A fronte dei costi spudorati, gli incassi della vigilia sono stati disattesi. Gli affari in calo. La città blindata. E dalle periferie monta la protesta «Per noi solo spiccioli: con gli stessi soldi spesi per la piscina si faceva una riforma della scuola»

(di Riccardo Romani – lespresso.it) – Zora Cheikh ci aveva creduto. Quando le dissero che avrebbero portato l’Olimpiade nel giardino di casa si fece prendere dall’euforia. “Avevo letto le cifre che il governo avrebbe investito nel quartiere, ho sperato che qualcosa finalmente cambiasse”.
Il quartiere di Zora è Saint-Ouen, nord-est di Parigi, appena sotto Saint-Denis, le banlieus problematiche, quelle zeppe d’immigrati che non parlano in francese, le aree dello spaccio, delle cellule del terrorismo. Però mica solo quello. Ci vive anche Zora, insegnante, madre di due figli, una che si alza alle 5 ogni mattina sapendo che arrivare a fine mese comporterà gli stessi sacrifici richiesti per vincere un oro olimpico.
A Saint-Ouen per prima cosa è arrivata la piscina. Costo 180 milioni di euro. Poi hanno costruito il Villaggio Olimpico, costo sconosciuto. Dopo i Giochi si trasformerà in 2.500 case nuove, un ostello per studenti, un hotel, un parco panoramico, giardini e uffici e servizi ai cittadini. Come fai a non crederci?
I Giochi di Parigi scollinano verso il gran finale fra sette giorni e la disciplina dei bilanci si prende la scena. È un po’ come risvegliarsi piano dopo una solenne sbronza, ricordarsi vagamente Lady Gaga che canta in francese, ma ti sembra un evento di un’altra era geologica. L’Olimpiade viaggia a ritmi vertiginosi, un po’ come gli amori estivi che si annunciano con giuramenti indissolubili ma sono spazzati via dalla prima burrasca d’agosto. E allora si calcolano i danni.
Secondo il Wall Street Journal l’85% dei francesi ritiene i Giochi un’ottima cosa per il Paese e la pioggia di medaglie transalpine un toccasana per la nazione. Non è chiaro però quanti parigini abbiamo partecipato al sondaggio, perché commercianti e ristoratori hanno visto un calo negli affari del 30% rispetto al 2023.
Ci sono poi le stime del colosso Airbnb. C’erano aspettative enormi, solo nell’ultimo anno gli appartamenti messi a disposizione dai parigini sono cresciuti del 38%. Ma pare che una casa che sei mesi costava 400 euro al giorno, il 20 luglio andava via a meno di un terzo.
L’unico tutto esaurito si è registrato nel campeggio dentro al Bois de Boulogne, 2000 posti per tende a caravan, 75 euro a notte. L’80% sono stranieri. Perché seguire un’Olimpiade è tutto fuorché economico e la maggioranza di turisti in città non entra certo ai magazzini Lafayette a fare shopping. Prendete i biglietti: una finale del nuoto costa anche 2000 euro. Tennistavolo? Non meno di 200.
Se Parigi è bellissima in questi giorni e tutto fila liscio, è anche perché è mezza vuota.
Quella del gigantismo è la malattia dei Giochi moderni costretti a creare una struttura organizzativa mostruosa. Trovare città disponibili e adeguate è un problema. Parigi ha speso 10 miliardi. Ufficialmente. E qua sapevano che avrebbero chiuso in rosso, a prescindere dalle promesse.
Gianni Merlo, presidente dell’associazione internazionale dei giornalisti sportivi, 26 olimpiadi sul suo rullino di marcia, offre un’interessante prospettiva: “È cambiato tutto quando la voce “sicurezza” è diventata preponderante su tutte le altre. Ci sono quarantamila militari in giro per la città, molti di paesi stranieri e sono al lavoro da almeno un anno. Il costo esorbitante non lo sapremo mai. I Giochi spaventerebbero chiunque”.
Si può fare l’abitudine alle centinaia di soldati armati fino ai denti che usano mitragliette per indicarti il percorso in metro, ma non puoi dire che sia normale. Se succede a casa tua, non è una bella sensazione. E allora te ne vai.
Ma questo è il mondo in cui viviamo, l’unico in cui i Giochi possono esistere.
