Ipse dixit – Napolitano: “Tanto poi le camere me la rimandano”

(Di Tommaso Rodano – ilfattoquotidiano.it) – Una linea rossa unisce Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, che ha appena firmato la legge sulla gestazione per altri. Sono gli unici ad aver concesso il bis al Quirinale e gli stessi due che hanno esplicitato l’avversione contro il rinvio alle Camere, uno strumento la Costituzione consegna al Colle all’articolo 74: “Il presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”. Napolitano e Mattarella hanno usato questa attribuzione solo una volta a testa durante i rispettivi mandati; meno di tutti gli altri capi dello Stato della prima e della seconda Repubblica (escluso Giuseppe Saragat, che non l’ha fatto mai).
Venerdì Mattarella – applauditissimo da giornali e media – ha enfatizzato i limiti dell’operato del Presidente (“Promulga leggi, emana decreti e ha delle regole da rispettare”) e ha ribadito che può intervenire “solo in caso di evidenti incostituzionalità”. Napolitano aveva dichiarato la sua ritrosia in modo ancora più clamoroso il 3 ottobre 2009, in piena epoca berlusconiana, quando in Basilicata un cittadino gli chiese di non firmare il terzo scudo fiscale di Giulio Tremonti. Re Giorgio rispose stizzito: “Se non firmo oggi, il Parlamento rivota un’altra volta la stessa legge ed è scritto nella Costituzione che a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente”. Eppure lo stesso Napolitano, pochi mesi prima, era stato protagonista di un clamoroso scontro istituzionale con Berlusconi e i suoi: il 5 febbraio del 2009 si rifiutò di emanare il decreto legge approvato dal governo per impedire di interrompere l’alimentazione e l’idratazione di Eluana Englaro.
Sulla timidezza di Napolitano (in tutte le altre occasioni) pronunciò parole definitive il suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi: “Il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione – ribadì in un’intervista a Repubblica – Se una legge non va, non si firma. Non si deve usare come argomento (…) che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura (…), per lanciare un segnale forte a chi vuole alterare le regole, al parlamento e all’opinione pubblica”. Nei suoi sette anni al Quirinale, Ciampi mantenne fede a queste parole e rimandò indietro alcune leggi clamorose: la Gasparri sul sistema radiotelevisivo, quella del leghista Roberto Castelli sull’ordinamento giudiziario e la Pecorella che aboliva l’appellabilità delle assoluzioni. Furono in tutto 8 i testi rispediti da Ciampi alle Camere (compreso il decreto sulla “mucca pazza” per questioni meramente procedurali), in linea con chi l’aveva preceduto. Eppure è stato lo stesso Ciampi a influenzare – contraddicendo se stesso – il “non interventismo” di Napolitano e Mattarella, con un discorso tenuto all’università di Berlino nel 2003, dove gli fu fatta una domanda sul mancato rinvio del lodo Schifani: “Il Presidente della Repubblica – rispose – rinvia una legge al Parlamento solo in caso di manifesta non costituzionalità”. Chi è venuto dopo di lui, l’ha preso alla lettera.
Quando si tratta di appropriarsi dei microfoni che il loro alto scranno gli dà lo fanno con disinvoltura e poca parsimonia . Le parole pronunciate contro il presidente dello stato russo, il più esteso del pianeta, da Mattarella mettendo da parte ogni rispetto per il galateo diplomatico ,fanno pendant con le ogniminiose con quelle sputate dall’ orrendo turpiloquio di Napolitano contro i nascenti cinquestelle colpevoli di contrapporsi al sistema ultracorrotto dei partiti a lui tanto cari.
Oggi , con la stessa prosopopea, il nostro presidente (escusatio non petita accusatio manifesta) ci tiene a giustificarsi per le sue firme … Magari si rendesse conto di quanto danno ha fatto in altre sedi insieme ai trombati degli altri paesi europei !
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“Se non firmo oggi, il Parlamento rivota un’altra volta la stessa legge ed è scritto nella Costituzione che a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente”
Don Abbondio scansete.
E il bello è che questi personaggi hanno anche un articolo apposito che li protegge dai vaffa che si prenderebbero altrimenti dai cittadini.
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Il problema non sono loro, bensì le persone che difendono qualsivoglia nefandezza. La radice è il concetto che vado spesso a sottolineare, “dividi et impera”. Finché le persone indosseranno un “giogo ideologico”, nulla cambierà. Molti articoli della Costituzione non necessiterebbero di nessuna “interpretazione”, in quanto scritti in italiano comprensibilissimo, uno di questi è l’articolo 74. Infatti il “Brocardi” spiega: “Il potere di rinvio riconosciuto dalla disposizione in esame può essere esercitato solo per ragioni di legittimità ed opportunità costituzionale della legge, non per motivi di opportunità politica: il Capo dello Stato, infatti, ha funzione di garante super partes delle istituzioni, laddove la discrezionalità circa l’adozione o meno di una legge è prerogativa del Parlamento.
Tuttavia, è innegabile che il rinvio sia esercizio di un potere anche politico, attesi i possibili riflessi sulle istituzioni. Nella pratica esso è avvenuto, nella maggior parte dei casi, per mancata copertura finanziaria del provvedimento, in violazione dell’art. 81 Cost. Concretamente, il rinvio si accompagna ad un messaggio che indica le ragioni per cui si chiede il riesame. Esso, in applicazione dell’art. 89 Cost., è controfirmato dal ministro competente.
Il potere di rinvio può essere esercitato, per la medesima stesura (non modificata nè emendata) di un testo di legge, una sola volta. Tuttavia, se la legge si pone in contrasto con la Carta Fondamentale, ciò che può addirittura configurare attentato alla Costituzione da parte del Capo dello Stato (art. 90 Cost.), quest’ultimo può ancora rifiutarne la pubblicazione. In tal caso, però, la questione deve essere inquadrata nel conflitto di attribuzione tra poteri dello stato di cui all’art. 134 della Costituzione.“
Quindi, che sia OBBLIGATO a firmare è una fandonia: se si tratta di una legge in odore di anticostituzionalità avrebbe il DOVERE di rifiutarsi. D’altra parte in passato ci fu Cossiga che le rimandò ben 22 volte (7 Pertini, 8 Ciampi)! Diciamo che, con il discorso “interpretativo”, possono fare quello che gli pare, quindi hanno potuto dire no a Savona ministro (combinazione sempre Mattarella…!!) e fu chiaro che fosse scelta politica.
Questo nonostante uno dei maggiori costituzionalisti che abbiamo avuto in Italia, Mortati, che fu uno dei protagonisti della Costituente…, “interpretò” chiaramente la possibilità di rifiutare una nomina, ovvero “Il PdR non potrebbe rifiutare alcuna nomina, se non nel caso estremo di soggetto palesemente privo dei requisiti richiesti per ricoprire l’ufficio E’ quindi evidente che i ministri debbano avere la fiducia del Presidente del Consiglio, ed è da escludere che il capo dello Stato abbia il potere di rifiutarne la nomina”.
Insomma, anche la frase “la legge è uguale per tutti” andrebbe interpretata, sempre.
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