
(di Giorgia Audiello – lindipendente.online) – In seguito alla mancata proroga da parte del governo del servizio di maggior tutela, in un anno oltre 1,2 milioni di famiglie non vulnerabili sono passate al mercato libero dell’energia, registrando un’impennata delle tariffe energetiche. Nel dettaglio, le bollette sono state più alte dell’80% rispetto a quelle applicate nel Servizio a Tutele Graduali e del 44% rispetto a quelle del mercato tutelato, rimasto attivo per i clienti vulnerabili. Lo riferisce Assium, l’associazione degli utility manager, basandosi sugli ultimi dati di Arera (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente). Tradotto in termini di spesa, ciò significa che le tariffe annue sul mercato libero sono aumentate di 432 euro annui rispetto alle tutele graduali per i contratti a prezzo variabile e di 405 euro per il prezzo fisso. La scelta di liberalizzare i mercati dell’energia, dunque, ha comportato una stangata per le famiglie meno abbienti, nonostante i fautori della liberalizzazione dei mercati e la stessa Commissione europea sostengano che i prezzi nel mercato libero sono significativamente più bassi.
Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato da Arera, infatti, i clienti del Servizio a Tutele Graduali hanno pagato l’elettricità 0,20 euro al kWh (kilowattora), pari a una bolletta media da 540 euro annui (con consumi pari a 2.700 kWh annui), e quelli del mercato tutelato 0,25 euro al kWh, con una bolletta da 675 euro. Parallelamente, invece, la tariffa media sul mercato libero è stata di 0,35 euro al kWh per i contratti a prezzo fisso, 0,36 euro al kWh per quelli a prezzo variabile, con una bolletta media annua pari rispettivamente a 945 e 972 euro. Il presidente di Assium, Federico Bevilacqua, ha spiegato che ciò è dovuto al fatto che gli utenti compiono scelte non convenienti per due ragioni: da un lato, il telemarketing selvaggio che, spesso, ricorrerebbe a pratiche scorrette, spingendo così una consistente fetta di consumatori a optare per offerte non vantaggiose; dall’altro, la scarsa conoscenza degli utenti circa le offerte degli operatori energetici. «Quando decidono di cambiare gestore, gli utenti dell’energia continuano a compiere scelte economicamente non convenienti che pesano come un macigno sulle bollette annue della luce», ha affermato.
Dopo che i governi precedenti erano riusciti a prorogare il regime di maggior tutela, il governo Meloni non lo ha rinnovato su pressione dell’Unione Europea e dal 31 dicembre 2023 ha posto fine al regime tutelato. In ossequio ai dogmi neoliberisti, infatti, la Commissione ritiene che la liberalizzazione dei mercati energetici sia un obiettivo da realizzare in fretta, tanto che esso rientra nei target che l’Italia stessa ha messo nero su bianco nel PNRR e che già il governo Draghi aveva previsto. L’obiettivo di liberalizzare i mercati energetici era stato incluso, infatti, nella terza rata per la quale Bruxelles, nell’ottobre 2023, aveva erogato 18,5 miliardi. A opporsi alla fine del mercato tutelato, oltre all’opposizione, era stata una parte della maggioranza rappresentata dalla Lega, ma l’Ue non si è mostrata disponibile a andare incontro al governo a causa delle divergenze di vedute. Una portavoce della Commissione ha spiegato che «La graduale eliminazione dei prezzi regolamentati dell’energia elettrica, che mira ad aumentare la concorrenza sul mercato, è una pietra miliare che fa parte del più ampio pacchetto di leggi sulla concorrenza incluso nel PNRR», aggiungendo che «i prezzi dell’elettricità sul mercato libero sono significativamente più bassi rispetto al mercato regolamentato, a vantaggio dei consumatori e delle imprese».
Le affermazioni della Commissione europea, però, sono state smentite dai fatti e agli aumenti delle bollette si aggiunge ora anche l’aumento dei prezzi del gas: la stessa Commissione, infatti, ha fatto sapere che i prezzi del gas di quest’anno saranno più alti rispetto al 2024 e arriveranno tra i 40 e i 50 euro al megawattora, a causa della fine delle forniture dalla Russia. Si dovrà attendere, dunque, il 26 febbraio, giorno in cui la Ue dovrebbe presentare il suo piano per contenere i costi dell’energia, per sapere come intendano agire le istituzioni comunitarie. Nel frattempo, dalla Borsa del gas di Amsterdam, il Ttf, è arrivata la conferma all’allarme di Bruxelles: la quotazione del metano è salita del 3,2%, arrivando a 55,05 euro al megawattora, il valore più alto dal 2023. Dall’inizio dell’anno si è registrato un aumento del prezzo del gas pari al 12,6%.
