
(Alessandro Di Battista) – Sono passati 6 anni dalla strage di Genova e nessuno ha pagato. Nessuno. Oggi i soliti politici ipocriti (compreso le alte cariche istituzionali) chiedono giustizia via social. Ma sono gli stessi che negli ultimi anni hanno approvato o firmato leggi che continueranno a sancire l’impunità per i potenti.
I colletti bianchi in Italia non vanno in carcere. I colletti bianchi hanno il deretano al sicuro protetto da ignobili leggi approvate nel nome del garantismo. I politici in galera non ci vanno praticamente mai, poi quanto raramente succede parte l’oscena litania del politico perseguitato. Andate a vedere le statistiche della percentuale in Italia di colletti bianchi in carcere rispetto a Francia e Germania e capirete perché nel nostro paese si continua a costruire in modo criminale o si evita di investire sull’unica grande opera necessaria: la manutenzione.
Immagino già i post di indignazione quando nel prossimo autunno la pioggia farà altri morti. O meglio la logica del profitto ad ogni costo più che la pioggia.
I cittadini si sentono sempre più distanti dalle Istituzioni perché le Istituzioni se ne fottono delle tragedie dei cittadini. Poi però la politica si lamenta dell’astensionismo. Ricordo perfettamente i funerali dei morti ammazzati di Genova. In quel momento i cittadini credevano nella giustizia e nello Stato. Sono stati traditi.
Oggi i politici hanno una sola cosa da fare e in fretta per onorare i morti ammazzati di Genova: approvare la “legge sulla vittime dell’incuria” promossa dal Comitato dei Parenti delle vittime del Ponte Morandi. Il resto sono post copia e incolla dall’anno prima.
Hahahaahahah…, Alessandro…, ti sembra credibile o possibile che il nostro parlamento possa mai mettere in cantiere una legge proposta dai cittadini? Ma quando mai! Quei cittadini che non hanno avuto giustizia sinora si mettano l’anima in pace, e si accontentino delle commemorazioni ufficiali, al pari di tutti gli altri che li hanno preceduti e di quelli che seguiranno.
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L’Italia delle ingiustizie, ci siamo abituati. Anzi assuefatti.
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