Potere&forza – La contronarrazione di Donald

(Di Selvaggia Lucarelli – ilfattoquotidiano.it) – La cerimonia di insediamento di Donald Trump racconta un mondo che ha un piano preciso e cristallino, espressione di un progetto che affonda le radici nel machismo. Nella mascolinità egemonica. Nella virilità dominante dei maschi accanto al presidente. C’erano i tecnocrati ma anche gli influencer, i podcaster e tutti coloro che hanno contribuito a creare il clima culturale della “contronarrazione” che tanto ha aiutato la rielezione di Trump. Il saluto romano di Elon Musk non è apologia del nazismo, ma l’espressione massima di potere del maschio bianco che sfida il resto del mondo (galassie comprese, nel suo caso) e dice “Io faccio quello che mi pare perché sono il più forte”.

Potrebbe sembrare una questione puramente simbolica, ma Trump è un pragmatico e la “contronarrazione della destra” si è appoggiata non a sottili metafore del potere, ma al machismo urlato e scolpito nei muscoli. Non a caso, la boxe, le arti marziali, il pugilato (grandi passioni di Trump) sono stati al centro della sua campagna elettorale e pure della cerimonia di insediamento. Cerimonia a cui hanno preso parte lo storico ex wrestler Hulk Hogan, Mike Tyson (che ha scontato in carcere una condanna per violenza sessuale ed è stato accusato di violenza da altre donne), il pugile e youtuber Jake Paul (accusato da due donne di violenza sessuale), il campione di arti marziali Conor McGregor (condannato a novembre per una violenta aggressione sessuale). E c’era ovviamente il caro amico di Trump, Dana White, che lo ha sostenuto con forza durante la sua campagna elettorale e che è presidente dell’Ultimate Fighting Championship, la più grande organizzazione di arti marziali miste al mondo. Uno che è finito nel Cda di Meta, accolto a braccia aperte dal nuovo amico Zuckerberg, per presidiare la svolta a destra dei social (fino a ieri) ostili a Trump. Insomma, l’uomo forte è con Trump. E pure quello che ogni tanto violenta una donna, ma solo per eccesso di testosterone, mica per cattiveria. E come dimenticare “la donna forte” Linda McMahon, cofondatrice della World Wrestling Entertainment, una delle più grandi amiche e finanziatrici di Trump, nominata da lui segretaria dell’istruzione. Del resto, il presidente punta così tanto a promuovere il modello dell’uomo-macho che alla fine si è portato sul palco gli autori di Macho man – i Village People – strappandoli definitivamente all’immaginario gay.

Perfino i due tecnocrati più famosi accanto a lui – Musk che era lì per alzare il braccio, Zuckerberg che era lì per baciare la pantofola – tempo fa stavano quasi per sfidarsi corpo a corpo nel Colosseo, con Sangiuliano pronto ad accoglierli. Poi finì con Musk che ci ripensò e l’unico menato fu Sangiuliano (da Boccia), ma insomma, il ritorno del maschio picchiatore è un chiaro indizio della nuova egemonia culturale che Trump ha saputo alimentare e costruire. Un’egemonia culturale che – sia chiaro – è stata creata anche grazie al contributo di numerosi leader carismatici delle principali piattaforme social. Per esempio i più famosi podcaster americani Joe Rogan (che ha ospitato Musk) e Theo Von (che a novembre aveva ospitato Trump).
Joe Rogan, in particolare, oltre a essere un ex lottatore e commentatore di arti marziali, è un no-vax (dichiarò di aver usato l’ivermictina (un farmaco usato per la sverminazione) come terapia per il Covid, un negazionista climatico (dice che il caldo è colpa dei poli invertiti) e nel podcast discusse con Mel Gibson di spericolate terapie alternative per il cancro. Insomma, un personaggio perfetto per la contronarrazione di Trump e per la costruzione di quel mondo alternativo con un cerchio magico di maschi spregiudicati, arroganti e influenti che hanno creato il clima culturale perfetto per la rielezione di Donald. Come anche i podcaster di destra Tim Pool, o Paul Logan, 23 milioni di iscritti su YouTube, che naturalmente era alla cerimonia e che è anche un wrestler (nel suo podcast e poi su TikTok Logan ha ospitato Donald Trump durante la campagna elettorale).

Logan è anche famoso per aver creato contenuti demenziali quali “divento gay per un mese” e per aver promesso di candidarsi a presidente degli Stati Uniti. Potrei continuare ancora a lungo con l’elenco, ma arrivati a questo punto è interessante notare come in Italia, nell’inconsapevolezza più totale, l’amica di Trump, Giorgia Meloni, possa contare su un clima culturale molto simile: l’avanzata dei podcast machisti, la nuova giovinezza de La Zanzara che ormai ospita tutti gli uomini accusati di violenza, da Alessandro Basciano a Leonardo Caffo a Morgan. E – vista la vocazione maschilista e anti-femminista – il programma radio riceve lettere dal carcere da Alessandro Impagnatiello, l’assassino di Giulia Tramontano e del figlio che aveva in grembo. Lettere a cui Cruciani presta anche la voce, perché l’assassino all’ergastolo possa dare lezioni di vita a giudici e giornalisti. E poi c’è Fedez, che abbandonati smalti e bandierine arcobaleno, tra una lezione e un’altra di boxe, scimmiotta i podcaster americani già citati, invita Vannacci o guru che leggono il destino nelle foglie, alimentando teorie da creduloni e sciocchezze irrazionali. Per non parlare poi dei vari programmi con venditori di corsi di marketing ed ex galeotti intrisi di sessimo. Programmi in cui si discute solo di sesso e soldi con le donne come principali bersagli. E tutti orientati a destra. Naturalmente, questi giornalisti, influencer e podcaster sono strettamente legati tra di loro e contribuiscono tutti ad alimentare l’engagement dell’altro. Nel frattempo, il femminismo 2.0 arretra e si impantana nell’affaire Caffo o in quello Giudice/Trocchia, rafforzando la sensazione che sia l’inizio di una nuova era che in realtà è molto vecchia: il ritorno della cultura machista come linfa e megafono della destra.