
(dagospia.com) – Allo scoccare della mezzanotte del 2 aprile, calerà sull’Europa la mannaia del “dazista” Trump. Come e su quali prodotti saranno applicati, con un presidente degli Stati Uniti sciroccato, che annuncia e poi smentisce le varie trumpate, nessuno lo sa.
Saranno dazi generalizzati o mirati solo su alcuni settori? Oppure, saranno modulati in misura diversa da un paese all’altro? Ad esempio: se “America First” imponesse dazi anziché sul vino solo sullo champagne è ovvio che colpirebbe soprattutto la Francia. Altra ipotesi: un aumento delle tariffe su spaghetti e mezzemaniche, è altrettanto ovvio che a rimetterci sarebbe soprattutto l’esportazione italiana.
Secondo quanto trapela dai beninformati, nella prima fase Trump non farà distinzioni sulla diversa qualità delle merci europee; poi, in seconda battuta, potrebbero anche sbucare dei favoritismi. Tutto frulla nella testona di “King Donald” che magari domani ci ripensa e butta nel cestino ‘sta minchiata dei dazi.
Infatti, secondo economisti e banchieri, il dazismo porterà agli americani la “stagflazione”: vale a dire, la combinazione tossica di un’inflazione ancora elevata e di un’economia debole o stagnante. È ciò che ha tormentato gli Stati Uniti negli anni ’70, quando persino le recessioni profonde non hanno ucciso l’inflazione.
Aspettando il 2 aprile, oggi al Senato la trumpiana de’ noantri, Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo, ha sparato un’altra delle sue sublimi paraculate per gonzi.
Dopo aver premesso il solo pippone peace & love: “Sono convinta che si debba continuare a lavorare con concretezza e pragmatismo, per trovare un possibile terreno di intesa e scongiurare una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno, né Stati Uniti né Europa”, la scaltra Underdog della Garbatella ha aggiunto: “Credo non sia saggio cadere nella tentazione delle rappresaglie, che diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono”.
Sì, ha detto proprio così: “Rappresaglie’’! Se il suo “amico speciale” Trump, impone dazi all’Unione Europea e Bruxelles reagisce applicando a sua volta dazi all’importazione di merci Made in Usa, per la premier italiana sarebbero “rappresaglie”? Magari, più correttamente, andrebbe usato il termine “contromisure”, come risposta all’atto del Caligola della Casa Bianca.
No, per la Giorgia dei Due Mondi, una risposta europea al dazismo senza limitismo trumpiano, che se applicato metterebbero nel giro di 24 ore in ginocchio imprese, lavoratori e a cascata tutta l’economia italiana, è una “rappresaglia”!
Non è Dagospia a dirlo bensì la Confindustria, che non può venir accusata di essere anti governativa. Secondo i dati di Viale dell’Astronomia, ‘’l’export italiano risulta più esposto rispetto alla media europea con il mercato americano che rappresenta il 22,2% delle vendite fuori dal Vecchio Continente, circa 3 punti in più rispetto al resto dell’Unione (19,7%). Nel 2024 le vendite di beni e servizi hanno toccato quota 65 miliardi con un avanzo commerciale di 39 miliardi’’.
A sostegno, in un’intervista a La Stampa, arriva la voce della vicepresidente di Confindustria Lucia Aleotti: “È chiaro che per noi il rischio è grande e non riguarda solo le nostre esportazioni ma anche la possibilità che le esportazioni cinesi, una volta impedite di approdare negli Stati Uniti, possano arrivare addirittura da noi sottocosto”.
Ecco quanto potrebbero costare all’Italia i dazi di Trump al “nazione” dei Fratellini d’Italia. Ma se Ursula von der Leyen e il Consiglio Europeo proveranno a prendere a loro volta contromisure al dispotismo della nuova America, beh, a quel punto, per Giorgia Meloni l’Unione Europea cadrà “nella tentazione delle rappresaglie…”
Basta che c’è da’ indirizzo de casa sora lella che annamo a magna’ tutti a casa sua.