La volontà di liberalizzare i mercati energetici mostra l’impostazione liberista che permea l’Unione europea, ma le sue conseguenze mettono ben in luce le storture di questa impostazione economica che, lungi dal favorire la maggioranza della popolazione, permette la speculazione e l’arricchimento di poche aziende e di una ristretta cerchia economica.
Iniziamo con un po’ di storia.
La liberalizzazione del mercato dell’energia è iniziato nel 1999 con il decreto 79/1999; in recepimento della direttiva europea 96/92/CE; le famose lenzuolate di Bersani,per chi se le ricorda.
Poi nel corso del tempo la cosa non ebbe seguito perché politicamente molto rischiosa, come i fatti attuali dimostrano a questo occorre aggiungere le crisi che ci sono state, quella del 2008, quella dei debiti sovrani.
La legge 124/2017 de Gentiloni prevedeva l’entrata in vigore il 1 luglio 2030; la cosa venne sospesa per via del covid.
Il PNRR non c’entra nulla in quanto in esso erano previsti progetti di decarbonizzazione.
Il PNRR prevedeva anche un aumento della concorrenza e per avere una delle tranche ci siamo abbassati i pantaloni facendo appunto vedere che avevamo recepito la concorrenza con la liberalizzazione del mercato del gas.
La situazione del mercato del gas non è anomala ovunque; in Francia, in Spagna in Portogallo esiste ancora il mercato di maggior tutela.
Non esiste più da noi e la cosa è aggravata dalla scarsa trasparenza, dalla mancanza di controlli, dalla concentrazione del mercato dovuta a pochi operatori.
Apparentemente in Italia esistono parecchi operatori, ma molti di questi sono solo dei 3 cartari che sfruttando la scarsa informazione, la mancanza di trasparenza e la mancanza di regolamentazione propongono offerte fuffa.
Il governo è silente perché più alti sono i prezzi, maggiori sono le entrate erariali e le opposizioni parlano del nulla col vuoto intorno; metti che tornano al governo, se denunciano tale situazione poi dovranno sanarla e saranno loro a vedersi ridurre le entrate erariali.
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Iniziamo con un po’ di storia.
La liberalizzazione del mercato dell’energia è iniziato nel 1999 con il decreto 79/1999; in recepimento della direttiva europea 96/92/CE; le famose lenzuolate di Bersani,per chi se le ricorda.
Poi nel corso del tempo la cosa non ebbe seguito perché politicamente molto rischiosa, come i fatti attuali dimostrano a questo occorre aggiungere le crisi che ci sono state, quella del 2008, quella dei debiti sovrani.
La legge 124/2017 de Gentiloni prevedeva l’entrata in vigore il 1 luglio 2030; la cosa venne sospesa per via del covid.
Il PNRR non c’entra nulla in quanto in esso erano previsti progetti di decarbonizzazione.
Il PNRR prevedeva anche un aumento della concorrenza e per avere una delle tranche ci siamo abbassati i pantaloni facendo appunto vedere che avevamo recepito la concorrenza con la liberalizzazione del mercato del gas.
La situazione del mercato del gas non è anomala ovunque; in Francia, in Spagna in Portogallo esiste ancora il mercato di maggior tutela.
Non esiste più da noi e la cosa è aggravata dalla scarsa trasparenza, dalla mancanza di controlli, dalla concentrazione del mercato dovuta a pochi operatori.
Apparentemente in Italia esistono parecchi operatori, ma molti di questi sono solo dei 3 cartari che sfruttando la scarsa informazione, la mancanza di trasparenza e la mancanza di regolamentazione propongono offerte fuffa.
Il governo è silente perché più alti sono i prezzi, maggiori sono le entrate erariali e le opposizioni parlano del nulla col vuoto intorno; metti che tornano al governo, se denunciano tale situazione poi dovranno sanarla e saranno loro a vedersi ridurre le entrate erariali.
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