L’effetto immediato potrebbe portare a un aumento dei prezzi per i consumatori americani

U.S. President Donald Trump attends a Women's History Month event at the White House in Washington, D.C., U.S., March 26, 2025. REUTERS/Carlos Barria REFILE - QUALITY REPEAT

(di Filippo Santelli – repubblica.it) – L’offensiva commerciale di Donald Trump riparte dalle auto, prodotto simbolo dell’immaginario industriale americano. Ieri in una conferenza stampa nello Studio Ovale il presidente ha annunciato che tutti i veicoli «non prodotti negli Stati Uniti» saranno tassati al 25%. L’imposta «permanente» scatterà il 2 aprile, insieme alle tariffe “reciproche” annunciate per quello che ha definito il giorno di «liberazione nazionale» e che — ha detto — «inizia oggi». L’obiettivo dichiarato è riportare la produzione negli Stati Uniti, che oggi importano circa la metà dei veicoli venduti sul loro territorio, per lo più da Messico, Giappone, Corea, Canada e Germania.

Molti esperti sono scettici sul risultato, nonostante Trump dia il successo già per acquisito («i produttori stanno già cercando i siti») e abbia incassato gli impegni di investimento di alcune società come Hyundai. In compenso la misura rischia nell’immediato di alzare i prezzi per i consumatori americani, di diverse migliaia di dollari per veicolo, e terremotare le complesse filiere produttive internazionali costruite negli anni dalle case, anche statunitensi, che rendono difficile definire cosa sia una macchina “made in Usa”: il 60% delle parti di un auto assemblata in America viene infatti dall’estero.

Ieri in Borsa, alla notizia dell’imminente annuncio di Trump, quasi tutti i titoli globali dell’auto hanno pagato. I grandi produttori europei come Volkswagen (-2,03%) e Renault (-1,84%), con Stellantis sulla parità, ma anche i big americani da Tesla (-5,6%) a General Motors (-3,1%). «I mercati se la caveranno», ha commentato Trump.

Le auto erano al centro della sua agenda protezionistica già dal primo mandato. E l’industria aveva già rischiato un colpo a inizio mese, quando per qualche ora sono scattati i dazi su Canada e Messico. Il presidente ha poi deciso di sospenderne buona parte, compresi quelli su auto e componenti, anche a seguito delle pressioni delle aziende del settore. Ora va avanti, dicendo che grazie alle tariffe le auto verranno prodotte «in un solo posto».

Sul pacchetto di dazi reciproci della prossima settimana, che pareggeranno le barriere imposte dai Paesi partner ai prodotti americani, Trump ha detto che «colpiranno tutti» ma saranno «clementi» e frutteranno agli Stati Uniti fino a mille miliardi di dollari. I contorni del pacchetto restano fumosi, ma secondo il Financial Times il commissario europeo al Commercio Maroš Šef?ovi?, di ritorno dalla missione negli Stati Uniti in cui ha incontrato l’omologo americano Lutnick, stimerebbe dazi «intorno al 20%». I funzionari americani non avrebbero accennato a esenzioni per specifici settori, nonostante tra i beni importati dall’Europa ci siano prodotti strategici come i farmaci. Anche ieri Trump ha ribadito che i medicinali saranno tra i prodotti tassati.

L’impatto per l’Europa sarebbe «devastante» avrebbe detto Šef?ovi? a Lutnick. La Banca centrale europea ha stimato che dazi unilaterali del 25% sottrarrebbero tre decimi alla crescita europea, che diventerebbero cinque nel caso di ritorsione. Dopo l’entrata in vigore delle prime tariffe su acciaio e alluminio, il 12 marzo, la Commissione ha annunciato un pacchetto di controdazi proporzionali su prodotti americani per 26 miliardi, decidendo poi di rimandarne l’entrata in vigore al 12 aprile per evitare escalation e darsi più tempo per trattare, come chiesto da vari governi tra cui quello italiano. Se l’idea era provare a disinnescare i dazi reciproci, è fallita. Di trattative si riparlerà dopo il 2 aprile, quando il colpo americano sarà arrivato e la Commissione dovrebbe aumentare in proporzione anche la portata della sua risposta.

«Profondo rammarico per la decisione americana di imporre dazi sulle auto europee — ha scritto a caldo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen su X — la Ue continuerà a cercare una soluzione negoziale, salvaguardando nel frattempo i suoi interessi».