Il governo è pronto a smontare la riforma introdotta da Draghi nel 2021 e che raggiunge oltre sei milioni di nuclei all’anno. Vale 20 miliardi. Il piano in manovra, affidato alla ministra Roccella. Le risorse saranno redistribuite

Sparisce l’assegno unico. Meloni taglia il bonus famiglia

(di Valentina Conte – repubblica.it) – ROMA — Il governo Meloni è pronto a smontare l’assegno unico per i figli. Per rimontarlo in una versione più aderente alla narrativa della famiglia propria dell’esecutivo di destra. L’operazione ufficialmente serve a risistemare una misura che per la premier non funziona bene, lascia avanzi di bilancio e ha causato una procedura di infrazione europea con l’Italia deferita a luglio alla Corte di giustizia Ue per l’esclusione dei lavoratori mobili stranieri.

L’idea è quella di tagliare l’assegno base da 57 euro a figlio che oggi va alle famiglie che non presentano l’Isee o ne hanno uno troppo alto, sopra i 45 mila euro. E spostare più risorse alle famiglie molto numerose, con disabili, con una storia di lavoro radicata in Italia. Dovrebbe cambiare, come successo già col Reddito di cittadinanza, anche il nome. Addio assegno unico.

Riforma Draghi

Introdotto dal governo Draghi nel 2021 e operativo da marzo 2022, l’assegno unico rappresenta l’unica e ultima grande riforma fatta in Italia per la famiglia. Votato all’unanimità da tutte le forze politiche, comprese quelle dell’attuale maggioranza a partire da Fratelli d’Italia, ha consentito di arrivare anche ai figli di quei nuclei prima esclusi da aiuti, come incapienti e autonomi.

Tra cancellazione di assegni famigliari, detrazioni e vecchi bonus per 14 miliardi e l’aggiunta di 6 miliardi freschi, l’assegno pesa nel bilancio dello Stato 20 miliardi strutturali. Si rivaluta all’inflazione: quest’anno vale il 5,4% in più dell’anno scorso, da un minimo di 57 a un massimo di 200 euro al mese per un minore, con maggiorazioni a figli non autosufficienti e disabili, mamme lavoratrici, figli oltre il secondo. Spetta anche per i figli tra 18 e 21 anni, seppur dimezzato nell’importo.

Spesa crescente

Nel 2022, primo anno, la spesa è stata di 13 miliardi. L’anno scorso è salita a 18 miliardi. Quest’anno probabilmente farà il pieno: 20 miliardi, visto che nel primo semestre l’Inps segna già quasi 10 miliardi. Le famiglie coinvolte sono 6,6 milioni per 10 milioni di figli. La platea potenziale, dice Istat, è di poco più ampia: 10,7 milioni di ragazzi tra 0 e 20 anni.

L’ultima Relazione semestrale sull’assegno unico di giugno, curata dal Dipartimento per le politiche della famiglia di Palazzo Chigi, guidato dalla ministra Eugenia Roccella, dice che la percentuale di beneficiari è cresciuta nel tempo: era l’84% nel 2022, poi l’89% nel 2023 e all’inizio di quest’anno siamo al 91%. Eppure il governo e la stessa Roccella ripetono spesso che ci sono «avanzi» e che «un milione di famiglie ha rinunciato agli aiuti».

Dossier aperto

Motivo per intervenire. Il dossier è nelle mani dei tecnici di Roccella. Per poi passare al vaglio del ministero dell’Economia. Si valuta un intervento di redistribuzione delle stesse risorse, senza stanziamenti extra, nel perimetro cioè dei 20 miliardi. Eventuali avanzi potrebbero essere valutati per finanziare il bonus alle madri autonome, la novità della manovra di quest’anno.

Il governo Meloni voleva smontarlo in realtà da subito, già nella prima manovra a fine 2022. Poi però parte dei “residui” dell’assegno fu usata per il decreto bollette e solo 600 milioni reimpiegati per aumentare l’importo dato ai bimbi nel primo anno di vita e agli under 3 dei nuclei con più di tre figli.

Nella seconda manovra, il governo Meloni si è “dimenticato” dell’assegno unico: nessun potenziamento, anzi 350 milioni tolti e messi nel decreto per chiudere la falla del Superbonus. Poi il nulla. Nel novembre 2023 l’Europa ha messo l’Italia in procedura di infrazione per il requisito dei 2 anni di residenza chiesto agli stranieri. Infrazione che un mese fa si è trasformata in deferimento alla corte di Giustizia Ue.

Nuovo Piano

Il contenzioso con l’Europa in realtà sembra risolvibile. Ma resta aperto e viene usato per giustificare la prossima mossa: riscrivere il Piano nazionale per le famiglie del 2022 (Draghi-Bonetti) e procedere a riformare l’assegno unico secondo desiderata sovranisti. Del resto, il Family Act – la legge delega del 2021 – è stato lasciato scadere senza attuarlo fino in fondo con le misure per la natalità e il welfare delle donne, adducendo come motivazione quella della mancanza di risorse. Tutte mosse funzionali a cancellare il passato. E piazzare un’altra bandierina.