito: credo che Alberto Stasi abbia ucciso Chiara Poggi. Credo, altrettanto, che se fossi stata la giudice incaricata di decidere la sorte di quel processo, lo avrei assolto. Ovviamente, per chi mastica la materia giuridica, non c’è alcuna contraddizione nella mia convinzione: la verità processuale e quella fattuale non necessariamente coincidono. Purtroppo però buona parte dell’opinione pubblica e pure di certa stampa non comprende come si possa essere “convinti” del fatto che Stasi sia un assassino e pure che non ci fossero elementi sufficienti per condannarlo. Insomma, che non si potesse condannarlo oltre il ragionevole dubbio.
Credo che Stasi sia colpevole per una serie di ragioni logiche, indiziarie e per altre che hanno a che fare con la modalità del delitto, ma sono perfettamente consapevole del fatto che non esistano prove granitiche della sua colpevolezza e che – come troppo spesso accade – le indagini siano disseminate di errori.
Sicuramente, la famosa bicicletta nera è l’indizio più solido. Due testimoni distinti, la mattina in cui fu uccisa Chiara Poggi, ricordarono di aver visto una bici nera da donna parcheggiata davanti all’abitazione della vittima. I genitori di Stasi, interrogati su quali biciclette fossero in uso alla famiglia, citarono tre biciclette tra cui una nera. Stasi, quella bicicletta, non la citò. Curiosamente, omise di averla a disposizione. L’assassino indossava un paio di scarpe misura 42 e Stasi possedeva anche scarpe di quella taglia. La vittima, qui certamente, conosceva l’assassino: Chiara aveva disinserito l’allarme e aveva aperto la porta in pigiama. E il 13 agosto a Garlasco c’erano poche poche persone, per cui il cerchio dei possibili sospettati era ristretto. L’assassino è entrato in bagno e sul dispenser del sapone c’erano le impronte di Stasi. L’alibi e la questione dell’assenza di sangue sulle suole delle scarpe di Stasi sono indizi confusi (grazie soprattutto alla sciatteria nelle indagini), che non possono né scagionare né inchiodare Stasi, per cui non li cito neppure. Poi ci sono le suggestioni. Stasi chiama il 118 e, a parte la sua freddezza che non prova nulla, c’è un elemento sconcertante. Non dà mai un nome, una identità alla vittima, come se stesse prendendo le distanze da un fatto inaccettabile: “Mi serve un’ambulanza. Credo che abbiano ucciso UNA PERSONA, non ne sono sicuro, forse è viva. C’è sangue dappertutto e LEI è sdraiata per terra”. Anche l’overkilling, ovvero la quantità di colpi inferti a Chiara, la brutalità del delitto e il trascinamento del corpo è tipico dell’omicidio passionale. Di solito, un ladro o una persona che non ha un coinvolgimento emotivo con la vittima, non ha ragione per infierire. Non ha un risentimento da sfogare. Chiara Poggi non aveva rapporti stretti, intensi, passionali con qualcuno che non fosse il fidanzato. E in quei giorni, in casa senza i genitori, lo frequentava spesso. Si è molto detto che Alberto Stasi non avesse un movente o comunque che non fosse mai emerso, ed è vero. Ma a parte il fatto che tra fidanzati può sempre nascere una lite improvvisa, è evidente che se davvero qualcun altro ha ucciso Chiara Poggi – a meno che lei non sia riuscita a nascondere una doppia vita con rara abilità – non potesse avere un movente rilevante.
La pista alternativa è poco plausibile, ma se anche fosse vera porterebbe a un individuo che l’ha uccisa senza un vero perché. A parte un tentativo di furto finito male (ma nulla in casa è stato trafugato) o un’ossessione segreta di cui era vittima, che ipotesi rimane in piedi? Quella di un omicida casuale, che desiderava uccidere “qualcuno” come è accaduto nel caso della povera Sharon Verzeni accoltellata di notte, durante una passeggiata, da una persona con problemi psichiatrici. Nel caso di Chiara Poggi però bisognava sapere che quel giorno fosse sola in casa, per cui l’elemento della casualità appare più improbabile. Non è però impossibile, e qui sta il punto. Insomma, le suggestioni e il quadro indiziario, come premesso, non permettono di stabilire, a mio avviso, ogni oltre ragionevole dubbio che Stasi sia l’assassino. Lo ritengo plausibile, ma ritengo anche che andasse assolto per difendere un principio giuridico, non un assassino. E qui nasce un problema, perché di fronte al dubbio, la stampa e l’opinione pubblica hanno la pericolosa urgenza di trovare un omicida alternativo: il “nuovo” indagato Andrea Sempio è già il candidato perfetto alla mostrificazione mediatica. “Parla poco, è un tipo strano”, titolava giorni fa Repubblica. “Ha uno sguardo, come dire, inquietante? Gentilissimo, per carità, ma parla pochissimo e certe volte ti fissa a lungo, poi distoglie”. “Sa, io sono qui una volta al mese, però in effetti anch’io ho notato quegli occhi che ti squadrano, come se volesse scoprire chi sei” sono le testimonianze di alcuni personaggi che conoscono appena Sempio raccolte dal giornalista. Insomma, occhi che squadrano e poche parole: chiaramente un assassino. E che dire de Le iene che hanno dedicato una puntata di tre ore alla santificazione di Stasi con un’intervista in cui il detenuto racconta il dramma degli arresti e del carcere, in cui emette sentenze su giudici, tribunali, sistema carcerario e parenti di Chiara. Puntata in cui ovviamente si inseguono persone per strada e si gettano ombre qua e là, giusto per avvalorare la tesi dell’innocente in carcere. Del resto, suggerire che le indagini possano essere state fatte male senza santificare i condannati (che magari sono pure colpevoli per davvero) ma appellandosi solo a un fondamentale principio giuridico, non è abbastanza pittoresco per la tv. Suggerire che Stasi possa essere stato condannato senza un quadro indiziario sufficientemente solido evitando di additare un mostro alternativo non consente di allungare il brodo per 20 puntate o di partorire decine di titoli in home page. Insomma, siamo nel solito cortocircuito della cronaca nera: se i fatti non sono abbastanza avvincenti, trova un complotto, un innocente in carcere e un assassino che l’ha scampata. Funzionerà.
Se è per questo, anche per Bossetti bisognerebbe dire lo stesso. Idem per Logli e per i Romano (Erba).
Col cavolo che li assolveranno mai.
Mica sono politici parlamentari intoccabili, o gente che si fa distruggere le intercettazioni.
"Mi piace""Mi piace"