Alle promesse degli organizzatori in tanti non hanno creduto. Alcune erano spudorate. Tipo la garanzia che sarebbero stati i Giochi più “verdi” di sempre. Bello, sicuro. Un marketing studiato con dovizia segnala centinaia di fontanelle per riempire le borracce di alluminio. Zero plastica così tutti si sentono “sostenibili” (e più poveri con la borraccia a 30 euro) Poi però lo sponsor ufficiale – quello della bevanda gassata – vende 10 milioni di bottigliette di plastica in giro per Parigi. Dicono che però il liquido con le bollicine sarà versato dentro a un bicchiere speciale riutilizzabile. Lo hanno chiamato eco cup, la tazza ecologica. Bello. Restano comunque da smaltire 10 milioni di bottigliette di plastica.
Zora Cheikh non ha aspettato l’inizio d’agosto per capire che con i Giochi più che un amore era un calesse. Quando ha capito che alla gente di Saint-Ouen sarebbero arrivati gli spiccioli è scesa in piazza, ha organizzato marce e proteste. “Abbiamo chiuso l’anno scolastico senza insegnanti. I ragazzi non hanno potuto studiare matematica e francese per quasi sei mesi. Con gli stessi soldi spesi per la piscina si faceva una riforma dell’educazione per le periferie”.
Ma la riforma della scuola non è roba che va in mondo visione.
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Se non fosse noto che quest’edizione dei giochi olimpici si sta svolgendo a Parigi, a leggere l’articolo, direi che siamo in Italia.
Ho avuto modo di visitare alcune città nel nord della Francia di recente, inoltre qui in Lussemburgo ci sono precchi frontalieri che ci lavorano; alcuni di loro sono di origine italiana ed ho avuto modo di sentire le loro opinioni.
La Francia, aasieme all’Italia ed ad altre 5 nazioni è sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo e andando in giro gli effetti si vedono; ad esempio la condizione del manto stradale, addirittura, in un tratto autostradale che da Nancy conduce verso Strasburgo, il limite massimo di velocità era di 70 Km/h per via delle condizioni pietose dell’asfalto; l’incuria del verde pubblico, le condizioni del parco automobili circolanti.
Forse faccio un’azzardo, ma in base a quanto ho visto e a quanto è di mia conoscenza, direi che la Francia di oggi ha una condizione economica simile a quella che aveva l’Italia all’inizio degli anni 90, dei tempi di mani pulite, della finanziaria targata Giuliano Amato.
Una crescita economica al limite della sopravvivenza, diritti dei lavoratori cui si attenta giorno per giorno; ancora resistono, ma non si sa per quanto; privatizzazione dei beni pubblici ecc ecc.
Sul piano legalitario, fortuna per loro, sono ben distanti “dall’eletto dal popolo” così come sul piano di contrasto all’evasione fiscale; li i concetti di “fisco amico” e di “pizzo di stato” non sono stati ancora pienamente assimilati.
Che dire ai francesi?
Benvenuti a bordo
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Ormai le olimpiadi sono un colpo di grazia alle economie di chi le ospita. Per fortuna non le hanno fatte a Roma (troveranno comunque un altro modo per mandarci in default, e comunque siamo già bravissimi da soli).
Inoltre vengono sempre più utilizzate dalla propaganda e sempre meno per lo sport. E la propaganda alla lunga stufa. Chi pagherebbe per guardare la pubblicità?
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essi
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I giochi olimpici di Davos
Date: 4 Agosto 2024Author: ilsimplicissimus 7 Comments
La cerimonia di apertura dei giochi olimpici con la sua adolescenziale e gratuita depravazione, oppure la corrività del Cio nel perseguire le politiche woke che favoriscono atleti maschi che si pensano come femmine, hanno messo in secondo piano altre evidenze che decretano la morte de facto del movimento olimpico. Esse sono nella realtà dei giochi dell’esclusione, non solo per il bando agli atleti russi e bielorussi, avvenuto su ordine di Washington in un completo ribaltamento dell’idea originaria di De Coubertin, ma anche per l’accoglienza a braccia spalancate dello stato di Israele impegnato in una guerra genocida. E non basta perché secondo l’Istituto sudafricano per gli studi sulla sicurezza (Iss), l’accesso degli africani alle Olimpiadi è stato ostacolato dalla discriminazione nel rilascio dei visti Schengen molto superiore rispetto agli atleti di altre aree.
