Leggi ammazza-scioperi – Piantedosi: “Nuovo reato per chi blocca le merci col suo corpo. Per fermare le proteste nella logistica”

(Di Leonardo Bison – ilfattoquotidiano.it) – Forse aveva in mente quei 100 giorni di picchetto che hanno costretto Mondo Convenienza ad applicare ai suoi dipendenti il contratto di settore; forse quelli che costrinsero, a Bologna, a rimuovere un responsabile che commetteva abusi sessuali sulle dipendenti; forse gli oltre 50 giorni dello sciopero in corso a Belfiore (Verona) per ottenere il rispetto delle norme di sicurezza e il reintegro di un collega licenziato per un picchetto. Sta di fatto che dei molti reati che il governo punta a introdurre col disegno di legge “Sicurezza” (ora all’esame del Senato) ce n’è uno sulle cui motivazioni il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rispondendo a un’interrogazione alla Camera, è stato particolarmente trasparente: è quello destinato a fermare l’azione dei sindacati di base nella logistica nell’interesse delle aziende del settore.
Questa la confessione di Piantedosi: “Dal 1° gennaio ad oggi nel settore della logistica si sono registrate complessivamente 240 manifestazioni, la maggior parte delle quali promosse da organizzazioni sindacali di base, in particolare dal sindacato SI Cobas. In occasione di 183 iniziative si sono registrati episodi di blocco delle merci”. Insomma, “le dinamiche sindacali del comparto continuano a essere egemonizzate dalle sigle sindacali più oltranziste”, le cui forme di lotta – blocchi merci e picchettaggi – “confliggono col legittimo interesse dell’impresa”. Danneggiare l’impresa per costringerla a trattare sarebbe l’ovvio scopo di uno sciopero, ma non in Italia, dove si introduce un apposito reato per cui da domani chi “impedisca anche solo col proprio corpo” il passaggio delle merci commetterà “un delitto e non più un illecito amministrativo”. La pena, se il fatto è commesso da più persone, va da 6 mesi a due anni. Appena il ddl sarà legge, “è certamente mia intenzione richiamare l’attenzione delle autorità di pubblica sicurezza affinché siano rafforzate tutte le attività di carattere preventivo” per scongiurare “episodi di compromissione dei diritti di imprese e lavoratori”.
Il SI Cobas, il sindacato che ha avuto il dubbio onore di essere citato dal ministro, ha risposto lunedì scorso con una conferenza stampa davanti alla prefettura di Milano: “Ci spiace per il signor Piantedosi e per il suo governo: i blocchi dei cancelli registreranno un ulteriore aumento”. In strada c’era anche Dushan Rendeni, un operaio srilankese: “Per noi sicurezza è diminuire gli infortuni sul lavoro, non permettere sfruttamento. Lo sciopero non è violazione, è per far vedere la nostra forza”. Per capire che la faccenda è un po’ più complicata dell’ingegneria penale del governo, basta parlare con B. M. Circa cinquant’anni, fa il magazziniere in Emilia da quindici, ha preso la cittadinanza italiana e quest’anno ha scioperato per la prima volta coi suoi colleghi: “Facciamo 500 bancali al giorno e avevamo il multiservizi (un contratto più povero di quello della logistica, ndr). Ci hanno fregato un sacco di volte coi cambi di cooperativa e i soldi di anzianità persi. Adesso, però, non è più obbligatorio fare 12 ore… Quando ti manca il rispetto, ti manca tutto e alla fine dici basta”.
Per capire come si è arrivati alle incredibili parole di Piantedosi bisogna fare parecchi passi indietro. Intorno al 2010 nei magazzini che sorgono come funghi seguendo l’onda del crescente settore della logistica (il fatturato in Italia è passato dai 71 miliardi del 2009 ai 112 del 2023) iniziano ad affacciarsi i sindacati di base: “Avevamo situazioni surreali, lavoratori pagati a giornata che aspettavano davanti ai magazzini… Ora è molto diverso, ma ancora dove non siamo arrivati si registrano situazioni di abusi e illegalità, lo vediamo ogni settimana nei nuovi magazzini che raggiungiamo”, spiega Carlo Pallavicini, sindacalista dei Si Cobas di Piacenza.
Come hanno dimostrato anche le inchieste della procura di Milano (dal 2016 in poi) il settore è una specie di Far West: appalti e subappalti fittizi, intermediazione illecita di manodopera, cooperative che aprono e chiudono lasciando i lavoratori – spesso stranieri – senza stipendio, elusione ed evasione fiscale. Il contratto del settore logistica solo dieci anni fa era una rarità assoluta. Gli scioperi iniziano presto e da subito il blocco delle merci diventa l’extrema ratio per portare le aziende a cedere: quei picchetti erano e sono spesso forzati da polizia e carabinieri con relativa pioggia di denunce (manifestazioni senza preavviso, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, etc.) e spreco di provvedimento amministrativi tipo avvisi orali, divieti di dimora, obblighi di residenza.
