La requisitoria dei magistrati sulla rivelazione di segreto d’ufficio del meloniano per il caso Cospito. In caso di condanna non si dimetterà. Al ministero della Giustizia intanto tutto è sospeso, dalla nomina del capo della polizia penitenziaria al contestato regolamento per gli agenti

(Nello Trocchia – editorialedomani.it) – Sguardo tronfio, pugno di ferro, passato da militante, ma Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia, è da giorni che mostra un altro volto: timoroso e remissivo. Il meloniano teme una possibile condanna nel processo per rivelazione di segreto d’ufficio, ma nella requisitoria della pubblica accusa di oggi, 20 febbraio, la procura di Roma (pm Rosalia Affinito e Paolo Ielo) ha chiesto l’assoluzione per difetto di elemento soggettivo. Lui, presente in aula, nell’attesa rilascia interviste per garantire: «Resto anche se mi condannano».

In realtà l’unico effetto del processo al tribunale di Roma è quello di aver congelato il ministero della Giustizia. In via Arenula, sul fronte carceri e dintorni, è tutto fermo, si attende l’esito processuale che potrebbe consolidare il potere assoluto del meloniano oppure sancirne il ridimensionamento. Da due mesi la polizia penitenziaria non ha un capo, non è stato ancora nominato il sostituto di Giovanni Russo, il magistrato che ha lasciato l’incarico perché in rotta di collisione proprio con Delmastro.

Non manca solo il capo del Dap, ma è bloccata anche l’approvazione del regolamento di servizio che il corpo attende dal lontano 2020, la bozza in discussione ha già raccolto critiche e sollevato polemiche per le modifiche proposte. Ma prima di raccontare lo stallo in via Arenula, sede del ministero, bisogna capire come potrebbe finire il processo che toglie il sonno al sottosegretario.

L’accusa

La pubblica accusa ha chiesto l’assoluzione seguendo lo stesso criterio logico utilizzato nella prima fase delle indagini quando aveva chiesto l’archiviazione. I pm romani hanno riconosciuto l’esistenza oggettiva della violazione del segreto da parte di Delmastro, ma manca l’elemento soggettivo del reato: in pratica non sarebbe stato consapevole di violare la legge. La giudice aveva ribaltato il ragionamento e disposto l’imputazione coatta, i pm avevano nuovamente chiesto il non luogo a procedere, ma alla fine il gup di Roma aveva ordinato il processo che si è celebrato ed è alle battute finali.

Se sarà condannato avremo un sottosegretario riconosciuto in primo grado colpevole di rivelazione di segreto, se sarà assolto avremo un sottosegretario che viola la legge senza saperlo mentre dovrebbe occuparsi di norme e giustizia. Comunque andrà a finire sarà un successo.

Delmastro è già stato condannato in passato, con reato estinto, per guida in stato di ebrezza come ha confermato qualche mese fa a Domani.

Il processo per rivelazione nasce, invece, dalla diffusione del contenuto di documenti sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito, rinchiuso al 41bis nel carcere di Sassari, all’amico deputato, Giovanni Donzelli, che poi aveva pensato bene di utilizzarli in aula per attaccare l’opposizione. Per Delmastro non sono stati mesi facili perché sapeva di aver messo in imbarazzo il governo e l’amica, presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

«Dentro il partito gira una battuta, “continuiamo ad aumentare i consensi nonostante Donzelli”, anche in quell’occasione il sottosegretario si è comportato da uomo delle istituzioni evitando lo scaricabarile ed affrontando il processo», racconta un dirigente di Fdi.

Nella requisitoria i pubblici ministeri dovrebbero replicare la richiesta presentata in sede di indagini preliminari, allora l’archiviazione e oggi l’assoluzione.

L’esito del processo dovrebbe sbloccare due pratiche bloccate che riguardano il sistema carcere, ormai al collasso tra suicidi, atti di autolesionismo, aggressioni e sovraffollamento.

Il capo non c’è

Partiamo dalla nomina del nuovo capo del Dap che non si sblocca perché, come ha raccontato Domani, il nome della prescelta è stato annunciato alla stampa senza avvisare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, suscitando così lo stupore e l’irritazione del Quirinale.

Una sgrammaticatura istituzionale che comporta l’attuale stallo, grave e senza precedenti. Spetta proprio al presidente della Repubblica, che è il capo delle forze armate, firmare il decreto di nomina. Perfino in Consiglio dei ministri la pratica non è mai stata vagliata.

Il nome su cui punta tutto il meloniano è quello di Lina Di Domenico, da due mesifacente funzioni. Ma è una candidatura che comincia a vacillare, troppo vicina al sottosegretario Delmastro e chiamata ad affrontare un impegno gravoso visto il collasso del sistema. L’assoluzione del sottosegretario, però, potrebbe rilanciare il suo ruolo e sbloccare la pratica al Dap.

Barba e capelli

Il Dap deve anche terminare l’iter di approvazione del regolamento di servizio del corpo della polizia penitenziaria che manca da cinque anni. Solo che la bozza arrivata alle parti sociali contiene proposte di modifica a dir poco discutibili.

La Uil e il segretario Gennarino De Fazio parlano di caduta di stile per commentare il nuovo articolo 15 che prevede «che i capelli siano puliti, ordinati», ma anche quanto segue: «Le unghie devono essere curate e di moderata lunghezza e lo smalto, qualora applicato, non deve essere eccentrico o appariscente e deve essere di colore naturale in occasione di cerimonie».

C’è un altro aspetto che preoccupa i sindacati e riguarda l’impossibilità di parlare con l’esterno. Sembra una norma scritta per le notizie filtrate sul fallimentare progetto albanese. Si prevede il divieto di «fornire a chi non ne abbia titolo notizie relative ad eventi, servizi, provvedimenti e operazioni di qualsiasi natura». Nuovo capo del Dap e regolamento possono attendere ora c’è il destino di Delmastro in gioco, il futuro del ministero passa dalle aule di giustizia.