Che dire poi dell’inclusione a tasso variabile che vieta alle atlete mussulmane di indossare un velo religioso (hijab) cosa che dovrebbe promuovere la laicità, secondo una legge francese che è di un’ ipocrisia senza pari? Sempre secondo l’Iss questa decisione scoraggia le donne e le ragazze musulmane dalla pratica sportiva il che costituisce, proprio dal punto di vista occidentale, una mancata possibilità di riscatto. E a seguire un sacco di idiozie come la dieta vegana imposta agli atleti, con la possibilità alternativa di mangiare carne artificiale, gli alloggi orribili riservati agli atleti, alcune gare in acqua che si svolgono nella fetida Senna, così che poi parecchi atleti devono vomitare una volta usciti dal fiume come la foto di apertura dimostra. Improvvisazione, ideologismo da quattro soldi, malgusto e disorganizzazione che tuttavia contrastano con la scrupolosa militarizzazione di Parigi, i cui abitanti sono costretti come topolini in gabbia a vivere fra le reti metalliche e dentro una vera e propria macchina da guerra che sembra davvero una prova generale su come possono essere soffocati moti popolari.
Insomma queste non sono le olimpiadi, da scrivere ormai assolutamente in minuscolo, di Parigi, ma quelle di Davos, dove saltano subito all’occhio tutte le contraddizioni, le sciocchezze prive di qualsiasi consistenza e di qualunque sincerità contenute negli slogan che ci sovrastano e che servono solo agli obiettivi del nuovo feudalesimo finanziario. Del resto non è un mistero che il Cio è in ottimi e intimi rapporti di collaborazione con il Wef: ciò a cui assistiamo è la nuova normalità olimpionica o quantomeno il tentativo di imporne il breviario attraverso una manifestazione che attrae grandi masse, anche se sinceramente mi chiedo il perché. Non può stupire se il silenzio delle chiese cristiane, ormai omogeneizzate al messaggio globalista, di fronte al dileggio dell’Ultima Cena, contrasti con l’indignazione del mondo mussulmano che vede in Gesù un profesta. Per decenni mucchi di confusi e venerate sprovvedute ci hanno voluto far credere che il nemico delle chiese cristiane fosse l’Islam quando invece, piuttosto palesemente, è Wall Street dove qualsiasi fede o valore in qualcosa che non sia il denaro, suscita fastidio e ostilità.
Né stupisce che l’informazione dica meraviglie di questa desolante kermesse e ne difenda il contesto: fa il suo doveroso compitino ed è probabilmente incapace di vedere oltre la siepe di idiozie che scrive. Del resto il livello culturale dell’informazione è ormai a livelli infimi, basti pensare tanto per ridere un po’, al fatto che Repubblica con tutta la sua puzza al naso che dovrebbe essere vigorosamente ricambiata. visto il fetore di decomposizione che emana da questa testata, ha scritto, come si vede dall’immagine a fianco, Opus Day, facendo una crasi tra latino e inglese, oltretutto su una organizzazione più che conosciuta. Poi il titolo è stato fortunosamente corretto da qualche intellettuale nella “cucina” di redazione. Ma sebbene gli errori nei giornali siano quasi fisiologici, qui si avverte che proprio mancano le basi minime per poter fare informazione, nemmeno se per caso lo si volesse.
Non è possibile che gli autori dell’Opus Day si possano accorgere della squallida farsa di queste olimpiadi il cui scopo è quello di arricchire gli sponsor principali e di trasmettere al mondo il messaggio del globalismo più deteriore e del suo braccio armato che si chiama Nato. Parigi non vale più nemmeno una messa, ma al massimo una messa in scena che dovrebbe offendere la cultura francese, se ancora esistesse.
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Bene fece Monti a ritirare la candidatura italiana seguito poi dalla Raggi, mi pare. L’unico ritorno con qualche possibilità che sia positivo è quello dell’immagina, ma, visti i precedenti faraonici (Cina) vanno spesi tanti denari che la spesa diventa incerta per dimensioni, ma sicuramente enorme.
Come le vacanze in luoghi di lusso se li può permettere con ragionevolezza chi è ricco, così le olimpiadi se le può permettere con ragionevolezza chi ha soldi da mettere a fondo perduto. Non certo stati iperindebitati. Se poi tornerà qualcosa, tanto meglio. Ma se non torna, chi ne ha non li ha dovuti togliere a cause più vicine ai propri cittadini.
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