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Siamo tornati a 160 anni fa: nel 1856/1859 Cavour era alleato della Francia; nel 1887 Crispi sostenne l’abbandono della Francia e l’alleanza con Germania e Austria Ungheria ( nemico storico); procedette ad un vasto piano di riarmo; creò una rovinosa ” guerra dei dazi” con la Francia che era il mercato di approdo delle esportazioni agricole italiane ( es.vini siciliani). Nel 1915, l’Italia – nemmeno avvisata da Guglielmo II e da Francesco Giuseppe del loro scatenamento della I guerra mondiale – si alleò con Francia e Gran Bretagna ed entrò in Guerra. Nel 1922 arrivò Mussolini.
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Se è per questo, la neonata Italia cominciò a guardare in cagnesco proprio la Franza e l’UK.
Nel 1881 entrò in servizio la RN Duilio con la gemella Dandolo a seguire.
Erano le navi più potenti del mondo, progettate da Benedetto Brin e costruite con: corazze francesi da 550 mm in acciaio; cannoni inglesi da 100 tonnellate e 450 mm; macchinari inglesi.
Da soli potevano fare giusto le canoe, però pensarono bene di prepararsi per lo ‘scontro’ con le nazioni che avevano favorito proprio l’ascesa dei Savoia.
E la ditta Armstrong, che aveva venduto i cannoni agli italiani, li vendette anche all’UK ma non per la navi, ma per le fortezze di Malta e Gibilterra. Uno è ancora visiibile a Mlata, tra l’altro.
La guerra è guerra, ma gli affari sono affari, per citare il capo delle Tarantole.
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Ci possiamo alleare con la qualunque tanto appena non ci conviene facciamo quello che è insito nell’ animo del pattriotta italiota lo tradiamo.🤔
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ALESSANDRO VOLPI
Cosa c’è dietro il riarmo. Si chiamano Etf, sono prodotti finanziari che replicano un indice e sono, in larga misura, creati dai grandi fondi. Negli ultimi mesi stanno avendo un gran successo gli Etf che hanno ad oggetto indici direttamente legati all’industria delle armi. Il meccanismo è semplice: il grande fondo – ad esempio BlackRock – costruisce un Etf che lega ad un indice creato dallo stesso fondo e, ora, la gran moda è quella di creare indici con i titoli delle principali società produttrici di armi, da quelle americane a quelle europee che, si prevede, beneficeranno del mega Piano Von der Leyen contro ogni invasione. Guarda caso questo tipo di Etf stanno raccogliendo in misura crescente il risparmio degli europei a cui vengono venduti dai loro gestori che hanno comprato gli stessi Etf dai grandi fondi. Il clima di guerra ha reso “necessario” il finanziamento del riarmo e su questa necessità sono stati costruiti strumenti che attraggono il risparmio collettivo rendendo tutti quanti finanziatori, più o meno consapevoli, della corsa agli armamenti. Peraltro, è bene chiarire, che si tratta di armamenti non certamente solo europei perché i principali clienti dei colossi delle armi del Vecchio Continente sono decisamente al di fuori dell’Europa, dai paesi arabi, a Israele a varie altre destinazioni molto lontane dai confini dell’Unione. In sintesi. il riarmo europeo arma la finanza e ben poco l’Unione europea, anche perché dei 457 miliardi di euro già spesi, ogni anno, dall’Unione più la Gran Bretagna oltre la metà si traduce in acquisti di armi prodotte negli Stati Uniti. Una postilla, il governo Meloni ha avanzato l’ipotesi di sgravi fiscali per le aziende che decidessero di convertirsi in produttrici di armi; in pratica il riarmo non lo pagheremo solo con maggiori interessi sul debito pubblico ma anche con i maggiori oneri a carico dei contribuente per coprire l’ennesimo favore a Stellantis. Del resto l’Europa è sotto assedio, bisognerà pure che gli italiani facciano i sacrifici necessari perché Elkann non si intristisca e perché i grandi beneficiari della bolla non si impoveriscano troppo.
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