Aviano e le città delle basi contro la scure di Musk : “Sarà un collasso sociale”. L’ira degli italiani contro il taglio del personale nell’area militare Usa. Allarme per la gestione delle testate atomiche: “Così sicurezza a rischio”

Aviano e le città delle basi contro la scure di Musk : “Sarà un collasso sociale”

(Giampaolo Visetti – repubblica.it) – AVIANO – La base Usa, per Aviano, è ciò che la Zanussi è stata per Pordenone: tutto. Oggi è il secondo datore di lavoro del Friuli Venezia Giulia: se la coppia Trump-Musk ridimensiona la presenza militare americana in Italia e in Europa, all’emergenza sicurezza si aggiungerà il collasso sociale». Fabio Bortolotto, manutentore nel presidio Nato più importante su suolo italiano, oggi avrebbe dovuto volare negli Usa per un corso d’aggiornamento. Invece è qui, bloccato dalla motosega del Doge, il dipartimento dell’efficienza governativa appaltato dalla Casa Bianca a mister Tesla: disorientato, spaventato e pronto alla rivolta come gli altri 759 connazionali civili assunti dal Pentagono per assistere gli oltre 6 mila soldati americani di stanza nell’area dell’aeroporto Pagliano e Gori. «Mai una simile incertezza in settant’anni — dice Anna Di Marco, che controlla i contratti con le lavanderie — :lo spettro dello smantellamento è sempre coinciso con le presidenze democratiche, regolarmente smentito dai leader repubblicani. O Trump vuole fare un piacere a Putin, sguarnendo l’Europa, o ha deciso che i suoi fronti cruciali saranno altrove».

Inutile ripassare la storia. Aviano è oggi il test-shock di un domani nuovo che si annuncia imprevedibile e che si allarga, limitandosi all’Italia, alle basi Usa di Vicenza, Ghedi, Pisa, Napoli e Sigonella: 16 mila militari Usa, oltre 20 mila dipendenti sommati i 4200 civili italiani, più di 40 mila persone con le famiglie. Valore? Mezzo miliardo di indotto annuo ad Aviano, oltre 1 miliardo in Italia. Da inizio mese la scure trumpiana, proprio nella fase più delicata del negoziato tra Mosca e Kiev, non ha risparmiato nessuno. Prima le minacce di un addio Usa a Onu e Nato, poi l’annuncio di un taglio del 20% ai fondi per le basi Usaf in Europa, quindi il pressing per un riarmo Ue a spese proprie. «Infine — dice Giancarlo Dall’Acqua, che agli americani fornisce carburante — la scure è calata su Aviano. È il segnale che la Casa Bianca, per la difesa statunitense in Europa e Mediterraneo, vuole risparmiare».

Un ciclone finora inarrestabile. Entro il 7 marzo è stato richiamato nella base chi beneficiava del tele-working. Due settimane fa è arrivato l’ordine di inviare al dipartimento della difesa una mail in cinque punti con il resoconto settimanale del proprio lavoro. «Abbiamo un contratto italiano — spiega Sonia Piccinin, impiegata nel servizio clienti — ma il nostro datore di lavoro è americano. Dopo giorni di confusione è stato ordinato a tutti di giustificare ciò che fanno».

Il caos resta: senza un chiarimento dall’Icpc, la commissione negoziale interforze che guida le basi Usa in Italia, martedì nessuno sa se rispondere alla terza mail. «Giustificare ciò che si fa — dice Roberto Del Savio, coordinatore sindacale Fisascat-Cisl nella base di Aviano — non è un problema: lo è non sapere chi legge i nostri resoconti e per quale fine». In rapida successione sono seguiti il blocco delle carte di credito per 30 giorni ai titolari degli acquisti, “per garantire la trasparenza della spesa pubblica”; il congelamento delle assunzioni “fino a data da destinarsi”; lo stop, attivato dall’intelligenza artificiale, ai contratti a termine e alla sostituzione di chi va in pensione; l’avvio di controlli “per evitare i tentativi di aggirare le norme”. «I segnali di ridimensionamento — dice Andrea Mazzocco, meccanico nella base — ormai sono ufficiali. Il messaggio di Trump è che gli italiani che lavorano nelle basi Nato per difendere l’Europa sono lavativi, fuori controllo, ladri e in esubero. È ora che Giorgia Meloni chieda spiegazioni a Donald Trump”.

Il problema cruciale è la sicurezza. Nella base di Aviano, secondo il Natural Resources Defense Council, sono custodite 52 testate atomiche con una potenza tra 45 e 107 chilotoni, 24 aerei da combattimento F16 e una decina di elicotteri d’assalto HH60W. «È un arsenale Nato sensibile — dice Angelo Zaccaria, coordinatore Uiltucs per Aviano e le altre basi Usa in Italia — che impone una cura impegnativa. Il generale Tad Clark, comandante del 31° Fighter Wing, a luglio lascerà e ha annunciato che sarà l’ultimo militare di massimo grado a guidare Aviano. D’ora in poi la base sarà affidata ad un colonnello pilota: al ridimensionamento corrisponderà un declassamento, fatto ancora più inquietante». Vana la richiesta di spiegazioni inviata all’ambasciata Usa a Roma. Sul tavolo del coordinamento delle rappresentanze sindacali delle basi americane in Italia, riunito ieri d’urgenza, lo sciopero, una mobilitazione, o la richiesta di chiarimenti immediati: nelle prossime ore la decisione e un documento unitario.

Ancora non confermato invece l’incontro tra il generale Clark e il sindaco di Aviano, che segue con «vigile attenzione» l’offensiva del duo Trump-Musk. «I rapporti con i vertici militari americani — dice Paolo Tassan Zanin — sono ottimi. Grazie a Clark 44 esuberi annunciati ad Aviano si sono ridotti a 30. Se non avrò risposte chiederò al governo di attivare un tavolo Italia-Usa, con la presenza dei nostri ministri di Interni e Difesa». Scossi gli stessi militari americani. «Nessuno capisce cosa sta succedendo — ripetono i soldati, in queste ore chiusi nella base per un’esercitazione — né cosa fare. Siamo sulla stessa barca dei civili italiani, obbligati a ubbidire».