Il Sociologo – “Gli iscritti faranno parte del processo decisionale e scriveranno le proposte”

(Di Lorenzo Giarelli – ilfattoquotidiano.it) – La parte tecnica, perfino accademica, la spiega con la definizione di “democrazia deliberativa-partecipativa”. Urge una traduzione, seppur in estrema sintesi: “I cittadini, in questo caso gli attivisti di una forza politica, non partecipano attivamente solo alla decisione, ma anche al processo decisionale e alla stesura delle proposte”. Il professor Michele Sorice è tra i massimi esperti di Sociologia della Comunicazione e nei suoi studi si è a lungo occupato di modelli di partecipazione politica. Leggendo le prime notizie sull’assemblea costituente del M5S si è fatto l’idea che, coinvolgendo dall’inizio alla fine dei lavori gli iscritti, possa essere “un modo per riavvicinare le persone alla politica”.

Professor Sorice, andiamo con ordine. Perché questa volta dovrebbe cambiare qualcosa rispetto ai tentativi di democrazia diretta già sperimentati dal M5S?

Il processo che stanno cercando di attivare è molto diverso. Nei manuali lo chiamiamo, appunto, “deliberativo-partecipativo”: la democrazia diretta è polarizzante e di solito si esprime con una scelta semplificatoria, sì o no; in questo caso invece siamo un passo oltre perché ai processi deliberativi si unisce un processo di partecipazione attiva fin dalla creazione delle proposte. Lo scopo principale è raggiungere un punto di incontro nella discussione, non vedere chi vince tra una posizione e l’altra.

Un caso concreto?

Invece che dire semplicemente sì o no all’abolizione del vincolo dei due mandati, per esempio, i simpatizzanti possono anche declinare proposte sul modo in cui eventualmente superare la regola.

Oltre alle proposte degli iscritti, potranno arrivare idee dagli eletti. Condivide l’idea di una sorta di “quaderno degli attori”?

Direi di sì, è un modo per recuperare le istanze che sorgono da un’esperienza di democrazia parlamentare. La democrazia deliberativa partecipativa si può benissimo coniugare con il nostro sistema parlamentare e, anzi, i sistemi possono aiutarsi a vicenda.

Fin qui la fase di proposta. Conte poi ha parlato di 300 “delegati” estratti a sorte che comporranno 30 tavoli di discussione, sui vari temi. Il sorteggio non rischia di fare confusione?

Il sorteggio può essere attuato in vari modi e esistono tecniche per renderlo “temperato”, bilanciando per esempio i componenti in base al genere o alle fasce d’età. Come ogni sistema di selezione contiene dei rischi, certo, ma credo sia preferibile agli altri ed è particolarmente qualificante per il modello di democrazia deliberativa-partecipativa. Pensi a un modello in cui partecipano solo volontari: sarebbero probabilmente sovra-dimensionate alcune fasce sociali e di età che hanno più tempo a disposizione per dedicarsi a questi progetti, per esempio i pensionati. Oppure pensi a una scelta dall’alto, con persone selezionate dal leader. Avrebbe ancora più rischi. Ci sono studi di Sciences Po di Parigi e del King’s College di Londra, che già 15 anni fa elogiavano il sorteggio temperato.

Ma così non si rischia di avere argomenti tecnici, come il nucleare o i vaccini, discussi da persone senza adeguate competenze?

In questo caso ci sono modi per mitigare questo rischio, e mi pare sia la strada intrapresa dai 5Stelle. Il problema viene meno se ogni tavolo viene affiancato da un lato da alcuni esperti della materia, come professori universitari, e dall’altro da eletti o ex eletti, i quali possono fornire un aiuto alla discussione facendo riferimento alla loro esperienza in Parlamento o altrove. Faccio un esempio: se si parla di vaccini si potrà avere il contributo di un medico e di chi ha seguito quel dossier da eletto.

Non saranno gli eletti a monopolizzare il tavolo?

No, in questi casi si tratta di “facilitatori”, aiutano il dibattito da una posizione il più possibile terza. Negli Stati Uniti ci sono varie esperienze di questo tipo, naturalmente a livello locale.

I 5Stelle si affideranno a una società esterna, Avventura Urbana, per gestire questa fase. È opportuno?

È molto frequente l’utilizzo di società esterne, anche perché è richiesta una capacità di organizzazione non scontata. Anche in questo caso però parliamo di un ruolo tecnico, il compito della società è agevolare e animare la discussione senza orientarla.

Abbiamo parlato di un processo che mischia una parte fisica e una digitale. La raccolta firme online in questi giorni sta dando un impulso decisivo al referendum sull’autonomia, tanto che i 5Stelle hanno promosso anche un ddl di iniziativa popolare sul salario minimo. Segnali di una piccola inversione di rotta, in un Paese stufo della politica?

Non ho dubbi che il digitale possa aiutare. Non è vero che la gente non ha voglia di partecipare, a volte deve essere solo messa nelle condizioni di farlo. Se le tecnologie sono di semplice utilizzo e si tratta di temi molto sentiti, allora le persone non si tirano indietro.