Siccome la conflittualità operaia non scemava, e anzi stava vincendo, nel 2018 il decreto Salvini introduce il reato di blocco stradale. I procedimenti, le richieste di danni milionari da parte delle imprese e le denunce si susseguono, in alcuni casi originando maxi-processi (Italpizza, Alcar Uno) con più di 80 lavoratori e sindacalisti imputati. Le denunce dal 2018 ad oggi sono almeno 500 nella sola Emilia (Modena, Piacenza, Bologna), altre centinaia in Lombardia. Le condanne, invece, restano poche: “Abbiamo decine di sentenze che spiegano che il picchettaggio, se non ostruzionistico, non è reato. Per questo introducono un nuovo reato che punisce specificatamente la condotta passiva, quella gandhiana per capirci”, dice Marina Prosperi, avvocata che difende i Si Cobas. Anche così, però, l’esito non sarà affatto scontato: per arrivare a una condanna serve l’intento criminale, un po’ difficile da ravvisare in qualcuno che si batte per un suo diritto costituzione attraverso modi previsti dalla Costituzione. Ma questo è tutto sommato secondario. Bastano il futuro mare di denunce e di processi a spaventare i lavoratori, soprattutto quelli stranieri, che rischiano il mancato rinnovo del permesso di soggiorno: “Questo avrà una deterrenza enorme”, dice Prosperi.
Non sono stati solo i SI Cobas a vedersi travolti dai nuovi reati “sindacali”, particolarmente efficaci di fronte a manifestazioni di rabbia improvvise, per loro natura non preavvisabili: il 15 maggio di quest’anno 5 sindacalisti della Cgil di Genova sono stati condannati in primo grado a pene tra 8 e 14 mesi per il blocco del centro città e l’occupazione dell’aeroporto seguita alla minaccia di chiusura dello stabilimento Ansaldo dell’ottobre 2022. “La sentenza colpisce perché i fatti si svolsero in un contesto di grande preoccupazione per il futuro di Ansaldo, superata grazie a quelle mobilitazioni”, notò allora la Cgil. Nel 2022 due dirigenti di Usb sono stati condannati a 4 mesi per le manifestazioni esplose dopo la morte di un loro sindacalista, investito da un tir durante un picchetto alla Gls di Piacenza.
Anche i processi ancora aperti non si contano, eppure picchetti e blocchi non sono certo diminuiti. “Se alzassero le pene per chi non paga gli stipendi, se l’ispettorato funzionasse, magari i picchetti non servirebbero”, dice Pallavicini, che in questi anni è stato messo ai domiciliari per due volte – mai convalidati dal Riesame – e ha perso il conto delle denunce e dei reati che gli sono stati contestati: “Creano un nuovo reato per noi, in un settore in cui mi sembra che praticamente chiunque delinqua…”.
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che cosa vi aspettavate?
Hanno messso un questurino al Ministero della polizia, per bastonare studenti e lavoratori da altri lavoratori sadici.
Un ministro NON politico per camuffarsi meglio, tanto lui non perde voti ed è in aspettativa dal suo lavoro, così non perde il posto. anzianità e stipendio.
Geniale, fare politiche repressive senza pagare dazio.
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“Si può eliminare facilmente una vera dittatura, ma è difficilissimo eliminare una finta democrazia.” E. Melis
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Qui emergono i loro veri valori, prescindendo dalla spiccata attitudine alla dittatura: danno maggior valore alla merce che all’ essere umano…che siano maledetti.
Quando ce ne liberiamo?
È soffocante e umiliante anche solo conoscerne le intenzioni.
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La guerra della destra italiota al sindacato va avanti da un secolo e rotti.
Il messaggio ai lavoratori è chiaro: testa bassa al lavoro e poi di corsa a casa, altrimenti….
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Forse perché gli stessi lavoratori sono merce, a basso costo, funzionali alla merce venduta ad alto costo, dove la differenza, profitto, finisce nelle tasche degli imprenditori che poi evadono senza che qualcuno impedisca con il proprio corpo il perpetuo ciclo di illegalità……l’ essere umano nella sua integrità, solidarietà, partecipazione ai diritti della collettività, non esiste più, altrimenti le merci non partirebbero semplicemente perché altri lavoratori in segno di protesta e sostegno ai colleghi, terrebbero i camion fermi, i portuali non caricherebbero le merci, i ferrovieri incrocerebbero le braccia proprio quando le merci devono partire……il divide et impera ha funzionato benissimo, prima installato come un veleno a livello culturale, poi applicato a quello sociale! L’ indifferenza è il parametro della riuscita del progetto…. Non a caso Gramsci scriveva “ Odio gli indifferenti “ ….
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In tv hanno detto che hanno “fermato” una persona (una sola, pensa) e che molti hanno protestato, prendendo le sue parti…
Ho come l’impressione che abbiano preso qualcuno che non c’entrava niente e “rispettato” gli altri, così utili…spero di sbagliarmi, ma ‘eventi passati’ mi inducono ad essere moooolto diffidente.
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Tanto va la gatto al lardo che ci lascia lo zampino.
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