I dialoghi sono degni di una serie Netflix. “Lo scanno, lo scanno, lo scanno, lo attacco dietro una macchina… Lo devo uccidere”, urla Roberto Squecco, un tipino condannato in via definitiva […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – I dialoghi sono degni di una serie Netflix. “Lo scanno, lo scanno, lo scanno, lo attacco dietro una macchina… Lo devo uccidere”, urla Roberto Squecco, un tipino condannato in via definitiva come uomo del clan Marandino, assai arrabbiato con l’ex sindaco di Agropoli, Franco Alfieri (quello a cui Vincenzo De Luca, presidente campano, aveva chiesto la distribuzione collettiva di fritture in cambio di voti). Poi accade che il politico e il chiacchierato imprenditore delle pompe funebri litighino di brutto dopo che Alfieri aveva rotto il patto dando il via alla demolizione del Lido Kennedy (proprietà di Squecco) pericolante dopo un nubifragio. “A questo signore io l’ho fatto eleggere”, urlava l’uomo dei funerali deciso a farla pagare all’ex compare dopo il voltafaccia. Medita di mettergli “un casatiello”, una bomba, nella Mercedes. Insomma, si passa alle maniere forti come ci ha raccontato Vincenzo Iurillo sul “Fatto” di venerdì con dichiarazioni degne di Putin e Zelensky: “Domandate a Franco Alfieri dove vuole fare la guerra… Squecco ha armi a sufficienza per distruggere la Russia”. Naturalmente, come in ogni serie che si rispetti non mancano le donne di carattere che spalleggiano i loro uomini puntando a ruoli di primo piano nell’amministrazione pubblica. Strepitosa l’intercettazione emersa nelle indagini sul governatore del Molise (FdI), Francesco Roberti, indagato per corruzione quando era sindaco di Termoli e presidente della Provincia di Campobasso. Nelle pagine dove è accusato di aver favorito alcune aziende in cambio di assunzioni fittizie, spunta una conversazione davvero sfiziosa quando la di lui moglie chiede cadendo dal pero: “Ma di cosa mi occupo io all’interno della società? Cosa faccio?”. È chiaro che non dovrà fare proprio nulla poiché il suo incarico rappresenta una cambiale in bianco.
A metà degli anni 70, lo scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger pubblicò un libro il cui titolo “Politica e gangsterismo” suscitò scandalo. Quattro saggi sul rapporto tra criminalità comune e strutture di potere: dalla Chicago degli anni 20 alla Roma degli anni 50 (il caso Montesi) passando attraverso gli orrori di cui si resero responsabili le dittature sudamericane. C’erano parecchie morti violente in quelle pagine: all’uso diffuso dell’assassinio come regolatore rapido ed efficace delle controversie sembravano non esserci alternative. Nelle sceneggiature sul contemporaneo malaffare la morte violenta viene invece considerata uno strumento troppo rischioso, pur se evocata come ipotesi da non scartare. Del resto, con personaggi di peso come un presidente di Regione di destra e il collettore elettorale del Pd campano (nella politica italiana si delinque trasversalmente) occorre agire con argomenti più sottili e coinvolgenti tipo le carriere delle rispettive consorti. Anche se a pretendere, corrompere, minacciare sono sempre loro i “cattivi”, esponenti di clan camorristici o cresciuti alla scuola malavitosa. Perciò se si pensasse una “Gomorra” dei quartieri alti proporremmo un titolo più creativo di “Politica e gang”. Per esempio: “Ti voto, ti compro, ti scanno”. Ma anche: “I più sentiti omaggi alla signora”.
"Mi piace"Piace a 3 people
Qualcuno ha perso smalto: l’età, il covid?
"Mi piace""Mi piace"
Ormai ci svendono per delle cocce di lenticchie….
"Mi piace""Mi piace"