Alberto Trentini, la madre: “È come sparito nel nulla. La premier si muova anche per lui”. “Ho paura solo a pensare dove possa essere finito. E intanto dal governo nessuno ci ha ancora contattato”

(di Giuliano Foschini – repubblica.it) – La signora Armanda da due mesi guarda un telefono che non squilla. «Il 15 novembre mi ha inviato l’ultimo messaggio su Whatsapp, era arrivato appena in aeroporto. Da allora più niente». Alberto è sparito nel nulla. Inghiottito in una prigione venezuelana, senza poter dare notizie sulle sue condizioni di salute. «Ho così paura a pensare cosa gli possa essere accaduto, che non lo faccio. Chiamava ogni giorno perché voleva essere informato sulla salute del suo papà». La signora ha più di ottant’anni. Vive a Venezia con suo marito, Alberto è il loro unico figlio e per la prima volta, quest’anno, aveva passato più tempo a casa da loro in estate proprio perché la salute dei genitori non era eccezionale. La signora Armanda è insieme con il suo avvocato Alessandra Ballerini, la legale della famiglia Regeni e di tanti altri casi difficili, scomodi, quelli che non vuole vedere nessuno. Alberto è da due mesi in un carcere venezuelano, solo. Senza riuscire a parlare con nessuno. Eppure l’Italia sembra averlo scoperto oggi.
Chi è Alberto, signora?
«Un uomo speciale di 45 anni. E credetemi, non lo dico soltanto perché sono sua madre. Aveva cominciato con il servizio civile, come volontario, nell’ottobre del 2006. E da quel momento quel mondo è diventato il suo».
Da quanto lavora per una Ong?
«Dal 2009. È stato in Ecuador, Bosnia, Etiopia, Paraguay, Nepal, Perù, Grecia, Libano e Colombia sempre in supporto dei più deboli. In Venezuela era la prima volta, era la sua prima esperienza in quel paese, ma come sempre è partito carico di forza, aspettative, entusiasmo».
In cosa consiste il lavoro di Alberto?
«È un capo progetto, specializzato in emergenze. Nelle due varie missioni si è occupato in Colombia di dare la prima accoglienza ai “caminantes” venezuelani, assistenza provvisoria in Perù a chi era aveva perso la casa dopo un’alluvione, la ricerca di energie alternative in Etiopia ed in Ecuador l’aiuto per la coltivazione del caffè».
Quando è partito per il Venezuela?
«Il 9 ottobre con sosta a Bogotà nella sede centrale della Ong e poi a Caracas, il 17».
Quando l’ha sentito per l’ultima volta?
«Ci siamo scritti su Whatsapp il 15 novembre 2024 dall’aeroporto, era solito darci notizie dei suoi spostamenti per farci stare tranquilli. Ci sentivamo ogni giorno con messaggi o videochiamate perché voleva essere informato sulla salute del papà. Nella scorsa estate si era trattenuto a casa per un periodo più lungo, proprio per farci compagnia».
Era preoccupato?
«Non mi sembrava. Avevo avvertito nei giorni precedenti una sua lieve preoccupazione, probabilmente perché si trovava in un contesto nuovo ma quel giorno non ci ha dato notizie allarmanti né ha mai dato segnali di pericoli particolari e specifici».
Nessuna paura, quindi?
«A noi non aveva esplicitato o lasciato intendere nulla».
Conoscete le accuse per cui è stato arrestato?
«Noi non sappiamo nulla. Non sento Alberto da quel 15 novembre. Non so dov’è, come sta, come lo trattano: Alberto ha problemi di salute e non ha con sé le medicine.
In ogni caso, non ci risulta che siano state formalizzate accuse. Nostro figlio è sempre stato rispettoso delle regole e delle culture dei paesi in cui si trovava: lavorata per aiutare le popolazioni locali».
Che tipo di interlocuzioni ci sono state con il governo italiano?
«La nostra avvocata parla quotidianamente con la Farnesina ma nessun rappresentate del governo ci ha mai contattati. Ora confidiamo che la presidente Meloni e i ministri si adoperino con lo stesso impegno e dedizione che hanno dimostrato a tutela di un’altra italiana, per riportare presto, incolume, Alberto in Italia».
Ha paura?
«Tanta».
Teme gli possa essere accaduto qualcosa?
«Un silenzio di due mesi genera un’angoscia che non è immaginabile. Toglie il fiato e il sonno. Non so nemmeno descriverla».
basta essere un giornalista del foglio et voilà che si risolve il tutto, ci vuole la cia.
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Alberto Trentini, esperto tuttologo (alluvioni, energie alternative, coltivazione del caffè) lavora x una Ong che si chiama “Humanity and Inclusion”.
Le principali fonti di finanziamento di Humanity & Inclusion (HI) sono donatori governativi, come USAID e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
Che cos’ è USAID ? The United States Agency for International Development (USAID)
Dal loro sito: USAID’s efforts provide humanitarian assistance, reduce poverty, strengthen democratic governance, advance economic opportunities, and help achieve progress beyond programs.
Che ci sia almeno un po’ di conflitto di interessi tra questa Ong e il governo venezuelano mi sembra chiaro. Questo ovviamente non giustifica un arresto, ma non mi sembra che con l’affaire Abedini abbiamo dato il buon esempio al Venezuela 🙂
Certo, poi anche gli Usa che offrono 25 milioni di dollari per far arrestare Nicolàs Maduro nel giorno del suo insediamento, confermano ancora una volta, a modo loro, come siano solo interessati a strengthen democratic governance in Venezuela e nel mondo (vedi Ucraina, Georgia, Romania, Corea…)
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Sicuro, ma non capisco il silenzio del governicchio della Melona, a maggior ragione perché questa ONG è pappa e ciccia con l’USAID e quindi con i padroni IUESEI.
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Esistono gli agenti importanti e le pedine, magari inconsapevoli, che invece sono sacrificabili e possono riuscire ancor più utili come martiri (vedi Regeni).
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