Intervista a Randal Repetto, giovane di Tristan Da Cunha, nell’Oceano Atlantico, dove non ci sono porti né aeroporti. È il discendente di un naufrago italiano che arrivò sull’isola alla fine dell’800

“Io, abitante dell’isola più remota del mondo. Qui peschiamo aragoste e non esiste criminalità”

(di Valeria Teodonio – repubblica.it) – Seconda stella a destra. L’isola che non c’è esiste davvero. Esiste e parla italiano.
Si trova nel cuore dell’Oceano Atlantico. A quasi tremila chilometri da Città del Capo. La abitano 234 anime. Si chiama Tristan Da Cunha, e per raggiungerla non si possono prendere navi o aerei di linea. Semplicemente perché non ci sono porti, né aeroporti. Chi vuole andare sull’isola deve imbarcarsi su un peschereccio: sette giorni di navigazione da Città del Capo, se tutto va bene.
L’isola britannica di Tristan Da Cunha viene considerata la più remota del mondo. Ma due degli otto cognomi sono italiani. Genovesi, per l’esattezza: Repetto e Lavarello. Questo perché nel 1892 l’equipaggio di una nave italiana, che trasportava carbone dalla Scozia al Sudafrica, naufragò al largo di Tristan, all’epoca abitata da qualche decina di persone. E quando una nave venne a recuperare i naufraghi, due di loro, Gaetano Lavarello e Andrea Repetto, si rifiutarono di tornare a casa, nella loro Camogli, Genova. Nonostante gli ordini del capitano, restarono a Tristan. Ed ebbero molti figli.

Ma i contatti con il loro paese di origine, Camogli, non vennero mai interrotti del tutto. I loro discendenti hanno continuato a mantenere dei legami con i lontani parenti italiani. E uno di loro sull’isola ci è andato davvero: “Tristan fa parte della mia famiglia – racconta Gianfranco Repetto, vigile urbano di Camogli – era nei racconti dell’infanzia, nei miei sogni di bambino. Per arrivarci ci sono voluti 14 giorni di navigazione, perché il motore del peschereccio si è rotto e siamo dovuti tornare indietro. L’isola è un posto incantevole, dovevo restare solo una settimana, e alla fine sono stato 40 giorni. Gli abitanti sono un po’ diffidenti, ma persone meravigliose”.
Parlare con uno di loro, in effetti, non è stato facile.
Alla fine ci siamo riusciti: Randal Repetto, 22 anni, è il pronipote diretto del naufrago.

Randal, lei è nato proprio sull’isola?

“Esatto, sono nato su questa bellissima isola”.

Che lavoro fa?

“Sono un idraulico, ma anche il barista dell’unico bar dell’isola. E sono anche un pescatore”.

Qual è la parentela con i naufraghi genovesi?

“Il mio bisnonno da parte di madre era il figlio di Gaetano Lavarello e il bisnonno di mio padre era il figlio di Andrea Repetto”.

E lei lo parla l’italiano?

“No, non conosco molte parole di italiano, a parte grazie e ciao, ma mi piacerebbe impararlo”.

Ci racconta come è la vita a Tristan Da Cunha?

“Vivere qui è un sogno, è un posto così bello e remoto… Siamo liberi, non esiste la criminalità, e tutti conoscono tutti. Abbiamo il privilegio di avere tante risorse naturali: pesce, aragoste, patate, manzo e montone”.

Nel 1817 fu sottoscritta la Carta dell’isola, che prevede l’equa distribuzione dei profitti: è ancora in vigore.

“Sì, siamo come una grande famiglia in cui tutti si aiutano a vicenda”.

Ha mai lasciato l’isola?

“Solo alcune volte per andare in Sudafrica”.

Pensa di vivere per sempre qui o pensa di cambiare, un giorno?

“Vivere qui è meraviglioso, ma non escludo di poter lasciare l’isola. Mi piacerebbe vivere nel Regno Unito, sarebbe più facile, dato che siamo cittadini britannici”.

Vive con la sua famiglia?

“Sì, con mia madre, mio padre e mio fratello maggiore”.

Siete tutti molto legati all’isola?

“Sì, molto. Ma qualcuno sogna di andarsene e altri si sono già trasferiti all’estero”.

Ci sono le scuole?

“Certo. Dalla materna fino alle superiori: dai 3 ai 16 anni. Per proseguire gli studi bisogna andare all’estero, a Città del Capo o nel Regno Unito”.

Siete solo 230 abitanti. Cosa fate nel tempo libero?

“Andiamo al pub, facciamo barbecue o andiamo a fare delle gite dall’altra parte del villaggio, verso i campi di patate”.

Quali sono le vostre tradizioni?

“Abbiamo molte tradizioni, come il Kings Day, la giornata in cui si celebra il compleanno del Re. Del resto siamo cittadini britannici. In quel giorno organizziamo sfide e gare di vario genere. Abbiamo poi il Ratting Day: squadre di isolani devono catturare quanti più topi possibile e raccogliere le code. Vince chi ne ha di più. C’è poi un giorno di festeggiamenti prima delle vacanze di Natale, con rinfreschi e grigliate. E poi il 31 dicembre i giovani si vestono con abiti spaventosi e vagano per il villaggio visitando e spaventando gli isolani. Prima della grande festa dell’ultimo dell’anno”.

È felice?

“Sì, sono felice. Amo vivere sulla mia isola”.