Crescita, Ai e guerra: le tre streghe che stanno affossando Wall Street. Dopo 13 trimestri di rialzo il tonfo rischia di pesare sulle elezioni Usa

(Di Nicola Borzi – ilfattoquotidino.it) – Quella vecchia volpe di Warren Buffett aveva sentito nell’aria di Wall Street l’odore della paura. Così, nel giro di tre mesi, ha dimezzato la quota di azioni Apple in pancia alla sua Berkshire Hathaway. Mica briciole: nel complesso il “guru di Omaha” (come da decenni è soprannominato Buffett) ha venduto azioni del colosso di Cupertino per un valore netto di 75,5 miliardi di dollari, riducendo la partecipazioni a 84,2 miliardi. Insieme ad altre vendite di azioni, la mossa ha fatto volare la liquidità al record di 276,9 miliardi. Non a caso, all’assemblea annuale degli azionisti della sua holding a maggio, Buffett aveva detto che non aveva fretta di investire “a meno che non pensiamo di fare qualcosa che ha un rischio molto basso e può farci guadagnare un sacco di soldi”.
L’indice dei 500 principali titoli della Borsa di New York venerdì ha perso oltre l’1,8% e in 13 sedute è in calo del 5,66% dai massimi di metà luglio, dopo essere aumentato del 125% nei 51 mesi trascorsi dai minimi pandemici dell’aprile 2020. L’indice dei 100 principali titoli hi-tech del mercato Nasdaq è crollato del 3% nella sua quarta settimana di ribassi. L’“indicatore della paura” di Wall Street, l’indice Vix, venerdì è salito vertiginosamente verso il suo livello più alto dal 2022, vicino a quota 30. Il messaggio è chiaro: sul mercato azionario la ricreazione è finita. Almeno per un po’.
Il finanziere pare aver capito prima di altri cos’era quella puzza. Ma cosa c’è dietro le mosse di uno degli investitori più smaliziati del mondo? Un mix di fattori: la sensazione sempre più netta che l’economia statunitense stia viaggiando spedita verso la recessione, nell’inazione della Federal Reserve; la fine della pazienza degli investitori per le promesse delle “magnifiche sette”, le società che guidano il settore tecnologico chiamate a concretizzare le attese di fantasmagoriche innovazioni sui prodotti e i servizi sviluppati con l’intelligenza artificiale; la pressione delle tensioni geopolitiche globali che non accennano a raffreddarsi.
La prima delusione è arrivata con il mancato taglio dei tassi da parte della Federal Reserve nella sua riunione di mercoledì scorso, 31 luglio. Ma le statistiche di luglio sull’occupazione negli Usa hanno segnato uno dei risultati più deboli dal 2020, proprio mentre l’attività manifatturiera statunitense continua a contrarsi. Gli investitori temono che la Banca centrale degli Stati Uniti stia aspettando troppo a ridurre il costo del denaro, che l’economia possa finire in recessione e che a settembre un taglio dei tassi di mezzo punto potrebbe essere non più rinviabile.
Nel mentre, nell’ultimo mese le azioni di Apple, Microsoft, Alphabet (Google), Amazon, Nvidia, Tesla e Meta (Facebook), i sette colossi della tecnologia che da soli valgono un terzo circa dell’intero indice S&P delle 500 principali aziende quotate a Wall Street, hanno visto un crollo della capitalizzazione di 3.300 miliardi di dollari. Si è invertito dunque l’enorme flusso di denaro che da molti mesi stava affluendo sulle società hi-tech impegnate nella corsa a sfruttare le promesse dell’intelligenza artificiale, moltiplicandone le quotazioni ai livelli di una immensa e pericolosa bolla. Il senso di questa gigantesca ritirata è che gli investitori ora sono entrati nell’era della concretezza e vogliono vedere prodotti e servizi concreti da poter vendere sui mercati, mentre promesse e attese non bastano più a garantirli dagli enormi rischi.
Infine, le tensioni geopolitiche. Lo stallo del conflitto in Ucraina ma soprattutto l’escalation di omicidi mirati, attentati e attacchi aerei tra Israele, Gaza, Libano e Iran aumenta i timori di allargamento del conflitto mediorientale all’intera regione.
Una situazione temuta dal presidente Usa Joe Biden, perché i suoi riflessi sulla situazione mondiale potrebbero offuscarne l’eredità, specie sul fronte dell’economia Usa, condotta con successo in quattro anni difficili. Con il rischio di pesare in modo imprevedibile sulle elezioni presidenziali di novembre.
L’attendibilità delle previsioni degli ” esperti” economici è data, tra gli altri, da un titolo di 3 giorni fa del Corriere della sera/ sez. Economia “allarme: il prezzo del petrolio Brent supera gli 80 $ al barile”. Poi, oggi 5.8, leggi che il prezzo è calato a 75.38 $.
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Se l’economia americana regredisce dobbiamo aspettarci una nuova guerra, necessaria per alimentare le loro aziende fornitrici di democrazia.
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