Assedio – Oltre 200 le vittime dell’esercito israeliano nella Striscia. Sequestrato un ospedale. Il presidente americano: “Questo deve finire”

(Di A. G. – ilfattoquotidiano.it) – Decine di morti, un ospedale sotto assedio, una continua esplosione di bombe e combattimenti senza sosta: il bilancio, solo ieri, è stato di oltre 200 morti civili. La Striscia di Gaza, soprattutto al nord “sta vivendo il momento più buio”, avverte una volta di più l’Onu evocando “crimini atroci” da parte delle Forze militari israeliane.

La situazione è diventata terribile, a Beit Lahia, dove l’Idf ieri ha paralizzato l’unico ospedale ancora funzionante di Kamala Adwan, alla caccia, dice, di miliziani, tenendo intrappolati e ostaggi centinaia di pazienti. Secondo i media palestinesi, sono scattati arresti di massa e i circa 200 pazienti sono stati costretti a spostarsi in cortile. Più tardi l’Oms ha reso noto di aver perso i contatti con il personale che opera nella struttura, l’unica ancora funzionante nella zona. Tre i morti denunciati dall’Idf tra le sue file in seguito ai combattimenti con il nemico. “La nostra missione non è ancora finita”, aveva avvertito Benyamin Netanyahu nel giorno dell’uccisione di Yahya Sinwar. A Jabalia, nel campo profughi considerato base dei miliziani, secondo Al Jazeera, l’Idf avrebbe compiuto un “massacro” radendo al suolo almeno 10 edifici residenziali e provocando 150 tra morti e feriti.

A Gaza City si sono contati 12 morti e diversi feriti nell’attacco con droni che avrebbe preso di mira un veicolo e un gruppo di persone in cerca di beni di prima necessità. Più a sud, a Khan Younis, i raid israeliani hanno colpito diverse strutture residenziali: almeno 38 vittime, tra cui 14 bambini. Anche un operatore di Msf ha perso la vita.

Per l’alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, quella del nord di Gaza è una crisi “inimmaginabile” che chiama in causa soprattutto Israele, responsabile di azioni “potenzialmente” vicine a “crimini contro l’umanità”. È l’ennesimo atto d’accusa al governo Netanyahu, che dall’inizio del conflitto a Gaza ha ingaggiato una durissima contesa diplomatica con il Palazzo di Vetro. “Ci sono un sacco di persone innocenti che vengono uccise.

Ci sono un sacco di persone innocenti che vengono uccise e questo deve finire”, ha detto ieri anche il presidente Usa Joe Biden, replicando a una manifestante pro-Palestina che a un evento in Arizona urlava “Gaza libera”. “Lasciatela manifestare”, ha detto il presidente, che ieri, secondo i dati del comando centrale statunitense, ha completato l’invio – via Germania – degli F-16 del 480° Fighter Squadron a supporto di Israele.

Di “crimini di guerra” commessi da Tel Aviv ha parlato anche il governo libanese, dopo la morte di tre reporter in un attacco aereo su Hasbaya al confine con la Siria. In quell’area i raid israeliani hanno reso inutilizzabile il principale valico di frontiera, hanno denunciato ancora le autorità di Beirut, aggiornando a 500 mila il numero delle persone fuggite dal Paese. E mentre ieri il capo del Mossad, David Barnea incontrava al Cairo la delegazione egiziana per i negoziati sul cessate il fuoco dopo aver visto anche “i leader di Hamas per esaminare la situazione nella Striscia e i mezzi per superare gli ostacoli alla tregua”, il quotidiano palestinese al Quds ha pubblicato tre documenti che sarebbero stati scritti a mano da Yahya Sinwar, prima di essere ucciso dall’Idf, in cui fornisce istruzioni ai rapitori degli ostaggi perché si “prendano cura della vita dei prigionieri nemici e di tenerli al sicuro, poiché rappresentano un’importante merce di scambio” per liberare i prigionieri palestinesi. Quanto alle milizie sciite del Partito di Dio, hanno continuato a lanciare razzi soprattutto sulla Galilea, ma stavolta hanno provocato due morti e venti feriti. E sono arrivate nuove notizie allarmanti dall’Unifil. La missione di peacekeeping ha denunciato che il 22 ottobre le Idf hanno aperto il fuoco contro una loro postazione vicino al villaggio di Dhayra. “Non ci risulta”, è stata la replica.

L’Argentina intanto ha emesso allerta rossa dell’Interpol per Hussein Ahmad Karaki, ora in Libano, “leader di Hezbollah in America Latina”. Karaki per Buenos Aires ha supervisionato la logistica dei due attentati del 1992 e del 1994. L’ultima foto risale alla carta d’identità rilasciata dal governo chavista nel 2004 con il nome di David Assi.