Ricavi giù del 4,3% dopo 23 mesi di calo della produzione. Tonfo a dicembre L’Istat: -7,7% rispetto al 2023

Crolla il fatturato dell’industria. In caduta anche la fiducia

(di Valentina Conte – repubblica.it) – ROMA — I ricavi dell’industria crollano, dopo 23 mesi di calo della produzione. E le imprese, in questo inizio d’anno, perdono fiducia. Non c’è da meravigliarsi. La minaccia di dazi americani, concretizzata ieri dal presidente Trump con relativo tonfo della Borsa, si innesca su un tessuto imprenditoriale italiano già boccheggiante. Il rialzo dei costi energetici, il nostro partner commerciale tedesco verso il terzo anno di recessione e il caos globale fanno il resto.

I numeri dell’Istat relativi al 2024 evidenziano un netto peggioramento dello stato di salute delle imprese manifatturiere. Lo scorso anno il fatturato dell’industria italiana ha registrato una flessione in valore del 4,3%, decisamente più marcata rispetto a quel -0,7% dell’anno precedente. Anche i volumi segnano dinamiche negative: -3,2% contro il -1,2% del 2023. Se prendiamo il solo mese di dicembre, i ricavi sono scesi su novembre del 2,7% in valore e del 2,5% in volume. Ancora più marcato il raffronto con il mese di dicembre 2023, quando i due indicatori segnano un severo -7,2 e -7,7%.

A reggere, grazie all’aumento dei prezzi del settore, è stata solo l’energia, con il fatturato in aumento nel giro di un mese del 2,8%. Non a caso il governo Meloni intende intervenire approvando oggi in consiglio dei ministri un decreto bollette per sostenere famiglie e imprese. I beni strumentali, quelli intermedi e di consumo sono invece in sofferenza. Meglio i servizi, che nel 2024 si assicurano ricavi in crescita dell’1,3% in valore, ma solo dello 0,3% in volume. Anche in questo caso si tratta di un rallentamento sull’anno prima, quando il fatturato saliva del 3,3 e dell’1,3%, rispettivamente.

La locomotiva Italia ha decisamente rallentato in molti comparti. In altri, quelli industriali, è decisamente in panne. I dati sulla fiducia di febbraio, con l’indice sceso da 95,7 a 94,8, riflettono questo quadro di incertezza e pessimismo delle imprese. Meno cupi i consumatori, che secondo Istat «migliorano le opinioni sulla situazione personale, corrente e futura»: l’indice sale, seppur di poco, da 98,2 a 98,8. Se questo si tradurrà in maggiori consumi, difficile dirlo. L’inflazione ancora morde, la perdita di potere d’acquisto degli ultimi anni non è stata recuperata. Gli stipendi degli italiani sono tra i più bassi a livello Ocse.